DOSSIER: Mantegna e Bellini, due interpretazioni dello stesso soggetto

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MANTEGNA E BELLINI: DUE INTERPRETAZIONI DELLO STESSO SOGGETTO

Per comprendere le somiglianze e le differenze tra i due maestri del Quattrocento Andrea Mantegna e Giovanni Bellini, legati da vincoli di amicizia e di parentela, è utile confrontare tra loro due dipinti del medesimo soggetto, l’Orazione nell’orto, entrambi conservati, dopo alterne vicende, alla National Gallery di Londra. L’episodio evangelico raffigurato è il momento della preghiera nell’orto del Getsemani che precede immediatamente l’arresto di Cristo: un momento carico di tensione spirituale e drammatica, in cui si prefigura tutta la Passione.

Orazione nell'orto di Andrea Mantegna

Nel dipinto di Andrea Mantegna Gesù sta pregando in ginocchio nell’arido paesaggio roccioso del Getsemani, mentre davanti a lui appaiono alcuni angeli che gli preannunciano il suo destino mostrandogli gli strumenti della Passione. In basso stanno i tre apostoli addormentati in un sonno profondo, ignari del dramma che sta per compiersi. Fondamentale è il carattere "storico" della raffigurazione: sullo sfondo è la veduta di Gerusalemme, immaginata come una città turrita medievale, che tuttavia include con colta citazione alcuni dei più famosi monumenti della Roma antica. La concentrazione drammatica della scena è altissima e tutto appare deciso in maniera ineluttabile: il gruppo dei soldati che stanno arrivando a catturare Cristo è ormai vicino e il paesaggio aspro e pietroso contribuisce ad aumentare la tensione del momento. Il presagio della tragedia è richiamato dall’albero inaridito in primo piano con l’avvoltoio sul ramo; sul fiume sta, come un ponte, un tronco, allusione all’albero di Adamo che servirà per costruire la croce di Gesù. Gli scorci arditi - il Cristo in preghiera visto di spalle e di sottinsù, i putti che sembrano sculture e recano i simboli della Passione - rinviano al piglio plastico e prospettico già sperimentato negli affreschi della Cappella Ovetari agli Eremitani (► p. 120). I contrasti cromatici, con Cristo vestito di scuro, isolato e chiuso nel suo dramma rispetto agli apostoli vestiti di colori sgargianti, contribuiscono a creare l'atmosfera cupa e crepuscolare. 

Orazione nell'orto di Giovanni Bellini

La tavola realizzata probabilmente nel 1465-1470, poco dopo quella dipinta dal cognato, è sensibilmente diversa, pur raffigurando lo stesso soggetto e gli stessi personaggi. Gesù è inginocchiato in preghiera su uno sperone rialzato che ricorda sì la roccia di Mantegna, ma è più dolce e morbido. Un solo angelo, quasi una nuvola evanescente, appare in cielo reggendo il calice eucaristico, prefigurazione della Passione. I tre apostoli giacciono addormentati: solo uno è visto con un ardito scorcio mantegnesco, mentre gli altri due riposano in pose meno complesse. 
Maggiori sono le dimensioni e differente il formato: in questo modo l’azione non è più tesa e concentrata, ma più ampia e dilatata. Diversa è anche la luce, che s’impone quasi come l’elemento principale della raffigurazione: non un cupo crepuscolo, ma una luminosa aurora, che riveste di colori tenui il morbido paesaggio. Un’altra fonte luminosa rischiara Cristo: non cupo e in ombra come nella scena di Mantegna, ma lumeggiato e quasi sereno nell’accettazione di quanto sta per accadere. Tutta la scena non è ambientata sullo sfondo simbolico delle irreali rocce scheggiate del Mantegna, ma in un paesaggio reale: non è difficile riconoscervi i colli Euganei, già interessati in maniera evidente dall’attività estrattiva nelle cave, come si vede nella montagna squarciata sulla sinistra. La luce e la visione della natura appaiono molto vicine a quelle fiamminghe, in particolare di Rogier van der Weyden. Del tutto assenti sono, soprattutto rispetto a Mantegna, la drammatica teatralità e persino l’enfasi narrativa. Tutto appare intimamente naturale, i sentimenti e le emozioni sembrano consumarsi soprattutto a livello interiore.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò