La pittura senese

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La pittura senese

A Siena, come si è visto, un ruolo di transizione tra l’eleganza gotica e le novità rinascimentali è svolto, in scultura, da Jacopo della Quercia, ma nel campo della pittura l’arte senese nel corso del XV secolo appare come un mondo ancora isolato, in cui sono coltivate raffinate invenzioni cromatiche, rese con un timbro espressivo fiabesco. Anche se Firenze resta un modello imprescindibile, Siena è stata indicata da Federico Zeri come capitale toscana dello Pseudo-Rinascimento quattrocentesco, ossia di correnti alternative e talvolta dissonanti dall’arte che andava sviluppandosi nella vicina città toscana.
I pittori senesi, pur aggiornati sulle novità fiorentine, sviluppano un linguaggio originalissimo, producendo capolavori ancora ricchi di preziosismi gotici, come dimostra la pala con la Madonna della Neve eseguita da Stefano di Giovanni detto il Sassetta (Siena 1400 ca.-1450, ► pp. 106-107).

Domenico di Bartolo

II pittore senese più rinascimentale in senso fiorentino è certamente Domenico di Bartolo (Asciano, Siena 1400 ca.-1445 ca.). Tra il 1441 e il 1444 Domenico di Bartolo dipinge la maggior parte di un grandioso ciclo di affreschi per il cosiddetto "Pellegrinaio" dell’Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena, per magnificare le attività benefiche della prestigiosa istituzione, antichissimo complesso ospedaliero e di ospitalità per i pellegrini, oggi importante polo museale. Nella lunetta con la Distribuzione delle elemosine (109) di questo ciclo il pittore costruisce una composizione vasta e assai affollata, sullo sfondo di architetture complesse e plausibili. Le sue indubbie qualità di narratore e di raffinato colorista emergono dal vasto e variegato campionario di umanità schierato in primo piano, come su un palcoscenico.

Il Vecchietta

Alla decorazione del "Pellegrinaio" partecipa anche Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta (Siena 1410-1480), dipingendo la lunetta con la Visione del Beato Sorore (110), fondatore dell’Ospedale, che sorprende per la sicurezza del complesso impianto spaziale. Il Vecchietta, pittore e scultore, è la personalità di maggior spicco nella Siena del secondo Quattrocento nell’ambito del filone più attento ai temi formali del Rinascimento fiorentino. Formatosi sulle opere dei concittadini Sassetta e Jacopo della Quercia, l’artista fu tuttavia particolarmente attento alle opere fiorentine di Masaccio, Masolino (con il quale lavorò nella Collegiata di Castiglione Olona, presso Varese) e Donatello.

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Pala di Pienza

II gusto del Vecchietta, "ornatissimo" cioè attento alla decorazione, "prospettico e scultoreo", secondo i canoni enunciati dai teorici dell'epoca, è rappresentato in modo esemplare dall'imponente Pala di Pienza, racchiusa nella sua bellissima incorniciatura originale, raffigurante la Madonna col Bambino in trono fra i santi Biagio, Giovanni Battista, Nicola di Bari e Floriano (111); nella lunetta superiore è raffigurata l'Annunciazione, ambientata al Pinterno di una chiesa luminosa e dalle candide colonne "tirate" in prospettiva. Il dipinto si data nella prima metà degli anni Sessanta del Quattrocento, e va sottolineato che il fondo oro, che ancora a quell'epoca era consueto nelle pale d'altare senesi, qui è sostituito dall'alto recinto a specchiature marmoree policrome e da un lembo di cielo atmosferico, verosimile, terso e luminoso. Sono proprio gli aspetti di luminosità preziosa e avvolgente a indicare rapporti con la bottega fiorentina di Domenico Veneziano, che certamente il giovane Vecchietta avrà ammirato e studiato.

Giovanni di Paolo

Al versante più tradizionale, neo-trecentesco e conservatore, appartiene un folto gruppo di artisti senesi del XV secolo, in cui spiccano alcune personalità di alto livello caratterizzate da un linguaggio originale e incline a una narrazione dai toni fiabeschi, esaltata sovente dalle infinite sfumature dei colori pastello. Su tutti emerge Giovanni di Paolo (Siena 1398 ca.-1482). Nelle sue opere denuncia una grande attenzione al passato trecentesco della sua città, mista a un’atmosfera sognante, fiabesca, come nel dipinto con La creazione del mondo e la cacciata dei progenitori dal Paradiso  (112), che apparteneva in origine al polittico dipinto per la Chiesa di San Domenico a Siena. I personaggi dalle forme allungate e dai colori freddi e duri si dispongono in uno spazio irreale che assomiglia più a un arazzo trecentesco che a un dipinto del Quattrocento.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò