DOSSIER: Apoxyómenos e Atleta di Lussino

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APOXYÓMENOS E ATLETA DI LUSSINO



L'Apoxyómenos di Lisippo

L'Apoxyómenos (atleta "che si deterge") è l'opera più celebre di Lisippo ed è quella in cui lo scultore concretizzò il proprio canone, introducendo forti innovazioni rispetto a quello di Policleto. Nell’opinione degli antichi, Lisippo si discostava dai suoi predecessori, che rappresentavano gli uomini secondo un modello ideale, mirando invece a riprodurre gli uomini "come appaiono". Il canone lisippeo, in altre parole, non ambisce a ricercare un tipo universale per il nudo atletico maschile, quanto a rappresentare l’essere umano nella sua individualità, colta in gesti contingenti e reali. Per fare ciò lo scultore modifica le proporzioni teorizzate da Policleto, realizzando figure più slanciate. Le proporzioni dell'Apoxyómenos lisippeo sono molto diverse da quelle del Doriforo di Policleto: le gambe, il torso e le braccia appaiono più lunghi, la testa, volta solo leggermente verso destra, è più piccola. Anche la simmetria del movimento viene rotta per sperimentare posizioni più naturali.
Nell'Apoxyómenos la figura appare solidamente costruita, secondo uno schema che in parte si ispira ancora a Policleto, ma è anche sbilanciata in avanti, come se andasse incontro a chi la guarda. Le braccia tese invadono lo spazio e interrompono – per la prima volta nella scultura antica – la piena visione del busto, il che dimostra che all’artista interessa il movimento più che la costruzione del corpo. Il braccio destro si stacca dal busto e si protende completamente in avanti, verso chi guarda; il sinistro, anch’esso sollevato, è leggermente piegato per raggiungere l’avambraccio destro con l’oggetto che impugnava: uno strigile, sorta di raschietto ricurvo in metallo che gli atleti usavano al termine di una gara o di un allenamento per detergersi il corpo dal sudore e dall’olio precedentemente spalmato.
Lisippo ha dunque scelto di rappresentare un momento apparentemente privo d’importanza, tratto dalla quotidianità della vita di palestra, allontanandosi dall’ideale eroico dell’atleta classico. Coerentemente i con quest’approccio, viene meno ogni idealizzazione nella rappresentazione della figura. I particolari del volto sono tesi a dare il massimo dell’espressione: concentrati in un triangolo, occhi, naso e bocca appaiono piccoli e ravvicinati. Le grosse ciocche di capelli sono un po' scomposte, la fronte è lievemente corrugata, con forti arcate sopraccigliari, a lasciare intravedere lo sforzo al quale l’atleta si è appena sottoposto.

L'Atleta di Lussino

La rappresentazione dell’atleta che si pulisce con lo strigile è conosciuta anche in un altro tipo statuario giunto fino a noi in almeno otto repliche di diverse dimensioni. L’elevato numero delle copie finora rinvenute fa supporre che il tema dell'Apoxyómenos fosse molto amato nell’antichità e apprezzato soprattutto nel mondo romano, cui erano destinate molte delle repliche. Tra queste vi è il cosiddetto Atleta di Lussino. Rinvenuto casualmente nel 1997 da un sommozzatore a 45 metri di profondità presso l’isola croata di Lussino, è stato recuperato solo nel 1999.
Dopo un restauro durato più di sei anni, è stato possibile ammirare la statua bronzea in tutta la sua bellezza, esaltata dai dettagli tecnici, come gli inserti in rame per labbra e capezzoli e l’incisione usata per rendere le ciocche di capelli intrisi di sudore che scendono sulla fronte. Sono invece andati perduti gli occhi, che dovevano essere in avorio e pasta vitrea. Lo scultore, pur intendendo rappresentare un atleta con lo strigile, si differenzia dall’Apoxyómenos lisippeo, impostandone diversamente il gesto: l’Atleta di Lussino non si deterge l’avambraccio sollevato ma, tenendo gli arti rivolti verso il basso, con una mano afferra lo strigile e, con l’altra, lo pulisce.

Dossier Arte - volume 1 
Dossier Arte - volume 1 
Dalla Preistoria al Gotico