Dossier Arte - volume 1 

    6.  LA GRECIA CLASSICA >> L'arte nell'Età Classica

Il Tempio di Zeus a Olimpia

Nel periodo Severo ebbe inizio la costruzione di quello che fu poi considerato il più classico dei templi 
 d'ordine dorico puro, il Tempio di Zeus a Olimpia. Il santuario panellenico di Olimpia, già da secoli sede dei Giochi che si tenevano ogni quattro anni, ospitava all’interno del témenos vari edifici di culto e altari, tra cui quello dove era venerato Zeus. La costruzione di un vero e proprio tempio dedicato alla divinità maggiore dell’Olimpo greco, però, fu decisa solo nel 471 a.C., dopo il saccheggio della vicina città di Pisa (nell’Elide), che fruttò un ricco bottino. Il tempio fu terminato in una quindicina di anni.
L’edificio aveva una grande cella preceduta da un pronao, con due colonne tra le ante, al quale corrispondeva sull’altro lato breve un opistodomo con uguale fronte. Intorno correva una peristasi con le canoniche sei colonne sulla fronte e il doppio più uno, cioè tredici colonne, sui lati lunghi (14). La copertura della cella era sostenuta da due file di colonne, disposte su due piani. La decorazione architettonica, secondo lo scrittore greco Pausania, fu realizzata da due artisti, Paionios e Alkamenes. Oggi, tuttavia, si riconosce un’unità di concezione e di esecuzione sia nei frontoni sia nelle metope: essi sarebbero opera di un unico artista, che pure si è avvalso di più collaboratori. Egli ha saputo conferire all’ideale estetico severo una grandiosa monumentalità, scegliendo soggetti mitologici in grado di soddisfare nello stesso tempo il patriottismo locale e i sentimenti panellenici dei Greci che visitavano il santuario.

Statua crisoelefantina di Zeus

L’imponenza della struttura esterna del tempio trovava riscontro nella grandiosa statua di Zeus, alta forse più di dodici metri, custodita all’interno della cella. Si trattava di una scultura crisoelefantina (da chrysós, "oro", ed eléphas, "avorio"), sulla cui intelaiatura lignea, cioè, era applicato l’oro per le vesti e l’avorio per il corpo. Dell’opera colossale, commissionata allo scultore Fidia e considerata dagli antichi una delle sette meraviglie del mondo, si hanno oggi solo descrizioni antiche: il dio, seduto in trono, con il mantello lasciato cadere sui fianchi e sulle ginocchia, teneva nella destra una Nike (dea alata della Vittoria) e stringeva con la sinistra il lungo scettro (15).

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Frontone orientale

Tra i soggetti mitologici scelti per la decorazione architettonica c’è la saga di Pelope (l’eroe da cui deriva il toponimo "Peloponneso" e cui una tradizione locale attribuisce l’istituzione dei Giochi olimpici) e di Enomao, re di Pisa. Il mito racconta che quest’ultimo, ossessionato da una profezia che ne decretava la morte per mano del genero, sfidava ogni pretendente della figlia Ippodamia in una corsa con il carro da Olimpia a Corinto: in caso di vittoria il pretendente avrebbe ottenuto in sposa Ippodamia, in caso di sconfitta sarebbe stato ucciso. La raffigurazione della sfida tra Pelope ed Enomao occupa il frontone principale del tempio, quello orientale (12-13). Zeus è rappresentato al centro della composizione, con ai lati i due protagonisti del mito e poi, specularmente, due donne (da una parte Sterope, madre di Ippodamia, dall’altra la figlia) seguite da servitori e ancelle, dai cavalli con i carri e, nella parte terminale del frontone, dalla personificazione dei due fiumi di Olimpia (Alfeo e Cladeo). L’allineamento frontale dei personaggi, colti nell’attimo tra preparazione e svolgimento della gara, conferisce solennità all’intera composizione.

Frontone occidentale

La forza del movimento e la violenza caratterizzano invece il frontone occidentale (16-17). Qui è raffigurato lo scontro tra i Centauri (esseri mitici per metà uomo e per metà cavallo) e i Lapiti. Invitati alle nozze di Piritoo, re dei Lapiti, i Centauri si ubriacano e tentano di rapire le donne dei Lapiti. Nel frontone viene rappresentata la violenta aggressione, con singoli gruppi composti ciascuno da un Centauro, una Lapitessa o un Lapita che interviene per liberarla. Al centro si trova la possente figura di Apollo , che con la testa voltata di lato e il braccio destro alzato garantisce la vittoria dei Lapiti sui Centauri e il ripristino dell’ordine. Il dio crea una connessione tra i gruppi alla sua destra e quelli alla sua sinistra, che a loro volta sono uniti l’uno all’altro tramite gesti o semplici sguardi.
Anche in questo caso, come in altre opere del periodo, è possibile vedere la trasposizione nel mito di un tema tipicamente panellenico: lo scontro tra Occidente e Oriente, tra Greci e Persiani, e il trionfo della civiltà (rappresentata dai Lapiti) sulla barbarie (i Centauri).

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Le metope del fregio

Un altro tema connesso all'istituzione dei Giochi olimpici è raffigurato sulle dodici metope del fregio. Ciascuna di esse è infatti dedicata a una delle fatiche di Eracle, che secondo il mito avrebbe istituito la gara di corsa coi carri presso la tomba di Pelope ospitata nel santuario di Zeus. Su quattro delle metope Eracle è accompagnato da Atena, che lo segue partecipe delle sue fatiche. In una di queste la dea attende Eracle seduta su una roccia mentre questi porta gli uccelli dal lago Stinfalo (18); in un'altra è rappresentata dietro di lui mentre lo aiuta, con un gesto naturale che non fa trasparire alcuno sforzo, a sostenere il peso della volta celeste che egli si è caricato sulle spalle al fine di ottenere da Atlante i pomi d'oro sottratti dal giardino delle Esperidi. L'eroe, con il capo chino sotto l'enorme peso, è rivolto proprio verso quest'ultimo, che gli tende i frutti d'oro (19).

   » il Punto su… 


LO STILE SEVERO

  • Tra la fine delle Guerre persiane (479 a.C.) e il 450 a.C. circa si afferma nella scultura lo stile Severo, caratterizzato da una resa più accurata dell'anatomia umana e da più naturali posizioni dei corpi.
  • L'uso del bronzo e la tecnica della fusione a cera persa consentono di creare sculture di grandi dimensioni, in posizioni complesse e inedite (per esempio con le braccia staccate dal corpo).
  • A causa del riutilizzo del materiale, si sono conservati pochi originali in bronzo; tra questi, l'Auriga di Delfi e i  Bronzi di Riace.
  • Tra le copie in marmo giunte a noi è particolarmente importante quella del gruppo dei Tirannicidi di Kritios e Nesiotes, che mostra un'evoluzione verso la resa de movimento.
  • Mirone segna il passaggio tra stile Severo ed Età Classica: nelle sue sculture (note attraverso copie) l'osservazione del reale è unita all'astrazione geometrica.
  • Il Tempio di Zeus a Olimpia è ritenuto il più classico dei templi di ordine dorico puro; le scene mitologiche dei frontoni e delle metope sono caratterizzate da composizioni solenni ed equilibrate.
  DOMANDE GUIDA

1. Per quale motivo la produzione artistica del V e di parte del IV secolo a.C. è definita "classica"?
2. Quali innovazioni permette l'uso del bronzo nella statuaria?
3. In che cosa si differenziano le sculture del periodo Severo da quelle del periodo arcaico?
4. A quali aspetti della figura umana è interessato Mirone?
5. In che cosa consiste la tecnica della scultura crisoelefantina?
6. Quali miti sono raffigurati nei frontoni del Tempio di Zeus a Olimpia e quale funzione svolge la figura di Apollo posta al centro del frontone occidentale?

Dossier Arte - volume 1 
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Dalla Preistoria al Gotico