Le Allegorie
Nel 1459 11 filosofo Marsilio Ficino fonda l’Accademia platonica presso la villa medicea di Careggi: qui, secondo lo spirito di recupero della tradizione filosofica classica che va sotto il nome di neoplatonismo si traducevano con attenzione filologica le opere platoniche e si coltivava lo studio del grande filosofo greco attualizzandone il messaggio nella Firenze quattrocentesca. È in questo raffinato contesto culturale, che gravita intorno alla corte medicea, che Botticelli concepisce le sue opere più famose.Nel cercare le fonti iconografiche e simboliche di alcuni dei più celebri quadri del maestro fiorentino si ricorre spesso, non a caso, ai testi e al pensiero degli intellettuali neoplatonici fiorentini che, attingendo alle grandi fonti letterarie e filosofiche dell’antichità, tendevano a ricreare a Firenze una nuova età dell’oro, quasi il capoluogo toscano fosse una "novella Atene". Fra questi dipinti si annoverano la Primavera e la Nascita di Venere, due famose allegorie, ossia scene in cui ogni personaggio della mitologia antica è scelto per i suoi significati simbolici, in un insieme di grande suggestione. Di questi capolavori restano incerte ancora oggi sia la definizione iconografica e iconologica - relativa cioè al significato sotteso alle raffigurazioni - sia la datazione: si tratta di dipinti che dovevano "parlare" a una ristretta cerchia di committenti e osservatori e, con il passare dei secoli, si è probabilmente persa la chiave per interpretarli.
Essi appaiono ideati, per alcuni aspetti, in un modo assai distante dai princìpi fondamentali che avevano caratterizzato le idee della prima generazione del Quattrocento fiorentino. Rispetto a Masaccio e Donatello cambia non solo il pubblico di riferimento, più selezionato ed elitario, ma anche il modo di concepire la composizione: non più una sintesi rigorosa ed efficace di verità spaziale, definizione plastica e piena consapevolezza della propria condizione umana ma una sorta di favola elegante, senza profondità spaziale.