DOSSIER: Due Veneri veneziane

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DUE VENERI VENEZIANE

Eseguite a distanza di una trentina d’anni, le due tele raffiguranti Venere permettono di studiare l’evoluzione della pittura veneta e lo snodo cruciale costituito dal rapporto tra Giorgione e Tiziano.

Giorgione e Tiziano, Venere dormiente

All’aperto Venere, nuda, colta in un momento di riposo e abbandono, quasi ignara della propria bellezza e innocente nel suo sonno pacato, si distende su un prezioso cuscino rosso; sullo sfondo è la campagna veneta, con le Alpi in lontananza e un tipico paese dell’entroterra, illuminata dai toni caldi della luce serale e scalata progressivamente in una distanza realizzata sfumando toni di colore. Già nel terzo decennio del Cinquecento la Venere dormiente, forse realizzata per le nozze del nobiluomo Girolamo Mar
cello, è considerata il frutto di una collaborazione tra Giorgione e Tiziano; probabilmente il dipinto, iniziato da Giorgione negli ultimi anni di vita intorno al 1508, restò incompiuto per la morte del maestro e vi intervenne poi il giovane Tiziano che lo portò a compimento entro il 1512, con un passaggio di consegne tra i due maestri che è assai interessante per comprendere gli sviluppi della pittura veneta nel Cinquecento. Sembra inoltre che la sua azione sia molto estesa: si può infatti parlare di una completa operazione di ridipintura dell’opera, iniziata da Giorgione ma ormai del tutto tizianesca, soprattutto nel trattamento del drappeggio e del guanciale. A Giorgione però si può ricondurre con sicurezza l’elaborazione di un tipo di bellezza ideale, che rende quasi astratto e fuori dal tempo il nudo raffigurato.

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Tiziano, Venere di Urbino

La tela viene commissionata a Tiziano dal duca di Urbino, Guidobaldo II della Rovere, e giunge nella città marchigiana dopo diverse peripezie legate al pagamento avvenuto con notevole ritardo da parte del duca, che non esita a inviare a Venezia un suo incaricato per portare il dipinto a Urbino. Passata, come gran parte delle collezioni urbinati, nel patrimonio della famiglia Medici, trova collocazione prima nella fiorentina Villa di Poggio Imperiale e infine presso la Galleria degli Uffizi. L’opera è certamente debitrice della Venere dormiente, vertice della collaborazione tra Giorgione e Tiziano. La posizione della donna è infatti identica ma del tutto diverso è lo sguardo con cui si rivolge verso lo spettatore: mentre la prima è addormentata e sognante, la seconda è del tutto priva di pudicizia, con un atteggiamento sensuale e quasi sfrontato, più tipico di una vera donna che di una dea. Inoltre, differente è anche l’ambientazione: la scena della Venere dormiente è ambientata in uno sfondo agreste, un richiamo alla campagna veneta che tante volte compare nelle opere di Giorgione. Nel caso della Venere di Urbino, invece, ci troviamo in un interno: la scena sembra svolgersi in una lussuosa residenza cinquecentesca, come si desume dalla bifora che si intravede sullo sfondo, elegantemente scompartita da una colonna marmorea, e dai lussuosi arazzi alle pareti, decorati con dei disegni a candelabre. Il pavimento è reso mediante un’elaborata scacchiera. Venere è sdraiata all’interno di un’alcova mentre le due ancelle sullo sfondo, ritratte di spalle, sono intente a rovistare nei bauli, forse per cercare gli indumenti per la protagonista: i cassoni sono elegantemente decorati con un motivo che riprende quello dei girali, all’antica. Un cagnolino, simbolo di fedeltà, è accucciato e sta dormendo vicino a Venere. Come notato dal Vasari, e in modo simile alla Venere dormiente, con grande accuratezza sono resi il tessuto dei cuscini e quello dell’alcova, realizzati in rosso e in verde, colori complementari.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò