I colori della letteratura - volume 1

Umanesimo e Rinascimento – L'opera: Orlando furioso

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I contenuti tematici

Angelica fugge, pur senza sapere dove andare, attraversando uno scenario fiabesco fatto di boschi, pianure e luoghi selvaggi; luoghi dall’aspetto favoloso, selve folte di alberi giganteschi e cupe di ombre misteriose. La solitudine, i silenzi, i rumori improvvisi avvolgono la donna, che galoppa tremante, con l’ombra di Rinaldo che, alla fanciulla, sembra sbucare da ogni tronco. Finché giunge in un luogo accogliente e appartato dove può addormentarsi. Il sonno di Angelica rappresenta il compimento della prima parte della scena.

Ecco però giungere un altro cavaliere. Si tratta di Sacripante, già presente nell’Orlando innamorato, ma lì con un carattere più eroico; nel poema di Boiardo infatti era un amante fedele ma sfortunato della bella Angelica, la cui verginità aveva difeso nell’assedio di Albraccà. Qui viene rappresentato come un cavaliere triste e lamentoso, a causa dell’amore non corrisposto da parte della giovane. Angelica vede in lui una guida fidata che potrà ricondurla al paese paterno e perciò gli racconta ciò che le è successo dal giorno in cui egli si era allontanato da lei. Saputo che Orlando non ha offeso, ma anzi ha custodito l’onore della ragazza, Sacripante decide di riconquistarla al proprio amore, cogliendo quel “fiore” che il cavaliere d’Anglante era stato così sciocco da lasciarsi sfuggire.

Nel brano vediamo in azione Angelica, della quale il poeta sottolinea alcuni elementi psicologici e caratteriali. La sua fuga è quasi la conseguenza di un radicato atteggiamento interiore, chiaramente espresso negli ultimi due versi dell’ottava 49, dove la donna viene definita come colei c’ha tutto il mondo a sdegno, / e non le par ch’alcun sia di lei degno (vv. 135-136). In altre parole, la caratteristica principale di Angelica sembra essere il suo disprezzo per tutti coloro che la corteggiano, in quanto convinta che nessuno possa essere degno di lei, adeguato al suo livello.
Un altro suo tratto che emerge è la scaltra freddezza. Qui la donna asseconda Sacripante solo a parole, mentre in realtà ha intenzione di servirsene per difendersi dagli altri pretendenti che la inseguono. Angelica si comporta sempre nello stesso modo: con un occhio lusinga i suoi spasimanti, con l’altro rimane vigile e in guardia. La sostanza dell’Angelica ariostesca è dunque fatta di astuzia e di calcolo. Dopo aver colto il suo timore nella scena della fuga e la sua serenità in quella del riposo, ora il lettore si trova a vedere il personaggio mentre gioca la carta della civetteria: è una donna dotata di una certa dose di cinismo, che la spinge a fare di necessità virtù. Così, nell’ottava 51, essa ordisce e trama (v. 150) finzioni e inganni (cfr. il v. 149), servendosi di Sacripante per il proprio bisogno (v. 151). Con un’entrata in scena decisamente teatrale, Angelica esce dal cespuglio in cui aveva trovato riposo come se fosse una dea della mitologia classica (Diana o Venere, v. 156) che si presenti al pubblico di una di quelle rappresentazioni molto in voga nelle corti del tempo. È come se Ariosto volesse sottolineare in tal modo la grande abilità attoriale del suo personaggio.

Le scelte stilistiche

Nelle prime ottave del brano, nonostante le difficoltà della fuga e l’orrore delle selve spaventose e oscure, la descrizione appare serena e luminosa. Il poeta è infatti capace di sollevarsi al di sopra delle specifiche vicende dei personaggi e dei loro stessi occasionali stati d’animo.

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All’ottava 35, il paesaggio inabitato e selvaggio viene sostituito da un ambiente luminoso e sereno, uno scenario naturale dolce e confortante, fatto tradizionalmente di una vegetazione verde e fiorita, un venticello gradevole, acqua che scorre fresca. In realtà non c’è frattura né improvviso stacco tra le due situazioni: c’è invece la notevole capacità di Ariosto di dissolvere una visione in un’altra, un ritmo narrativo in un altro.

La sostanziale continuità tra un episodio e l’altro del poema non è contraddetta dai frequenti colpi di scena che interrompono e variano il libero fluire della narrazione; al contrario, potremmo dire che per il loro tramite l’autore persegue l’obiettivo di ottenere un racconto ininterrotto e al tempo stesso diversificato, in modo da evitare qualsiasi senso di monotonia o di prevedibilità. In questo brano un primo esempio di colpo di scena è, all’ottava 38, l’arrivo di Sacripante; un secondo è, all’ottava 59, il rumore che annuncia l’arrivo di un altro cavaliere, che – proseguendo nella lettura del primo canto (nelle ottave che seguono immediatamente quelle qui riportate) – si scoprirà essere Bradamante (la quale si batterà in duello con Sacripante).

Già nel primo canto del poema è ravvisabile la tipica tonalità ironica, che Ariosto esercita inizialmente su Sacripante: egli si lamenta così soavemente (v. 60) da spezzare un sasso e da ammansire una tigre feroce; con due iperboli* le sue guance segnate dalle lacrime vengono paragonate a un ruscello e i singhiozzi che lo scuotono a un vulcano in eruzione. L’esagerazione delle pene d’amore è bilanciata dallo scetticismo del poeta, che tende, in tutto il poema, a riportare le passioni umane a una dimensione di maggiore realismo. In altre parole, attraverso l’esasperazione delle smanie amorose dei suoi personaggi Ariosto afferma indirettamente la necessità di vivere i sentimenti all’insegna di un più sano equilibrio. Inoltre assistiamo al rovesciamento dei valori tipicamente cavallereschi: qui l’intento del guerriero non è di proteggere l’onore di una fanciulla illibata dagli assalti di uomini disonesti, ma – al contrario – di “cogliere il fiore” della sua giovinezza, approfittando di una situazione di debolezza.
Anche Angelica non sfugge all’ironia ariostesca. Per esempio l’autore non manca di avanzare qualche dubbio sulla sua verginità, che lei afferma con convinzione di fronte a Sacripante (Forse era ver, ma non però credibile / a chi del senso suo fosse signore, vv. 185- 186), e lo stilnovistico angelico sembiante (v. 167) è solo la superficie di una donna pratica e opportunista.
Va detto però che l’ironia di Ariosto non si esercita su Angelica altrettanto direttamente che sui personaggi maschili. Sembra infatti che l’eroina sia oggetto, da parte dell’autore, di una certa simpatia. Il comportamento di Angelica non viene davvero condannato; semmai la giovane viene ammirata per la capacità che ha di piegare gli eventi, per quanto inattesi, al proprio vantaggio. Lo si vede chiaramente, nel seguito dell’episodio, dal fatto che, tra l’astuta Angelica e l’intraprendente Sacripante, oggetto degli strali ironici dell’autore è, di fatto, soprattutto il povero e credulone re di Circassia, che dà facile credenza a quel che vuole (v. 192).

L’ironia ariostesca si esprime anche attraverso la ripresa di celebri modalità retoriche della poesia precedente, in particolare della lirica amorosa di Petrarca. Per esempio l’antitesi* m’agghiacci et ardi (v. 65) rimanda a «et ardo, e son un ghiaccio» (Canzoniere, 134, 2) o anche a «di state un ghiaccio, un foco quando iverna» (Canzoniere, 150, 6).
La similitudine* della rosa alle ottave 42-43 presenta invece un esplicito richiamo a una fonte classica, il carme LXII del poeta latino Catullo (ca 87-54 a.C.). Va sottolineato però come, rispetto al modello catulliano, nei versi di Ariosto sia molto più chiara la consapevolezza di quanto la bellezza sia un valore fortemente insidiato dalla violenza della passione amorosa e dai capricci della fortuna.
Comunque, attraverso il fitto gioco di rimandi intertestuali come quelli evidenziati, il poeta da un lato esprime un omaggio alla tradizione letteraria e a un poeta rinomato come l’autore del Canzoniere, dall’altro, attraverso il richiamo a un testo assai noto di Catullo, mostra quanto di stereotipato e di facilmente prevedibile c’è nell’innamoramento appassionato di Sacripante.

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      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Riassumi le azioni di Angelica.


2 Che cosa si chiede Sacripante nell’ottava 44?


3 A che cosa viene paragonata, nell’ottava 53, la gioia di Sacripante all’apparire di Angelica?


4 Perché Angelica ritiene che Sacripante possa esserle utile?


5 Qual è l’intenzione di Sacripante? Che cosa gli impedisce di portarla a compimento?

ANALIZZARE

6 Quale figura retorica si trova all’ottava 34?


7 Il paesaggio viene descritto in maniera realistica o fantastica? Argomenta la tua risposta facendo riferimento al testo.


8 Quale registro linguistico prevale nelle ottave antologizzate? Alto, medio o basso? Motiva la tua risposta con una serie di esempi pertinenti.


9 Su quale figura retorica è costruita l’ottava 42?

  •   A   Iperbole.
  •     Sineddoche.
  •     Similitudine.
  •     Metonimia.

INTERPRETARE

10 Qual è inizialmente lo stato d’animo di Angelica? Come muta nel corso del brano? In quale relazione si pone con il paesaggio circostante?

PRODURRE

La tua esperienza

11 «L’ironia è l’occhio sicuro che sa cogliere lo storto, l’assurdo, il vano dell’esistenza». Commenta questa frase del filosofo danese Søren Kierkegaard (1813-1855) in un testo argomentativo di circa 20 righe, anche alla luce della tua esperienza personale.


I colori della letteratura - volume 1
I colori della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento