L’accoglienza in Italia
L’opera di Guicciardini viene pubblicata postuma, e solo in parte, alla fine del Cinquecento, in piena epoca controriformistica. Data la sua natura spregiudicata e laica, non sorprende che essa subisca la sorte che nello stesso periodo tocca anche all’opera di Machiavelli, finendo nell’Indice dei libri proibiti (cioè di quelle pubblicazioni proibite dalla Chiesa cattolica).
Il prestigio in Europa
Ciò non impedisce che, soprattutto al di fuori dell’Italia, la sua fama diventi subito grande, come dimostra tra l’altro il giudizio del politico e intellettuale francese Michel de Montaigne che, alla fine del Cinquecento, dopo aver letto la Storia d’Italia stima Guicciardini come il miglior storico dei suoi tempi.
Dalla censura al riconoscimento di Leopardi
In Italia la censura ecclesiastica ha invece effetti assai duraturi, almeno fino all’inizio dell’Ottocento, quando Giacomo Leopardi rivaluta la prosa classica e la visione del mondo di Guicciardini, impregnata, come la sua, di un lucido, disincantato pessimismo: «Il Guicciardini», scrive nei Pensieri, «è forse il solo storico tra i moderni, che abbia e conosciuti molto gli uomini, e filosofato circa gli avvenimenti attenendosi alla cognizione della natura umana, e non piuttosto a una certa scienza politica, separata dalla scienza dell’uomo, e per lo più chimerica» (Pensieri, LI).
Il giudizio negativo di De Sanctis
È però nella seconda metà dell’Ottocento, in occasione di una nuova e più completa edizione dei Ricordi, che l’opera guicciardiniana conosce la notorietà. Ma si tratta di una notorietà, per così dire, negativa: abbiamo già avuto modo di riferire i giudizi di Francesco De Sanctis, il cui saggio L’uomo del Guicciardini (1869) delinea un’immagine gretta e opportunistica dello scrittore e dell’uomo politico, facendo di lui, in anni accesi dal patriottismo risorgimentale, il prototipo dell’italiano rassegnato e trasformista.
Il Novecento rivaluta l’opera di Guicciardini
Dobbiamo aspettare il Novecento per trovare un inquadramento diverso dell’opera guicciardiniana, emancipata da svalutazioni di tipo politico o ideologico. La sua rivalutazione comincia da una più ampia e attendibile ricostruzione filologica dei testi, che mette in luce le capacità critiche e analitiche del Guicciardini storico e il rifiuto di ogni astrazione e generalizzazione che è alla base della sua meditazione e della sua scrittura.