4 - Lo stile

Umanesimo e Rinascimento – L'opera: Ricordi

4 Lo stile

La tradizione a cui l’autore si ricollega è quella, tipicamente fiorentina, dei “ricordi domestici”, testi miscellanei (cioè composti da elementi molto diversi: dai resoconti patrimoniali a riflessioni generali sulla vita) con i quali i grandi mercanti fiorentini tramandavano alle generazioni future la narrazione delle proprie esperienze. Non si tratta certamente di una scelta stilistica solo esteriore: la forma del “ricordo” (oggi diremmo della massima o dell’aforisma) è infatti congeniale, nella sua secca frammentarietà, a esprimere una visione del mondo del tutto aliena da teorizzazioni schematiche.

Guicciardini sottopone i Ricordi a un continuo lavoro di limatura e revisione, come dimostrano le varianti e le correzioni apportate ai singoli testi. La struttura dell’aforisma è per sua natura veloce e sintetica, e infatti le frasi guicciardiniane si contraddistinguono per uno stile vivace e immediato, che non rinuncia a incursioni nella lingua popolaresca. Non mancano i latinismi, ma ciò rientra nella pratica abituale della scrittura burocratica, usata nelle cancellerie per dare ai documenti un carattere di dignità e solennità.

5 I testi

I ricordi che antologizziamo conservano il numero e l’ordine che hanno nella raccolta, ma vengono qui raggruppati secondo un criterio tematico.


Temi e motivi dei brani antologizzati
T1 Empirismo e senso pratico
Ricordi, 35; 81; 110; 117; 125; 187; 207
• il distacco fra teoria e pratica
• la negazione della Storia come fonte di insegnamento
• la necessità di considerare ogni aspetto della realtà
T2 I concetti chiave del pensiero di Guicciardini
Ricordi, 6; 30; 66; 118; 186; 218
• la comprensione dei fatti umani attraverso la valutazione caso per caso
• l’impossibilità di elaborare regole di condotta universali
• la ricerca dell’interesse personale quale scopo dell’uomo saggio
• il peso decisivo della fortuna nelle vicende umane
T3 La natura umana
Ricordi, 5; 15; 17; 24; 32; 41; 134; 145; 161
• la fragilità dell’uomo alla base delle contraddizioni del suo comportamento
• l’ambizione e la convenienza quali motori delle azioni umane

PER APPROFONDIRE

Quando il saggio sentenzia: la fortuna dell’aforisma

La parola aforisma viene dal greco aphorismós, che significa “definizione”. È una proposizione che riassume in modo chiaro il risultato di una precedente riflessione. In origine, l’aforisma concentrava ideali di saggezza riferiti soprattutto al campo medico: la prima raccolta di queste brevi massime fu attribuita al famoso medico greco Ippocrate di Cos (ca 460-377 a.C.), autore di una serie di precetti nati dalla sua diretta esperienza.
Un carattere etico, più in linea con i contenuti dell’aforisma moderno, hanno i Ricordi dell’imperatore romano Marco Aurelio (121-180).
La scrittura aforistica si diffonde negli ambiti più diversi soprattutto nel Seicento e nel Settecento.
Nel corso dell’Ottocento, l’aforisma diviene anche lo strumento per esprimere in modo immediato il carattere soggettivo di un’illuminazione improvvisa: per frammenti, pensieri o aforismi scrivono i romantici tedeschi Friedrich Schlegel (1772-1829) e Novalis (1772-1801), oltre a Giacomo Leopardi (1798-1837), che fa dei Pensieri e in parte anche dello Zibaldone l’officina in cui riversare riflessioni e meditazioni. Maestro dell’aforisma è soprattutto il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900), che si vanta di poter dire «in dieci proposizioni quel che ogni altro dice in un libro, quel che ogni altro non dice in un libro».
Infine, nel Novecento, il successo – anche commerciale – dell’aforisma diventa costante: maestri del genere, in Italia, sono stati Leo Longanesi (1905-1957) ed Ennio Flaiano (1910-1972).

I colori della letteratura - volume 1
I colori della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento