I colori della letteratura - volume 1

Il Trecento – L'opera: Canzoniere

 T10 

Chiare, fresche et dolci acque

Canzoniere, 126


È senz’altro la canzone più famosa tra le ventinove presenti nel Canzoniere. Il poeta desidera essere sepolto, alla sua morte, a Valchiusa, luogo di particolare importanza per lui, perché è quello dove Laura gli era apparsa in tutta la sua bellezza. La lirica celebra il giorno in cui lei, seduta sotto un albero fiorito, sulle rive del fiume Sorga, era sembrata a Petrarca quasi una dea, bellissima nel paesaggio naturale circostante. La datazione del testo è incerta (pare sia stato scritto, o rielaborato, nel 1345).


METRO Canzone di 5 strofe di 13 versi ciascuna con schema di rime abCabC (fronte) e cdeeDfF (sirma); congedo XyY.

       Chiare, fresche et dolci acque,
       ove le belle membra
       pose colei che sola a me par donna;
       gentil ramo ove piacque
5    (con sospir’ mi rimembra)
       a lei di fare al bel fiancho colonna;
       herba et fior’ che la gonna
       leggiadra ricoverse
       co l’angelico seno;
10  aere sacro, sereno,
       ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
       date udienzia insieme
       a le dolenti mie parole extreme.

       S’egli è pur mio destino,
15  e ’l cielo in ciò s’adopra,
       ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,
       qualche gratia il meschino
       corpo fra voi ricopra,
       e torni l’alma al proprio albergo ignuda.
20  La morte fia men cruda
       se questa spene porto
       a quel dubbioso passo;
       ché lo spirito lasso
       non poria mai in più riposato porto
25  né in più tranquilla fossa
       fuggir la carne travagliata et l’ossa.

 >> pag. 353 

       Tempo verrà anchor forse
       ch’a l’usato soggiorno
       torni la fera bella et mansueta,
30  et là ’v’ella mi scorse
       nel benedetto giorno
       volga la vista disiosa et lieta,
       cercandomi: et, o pieta!,
       già terra infra le pietre
35  vedendo, Amor l’inspiri
       in guisa che sospiri
       sì dolcemente che mercé m’impetre,
       et faccia forza al cielo,
       asciugandosi gli occhi col bel velo.

40  Da’ be’ rami scendea
       (dolce ne la memoria)
       una pioggia di fior’ sovra ’l suo grembo;
       et ella si sedea
       humile in tanta gloria,
45  coverta già de l’amoroso nembo.
       Qual fior cadea sul lembo,
       qual su le treccie bionde,
       ch’oro forbito et perle
       eran quel dì, a vederle;
50  qual si posava in terra, et qual su l’onde;
       qual, con un vago errore
       girando, parea dir: Qui regna Amore.

       Quante volte diss’io
       allor pien di spavento:
55 Costei per fermo nacque in paradiso.
       Così carco d’oblio
       il divin portamento
       e ’l volto e le parole e ’l dolce riso
       m’aveano, et sì diviso
60 da l’imagine vera,
       ch’i’ dicea sospirando:
       Qui come venn’io, o quando?
       credendo esser in ciel, non là dov’era.
       Da indi in qua mi piace
65 questa herba sì, ch’altrove non ò pace.

 >> pag. 354 

Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,
poresti arditamente
uscir del boscho et gir in fra la gente.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Petrarca vorrebbe essere sepolto in un luogo reso quasi sacro dal contatto con Laura, che lì gli era apparsa alcuni anni prima. Il poeta confessa questo suo desiderio all’acqua, ai fiori e alle piante di quel posto così fortunato. A questi elementi naturali egli rivolge il proprio addio accorato, nel presagio di una morte imminente. Così nello splendore della natura il poeta esalta la sua tristezza, legando strettamente il motivo dell’amore a quello della morte. Ma il punto di partenza (rievocato in flash back* nelle strofe 1, 4 e 5) è una visione paradisiaca di Laura immersa nel paesaggio come in un tripudio di tutti gli elementi della natura protesi a renderle omaggio.

Ritroviamo nella canzone cinque motivi stilnovistici.
L’amore attraverso lo sguardo della donna. Il primo motivo è l’amore che viene concepito attraverso lo sguardo della donna (ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse, v. 11).
L’umiltà della donna. Laura è humile in tanta gloria (v. 44): torna il motivo, già presente in Dante, dell’umiltà, che era anche qualità di Beatrice, «benignamente d’umiltà vestuta» (Tanto gentile e tanto onesta pare, v. 6, ► T11, p. 243).
Lo spavento. Il terzo motivo è lo spavento (v. 54) del poeta di fronte alla bellezza della donna, tema caro in particolare a Cavalcanti.
La giustificazione dell’amore di fronte a Dio. L’affermazione del poeta: Costei per fermo nacque in paradiso (v. 55) ricorda la giustificazione di fronte a Dio da parte del poeta innamorato della canzone di Guido Guinizzelli Al cor gentil rempaira sempre amore (► T1, p. 135): «Tenne d’angel sembianza / che fosse del Tuo regno: / non me fu fallo, s’in lei posi amanza» (vv. 58-60). E Dante a proposito di Beatrice: «Diceano molti, poi che passata era: “Questa non è femmina, anzi è uno de li bellissimi angeli del cielo”» (Vita nuova, XXVI).
La sacralizzazione del paesaggio. L’ultimo motivo è l’idea di una sacralizzazione dell’ambiente circostante (aere sacro, v. 10) determinata dalla presenza della donna, come la pioggia di fior’ (vv. 40-42), che rimanda a una sorta di consacrazione divina di Laura (la pioggia di fiori è un onore che si riserva, nelle processioni cristiane, alla Vergine). Ricordiamo anche la «nuvola di fiori» che avvolge Beatrice nel canto XXX del Purgatorio (vv. 28-39).

Petrarca rielabora abilmente la tradizione lirica precedente, però la rinnova con una nuova sensibilità: a dominare, in questa sua canzone, è infatti il motivo terreno della bellezza femminile, senza alcuna implicazione teologica o salvifica, collocato nel divenire temporale, a differenza della rappresentazione stilnovistica della donna, concepita in un presente sostanzialmente fuori dal tempo.

 >> pag. 355 

Le strofe della canzone presentano l’alternanza di diversi piani temporali:
nella prima è mostrato il paesaggio come locus amoenus*, cioè un modello di luogo bello e ideale che riattiva la memoria dell’immagine passata della donna;
la seconda e la terza proiettano la fantasia del poeta nella visione futura della propria morte, metaforicamente attesa come un porto in cui cessano i travagli della vita;
le ultime due ritornano al passato, prima con la rievocazione di Laura avvolta nella pioggia di fiori, poi con la percezione del tempo che torna a fluire, gettando il soggetto lirico nell’incerto e divaricato stato tra la realtà e l’immaginazione.

L’apparizione di Laura dunque è restituita al tempo, che ora segnala l’assenza della donna, il suo trasformarsi da oggetto di passione e sofferenza a fantasma interiore. Tuttavia Petrarca immagina che lei, con le sue preghiere, potrà fargli ottenere la salvezza facendo forza al cielo (v. 38). Egli sa infatti di essere nel peccato: le sue parole extreme (v. 13), cioè quelle pronunciate in punto di morte, non vengono rivolte a Dio a invocare cristianamente il suo perdono, bensì agli elementi della natura che sono stati vivificati dal contatto con Laura. Dunque sarà proprio lei, come fonte di traviamento spirituale seppure inconsapevole e innocente, per il poeta, a dover “convincere” Dio. Per quanto possa sembrare strano, si tratta di un concetto perfettamente ortodosso, conforme alla dottrina cristiana. L’ardore di carità può vincere, in un certo senso, la giustizia divina, mutandone le decisioni. Lo afferma anche Dante (Paradiso, XX, 94-96): «Regnum celorum vïolenza pate / da caldo amore e da viva speranza, / che vince la divina volontate».

Le scelte stilistiche

Proprio perché l’episodio (forse) reale (l’incontro con Laura nella campagna provenzale) è poco più che un pretesto, tutta la rappresentazione si sviluppa sulla base di una visione fantastica. Manca infatti al testo qualsiasi oggettività descrittivo-narrativa. Elementi oggettivi e dati soggettivi si alternano e si intersecano, e alla fine sono gli ultimi a prevalere. Tanto che il poeta ammetterà, ai vv. 59-60, di essere diviso / da l’imagine vera. È da notare una sorta di fusione della donna nella natura: a ogni elemento naturale è associata una parte del corpo di Laura: acque-membra (vv. 1-2); ramo-fiancho (vv. 4-6); herba et fior’-gonna e seno (vv. 7-9); aere-occhi (vv. 10-11).

La dolcezza della visione di Laura è sostenuta, sul piano formale, da un ritmo fluido e musicale, costituito tramite la sapiente alternanza tra endecasillabi* e settenari*, con una netta preminenza dei secondi sui primi: i settenari conferiscono al testo un andamento più “cantabile” rispetto agli endecasillabi. Anche gli accenti collaborano a creare una tonalità dolce e meditativa: in fine di verso troviamo soltanto parole piane, sono assenti parole tronche e sdrucciole*. Tale scorrevolezza è di tanto in tanto interrotta da alcuni incisi: con sospir’ mi rimembra (v. 5); dolce ne la memoria (v. 41). La sintassi è semplice, di tipo per lo più paratattico*. Ricorrono poi alcuni moduli tipici dello stile di Petrarca, come le sequenze di aggettivi (Chiare, fresche et dolci acque, v. 1), le coppie di sostantivi (herba et fior’, v. 7) e i nessi aggettivo-sostantivo (belle membra, v. 2; gentil ramo, v. 4 ecc.).

 >> pag. 356 

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Perché il poeta dice di sentirsi prossimo alla morte? Quale sembra la ragione della sua imminente scomparsa?


2 Quali sono i sentimenti del poeta nei tre piani temporali in cui è articolata la canzone (passato, presente e futuro)?


3 A quale benedetto giorno si riferisce il poeta al v. 31?


4 Alla fine della terza strofa troviamo Laura piangente. Qual è il motivo del suo pianto?


5 Riassumi il contenuto della poesia in circa 5 righe.


ANALIZZARE

6 Individua la tipologia di versi utilizzati.


7 Rintraccia nel testo gli elementi della descrizione fisica di Laura che rimandano alla sua sensualità.


8 Nella terza strofa è presente un forte enjambement. Individualo e spiegane la funzione espressiva.


9 Individua altri enjambement presenti nel testo. Nel loro insieme quale effetto producono?


10 Nella quarta strofa è presente un’insistita anafora. Individuala e cerca di interpretarne il significato.

INTERPRETARE

11 Il lessico della poesia ti sembra semplice o ricercato? Motiva la tua risposta con esempi tratti dal testo.

PRODURRE

12 Abbiamo accennato nell’analisi del testo che lo spavento di fronte alla bellezza della donna è un motivo tipicamente stilnovistico. Lo si ritrova in epoca successiva anche in Giacomo Leopardi. Il poeta dice che l’effetto della bellezza è la paura, lo spavento che produce «è quasi il principale e il più sensibile effetto ch’ella produce a prima giunta». In base alla tua esperienza personale o alla tua osservazione della realtà, sei d’accordo con questa affermazione di Leopardi? Come si può spiegare l’emozione dello “spavento” prodotto dalla bellezza? Scrivi un testo di circa 15-20 righe.


La tua esperienza

13 Al centro della canzone di Petrarca c’è il tema della nostalgia per una situazione del passato impossibile da ritrovare nel presente. In un testo di circa 20 righe racconta un episodio della tua vita che suscita in te lo stesso sentimento.


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Dalle origini al Cinquecento