FOCUS: Il ritratto

   FOCUS 

Il ritratto

Tra modelli fiamminghi e richiami alla classicità


La riaffermazione del ritratto nel primo Rinascimento, un genere che aveva conosciuto fortuna nell'antichità, ma che quasi scompare nei primi secoli del Medioevo, è legato al nuovo clima culturale dell'Umanesimo: l'uomo, inteso nella sua intima dignità morale e culturale, torna al centro di ogni  interesse. Dopo gli alti esemplari forniti in questo campo specifico dalla civiltà gotica e tardogotica, per esempio da Pisanello, la precoce riaffermazione del ritratto s'inserisce nell'ambito della più generale rivoluzione della visione compiuta da Masaccio. All'artista spetta anche il Ritratto di giovane, fra i più antichi esemplari rinascimentali, se non il più antico, che si pone a confronto diretto con quelli fiamminghi di Robert Campin (1378/1379-Tournai 1444), come il Ritratto d'uomo. Da questo confronto, in particolare, emerge la differenza di fondo fra la ritrattistica delle Fiandre, che prediligeva la figura di tre quarti, e quella italiana, che propose per lungo tempo la veduta di profilo, ispirandosi alle raffigurazioni degli imperatori sulle monete dell'antica Roma, con un'allusione aulica e imperiale che soddisfaceva le ambizioni aristocratiche dei nuovi signori delle corti.
Tra i più antichi ritratti italiani di tre quarti, che dimostrano l'aggiornamento sui modelli fiamminghi, è il Ritratto di giovane uomo della National Gallery a Washington, ritenuto per lungo tempo opera di Andrea del Castagno, ma riferito in anni recenti agli esordi di Piero del Pollaiolo, cui spettano alcuni celeberrimi ritratti femminili di profilo, che si sono imposti nel tempo fra le immagini più emblematiche del Rinascimento italiano, per la loro eleganza raffinata e il loro profilo deciso.

Il busto

Anche nel campo della scultura si afferma il ritratto autonomo, finalmente svincolato dall'architettura, codificato dallo scultore fiorentino Mino da Fiesole (Papiano, Arezzo 1429-Firenze 1484) nel Ritratto di Piero de' Medici del 1453. Mino è vicino a Bernardo Rossellino e Desiderio da Settignano, che avevano già dato prova di abilità ritrattistica nei loro monumenti sepolcrali: l'effigie del figlio di Cosimo il Vecchio e padre di Lorenzo il Magnifico, opera di Mino, sembra imprigionata in una massa compatta che ne costituisce la solidissima base. Il volto, orientato verso destra, è definito minutamente nei suoi caratteri individuali: il naso appuntito, la bocca stretta e serrata, lo sguardo intenso, trasmettono il senso di un'orgogliosa, consapevole "ufficialità", che ricompare qui per la prima volta dall'epoca dei ritratti della Roma imperiale. Nuova, rispetto agli esempi dell'antichità, è invece la definizione particolareggiata delle vesti, caratterizzate da una raffinata decorazione damascata e impreziosita dall'anello con la punta di diamante, uno dei simboli della famiglia Medici. 

Il ritratto umanistico


Tuttavia, è soprattutto nel campo della pittura che il tema iconografico del ritratto conosce straordinaria fortuna nel corso del XV secolo, arricchito da una gamma pressoché infinita di accenti interpretativi e di varianti locali, che ne favorirono la diffusione in ogni angolo della Penisola. Fra gli esempi più famosi è il Doppio ritratto dei duchi di Urbino, Battista Sforza e Federico da Montefeltro, con i loro Trionfi dipinti nel retro, opera di Piero della Francesca, pervenuta a Firenze con l'eredità di Vittoria della Rovere nel 1631. Le due tavole sono oggi presentate una accanto all'altra, ma probabilmente in origine erano riunite in un dittico apribile di destinazione privata; la loro datazione non è certa, ma dovrebbe cadere negli anni dal 1465 al 1472. La nitidezza della visione, sia nei volti indagati con attenzione, sia nei luminosi  sfondi paesaggistici, è uno dei vertici del confronto dialettico fra arte italiana e arte fiamminga. I Trionfi sul retro rappresentano una delle interpretazioni più alte della cultura umanistica, incentrate sulla celebrazione delle virtù morali dei due personaggi. Si tratta di carri allegorici che derivano come immagine dai carri trionfali romani, riletti alla luce di una composizione umanistica, il poema dei Trionfi di Petrarca. Il duca è sul carro trionfale trainato da due cavalli bianchi, seduto sul trono in atteggiamento di comando, mentre una Vittoria alata lo incorona d'alloro. Il Trionfo della duchessa esalta le sue virtù coniugali e la sua fedeltà.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò