5. LA GRECIA ARCAICA >> Le origini dell'arte greca
Il tempio
Nel corso del VII secolo a.C. la progressiva sostituzione della
pietra ai materiali deperibili (legno, pietrisco e mattoni in argilla) nella costruzione degli edifici determina
un’evoluzione dell’architettura di prestigio, rappresentata dai santuari dedicati alle divinità greche.
Gradualmente, infatti, si ampliano gli ambienti prima costituiti da un unico piccolo vano, aumenta
il numero delle colonne (dalle due in facciata fino ai colonnati che circondano tutto l’edificio
sacro). Nei primi templi l’uso della pietra coesiste con materiali diversi, anche in uno stesso elemento: colonne con fusto in legno e base e capitello in pietra, elementi decorativi
in legno, pietra e terracotta con parti scolpite o dipinte (in genere con colori vivaci per dissimulare
la povertà dei materiali). A partire dal VI secolo a.C., invece, si afferma definitivamente l’uso esclusivo della pietra. Il risultato sarà la forma finale della più importante creazione dell’architettura greca: il tempio.
Il tempio viene eretto, quando la conformazione del terreno lo permette, nella parte alta della
pólis, l’acropoli. Esso non è solo l’edificio sacro sede del simulacro della divinità cui è dedicato, ma anche il luogo in cui la comunità cittadina si riconosce e si riunisce in occasione delle celebrazioni religiose. Il nucleo centrale del tempio, la
cella (naós), è considerato la dimora della divinità, rappresentata dalla sua statua, che qui viene conservata, generalmente in asse con l’ingresso, sempre orientato a est. Questo ambiente, a pianta rettangolare, si presenta come uno spazio buio, rischiarato parzialmente solo da lampade o bracieri e riservato ai sacerdoti addetti al culto. I riti aperti ai cittadini si svolgono invece all’esterno del tempio, su altari antistanti l’edificio, entro il cosiddetto
recinto sacro (témenos), che lo circonda. Essendo pensato principalmente per essere osservato dall’esterno, il tempio è la sintesi di uno studio accurato delle
proporzioni, del rapporto tra pieni e vuoti, dell’equilibrio tra elementi orizzontali e verticali e degli effetti ottici che ne risultano. Il ricorso a regole geometriche e a moduli matematici perfezionati col tempo documenta il livello di abilità raggiunto dai Greci nelle tecniche costruttive, ma anche la ricerca di princìpi come l’armonia e l’ordine, evidenti in molte altre produzioni artistiche e alla base della cultura greca antica.
Struttura e tipi di tempio
La struttura architettonica del tempio
(13) presenta delle costanti: la
pianta rettangolare; la
disposizione trilitica (basata cioè su due elementi verticali portanti, pilastri o colonne, sui quali scarica il peso un elemento orizzontale, l’architrave); la
decorazione scultorea e pittorica. Quest’ultima, che è quasi andata del tutto perduta, ricopriva originariamente molte parti dell’architettura, conferendo al tempio un’immagine ben diversa dal candore che vediamo oggi.
La copertura del tempio è data da un
tetto a spiovente con tegole e coppi in terracotta che terminano in gocciolatoi a protome animale, mentre le estremità dei coppi sono chiuse da elementi semicircolari detti
antefisse. Il tetto a spiovente crea in facciata la tipica terminazione a forma triangolare, il
frontone, che nel suo spazio interno (timpano) ospita la decorazione più monumentale dell’edificio ed è sormontato da un elemento ornamentale, inizialmente semicircolare e poi figurato, detto
acrotèrio (acroteri minori si trovano alle estremità dei due spioventi). Le
colonne poggiano su un basamento detto
stilòbate, ultimo elemento della gradinata (crepìdine), e sono composte da una
base, dal
fusto e dal
capitello, a sua volta costituito da due elementi: l’echìno, svasato verso l’alto, e l’àbaco, con funzioni di raccordo con l’architrave. La fascia orizzontale che separa le colonne dalla copertura è detta
trabeazione ed è composta da
architrave,
fregio e
cornice.
Per quanto riguarda la pianta del tempio
(14), la cella è preceduta da un portico, il
prònao, delimitato dalle ante, cioè dai prolungamenti dei due lati lunghi della cella, tra le quali vi sono due colonne di sostegno dette
in antis, cioè "tra le ante". È in riferimento a tale denominazione che viene definita
in antis la tipologia più semplice di tempio, costituita solo dalla cella, dal pronao e da due colonne frontali
(15).
Talvolta il prònao è replicato anche nella parte posteriore della costruzione: in questo caso assume il nome di
opistòdomo ed è scandito anch’esso da colonne, ma a differenza del prònao non comunica con la cella. Quando solo il prònao è preceduto da una fila di quattro o più colonne, il tempio è detto
pròstilo, mentre
anfipròstilo è quello che mostra uno sviluppo speculare nella parte posteriore. Nei templi più prestigiosi una fila di colonne, la
perìstasi, cinge tutto il perimetro della cella e il tempio è detto
perìptero; in casi più rari, la perìstasi è raddoppiata e il tempio è detto
dìptero.
Molto più raramente i templi hanno una pianta circolare, definita dal termine greco
thólos, con le colonne che scandiscono completamente il perimetro e la cella circolare che si conclude con una copertura conica.