Trittico di San Giovenale
L’opera chiave dei suoi esordi e il punto di snodo fondamentale per la pittura del primo Rinascimento italiano è il
Trittico di San Giovenale (22), scoperto nel 1961 in una pieve vicino a San Giovanni Valdarno. Quest’opera, ignota alle fonti antiche, protetta e conservata nella sua sede d’origine, può essere considerata un vero e proprio manifesto in pittura di questa "arte nuova"; ha infatti prodotto un cambiamento radicale negli studi sulle origini della pittura rinascimentale, gettando luce sulla prima produzione dell’artista.
Nello scomparto centrale è raffigurata la Madonna col Bambino in trono che ha ai suoi piedi due angeli genuflessi visti di spalle. Nello scomparto laterale sinistro sono dipinti i santi Bartolomeo e Biagio, mentre nello scomparto laterale destro i santi Giovenale e Antonio abate. Sulla cornice di base, molto frammentaria, la scritta preziosa con la data del dipinto: [ANNO DO] MINI MCCCCXXII A DI VENTITRE D'AP[RILE], ANNO DEL SIGNORE 1422, A DÌ
23 APRILE.
Se l'iconografia, la composizione e la struttura della carpenteria lignea, nonché la stessa tecnica pittorica, appaiono quelle tradizionali gotiche, in voga da oltre un secolo, la
restituzione naturalistica delle masse corporee e, soprattutto, la visione
prospettica dello spazio sono di portata rivoluzionaria e non trovano confronti nella pittura precedente. Tutte le linee ortogonali al piano del dipinto, che nella realtà sono immaginate parallele, qui convergono verso un unico punto di fuga, che è insieme geometrico e simbolico perché situato nel volto della Vergine. In questo modo la prospettiva, da mero artificio visivo e lineare, diventa il modo con cui guidare lo sguardo dell'osservatore verso il centro spirituale della composizione. Tutti gli elementi si accordano a questa struttura compositiva: il trono occupa lo spazio in maniera convincente, riuscendo a trasmettere uno stupefacente senso della profondità, sia al suo interno, con lo schienale ricurvo, sia all'esterno, con i braccioli laterali, annullando del tutto il contrastante senso di appiattimento provocato dal fondo dorato, retaggio ancora della tradizione gotica.
Lo spazio è reso vero anche dall'ineguagliabile presenza fisica
dei corpi, che consente alla pittura di Masaccio di gareggiare con contemporanee sculture di Ghiberti e di Donatello. Dal gruppo divino centrale traspare un impressionante senso plastico: il Bambino che si porta la mano destra alla bocca, oppure la mano destra di Maria che funge da base d'appoggio per i piedini del piccolo Gesù sono gesti di vera e strabiliante umanità.