Polittico di San Luca
Negli stessi anni in cui lavora agli affreschi della Cappella Ovetari l’artista firma per la Chiesa di Santa Giustina a Padova un polittico che ha per soggetto centrale san Luca evangelista, sormontato dal Cristo in pietà fra i dolenti e otto santi, posti in due ordini sovrapposti (128).
A una prima occhiata l’opera appare come un tipico polittico su fondo oro di gusto tardogotico. La modernità della composizione risiede nell’unificazione spaziale prospettica delle diverse tavole, creata dal gradino di marmi policromi che forma la base sulla quale sono appoggiati i santi del registro inferiore e dalla vista dal basso dei personaggi del registro superiore. La cornice, perduta, doveva dare l’impressione che i santi si affacciassero da una balconata: ogni figura "abita" in maniera straordinaria lo spazio che occupa, a cominciare da san Luca, intento a scrivere su di uno scrittoio visto di sotto in su, da cui sporgono un libro e il calamaio. Il santo ha una dignità classica, quasi fosse un senatore romano, mentre la sua forte presenza fisica trova confronti pertinenti solo con i personaggi di Masaccio nella Cappella Brancacci a Firenze. Mantegna raffigura in pittura, con perfetto illusionismo, marmi preziosi di varia natura e colori, raffinate decorazioni scultoree, oggetti di uso quotidiano e frutti, secondo un lessico comune di tanta parte della pittura dell’Italia settentrionale, dai pittori ferraresi ai seguaci dello Squarcione. Tuttavia, mentre in questi artisti prevale il gusto per una decorazione esorbitante quasi fine a se stessa, in Mantegna questi dettagli sono trattati allo stesso livello degli aspetti fondamentali della raffigurazione, sono cioè parte integrante dell’historia, vale a dire della narrazione pittorica, come la chiamava nei suoi scritti teorici Leon Battista Alberti.
A una prima occhiata l’opera appare come un tipico polittico su fondo oro di gusto tardogotico. La modernità della composizione risiede nell’unificazione spaziale prospettica delle diverse tavole, creata dal gradino di marmi policromi che forma la base sulla quale sono appoggiati i santi del registro inferiore e dalla vista dal basso dei personaggi del registro superiore. La cornice, perduta, doveva dare l’impressione che i santi si affacciassero da una balconata: ogni figura "abita" in maniera straordinaria lo spazio che occupa, a cominciare da san Luca, intento a scrivere su di uno scrittoio visto di sotto in su, da cui sporgono un libro e il calamaio. Il santo ha una dignità classica, quasi fosse un senatore romano, mentre la sua forte presenza fisica trova confronti pertinenti solo con i personaggi di Masaccio nella Cappella Brancacci a Firenze. Mantegna raffigura in pittura, con perfetto illusionismo, marmi preziosi di varia natura e colori, raffinate decorazioni scultoree, oggetti di uso quotidiano e frutti, secondo un lessico comune di tanta parte della pittura dell’Italia settentrionale, dai pittori ferraresi ai seguaci dello Squarcione. Tuttavia, mentre in questi artisti prevale il gusto per una decorazione esorbitante quasi fine a se stessa, in Mantegna questi dettagli sono trattati allo stesso livello degli aspetti fondamentali della raffigurazione, sono cioè parte integrante dell’historia, vale a dire della narrazione pittorica, come la chiamava nei suoi scritti teorici Leon Battista Alberti.