3.  IL SEICENTO

L’arte del primo Seicento

Un secolo di contrasti

Il Seicento è il secolo del grande contrasto tra fede e scienza, tra impegno e divertimento e tra profondità degli studi e superficialità dei costumi sociali. Dal punto di vista filosofico è il secolo dei grandi pensatori in tutta Europa. Giordano Bruno, Francis Bacon, Tommaso Campanella, Cartesio, Pascal e Spinoza sono solo alcuni degli esponenti di un pensiero composito e articolato, strutturato su registri diversificati, che ha il proprio comune denominatore nel riconquistato ruolo della filosofia come strumento di interpretazione primaria del mondo.
La riscoperta del mondo sensibile e della natura come infinito spettacolo naturale e la rappresentazione dello spazio incommensurabile, reso nei cieli "sfondati" di volte e cupole, e la continuità fra spazio chiuso e aperto (interno ed esterno), rendono visibili le connessioni più eclatanti tra filosofia, scienza e arte.

Tra recupero dell'antichità e attenzione al vero

L'arte della prima metà del secolo può essere suddivisa in due parti. La prima fase del Seicento giunge al Giubileo del 1625: ingloba non solo la carriera di Caravaggio, ma anche i suoi immediati seguaci, e vede nascere in varie zone d’Italia una tendenza "caravaggesca" ad affermare valori di verità e coerenza. Questo periodo è stato definito dagli storici dell’arte come Neorinascimento: si scopre inoltre un modo fino a quel momento imprevisto di accostarsi al patrimonio del passato, reinserito, in maniera naturale, nelle nuove costruzioni che richiamano modelli antichi utilizzandoli in modo strumentale e con familiarità, senza miti e inopportune venerazioni. Una seconda fase, coincidente in parte con il papato di Urbano VIII (1623-1644), è quella dei grandi committenti e collezionisti, di un crescente entusiasmo per lo sviluppo della città moderna: è l’età del progressivo risveglio d’interesse per la classicità intesa non solo come "monumento" ma come gioia del vivere, ricchezza economica e morale dell'esistenza, prosperità e buona fortuna. Emergono in questi anni i grandi maestri della scuola bolognese che spostano l'asse del discorso sull'obiettivo della soddisfazione attraverso l'arte. Il punto di riferimento è Annibale Carracci, che insegna il disegno come base per rappresentare figure umane e paesaggio; tali composizioni devono rievocare l'antichità come avevano insegnato i maestri del Rinascimento: Tiziano, Raffaello, Correggio. 
In realtà, quelle di Caravaggio e dei Carracci sono due vie artistiche di attenzione al reale che la critica ha spesso rappresentato come opposte, ma che sono accomunate da una profonda e quasi "morale" fedeltà al vero, che deriva dal panorama culturale dell'epoca, in cui è vivissima la curiosità intellettuale e scientifica verso il dato di natura. Queste caratteristiche si inseriscono in un contesto in cui le esigenze dottrinarie della Chiesa post-tridentina intendono le immagini sacre non più come raffinati giochi virtuosistici, rivolti a una élite colta e raffinata, ma come uno strumento per ristabilire senza equivoci le verità dogmatiche, stimolando con ciò la devozione e la mozione degli affetti. Caravaggio e Annibale Carracci sicuramente si conoscevano di persona e lavorarono anche a stretto contatto quando a entrambi fu commissionata la decorazione della Cappella Cerasi nella Basilica di Santa Maria del Popolo a Roma: Caravaggio eseguì, tra rifiuti e polemiche, i due dipinti laterali (► p. 14) mentre Annibale, sull'altare maggiore, realizzò l'Assunzione della Vergine che – in virtù di un naturalismo trasfigurato e idealizzato in senso classico – ben esemplifica il suo stile, chiaro e armonico. 

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò