I colori della letteratura - volume 1

Le origini e il Duecento – L'opera: Vita nuova

 T11 

Tanto gentile e tanto onesta pare

Vita nuova, 26


Del capitolo 26 riportiamo la prima parte e il primo sonetto, Tanto gentile e tanto onesta pare, uno dei componimenti più celebri della letteratura italiana, che nella struttura della Vita nuova segna il culmine della poetica della lode a Beatrice.


Questa gentilissima donna, di cui ragionato è1 ne le precedenti parole, venne in tanta grazia
de le genti,2 che quando passava per via, le persone correano per vedere lei; onde mirabile
letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso d’alcuno, tanta onestade giungea nel cuore
di quello, che non ardia3 di levare li occhi, né di rispondere a lo suo saluto; e di questo
5 molti, sì come esperti,4 mi5 potrebbero testimoniare a chi non lo credesse. Ella coronata e
vestita d’umilitade s’andava, nulla gloria6 mostrando di ciò ch’ella vedea e udia. Diceano
molti, poi che passata era: «Questa non è femmina,7 anzi è uno de li bellissimi angeli del
cielo». E altri diceano: «Questa è una maraviglia; che benedetto sia lo Segnore, che sì mirabilemente
sae adoperare».8 Io dico ch’ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti li piaceri,9
10 che quelli che la miravano comprendeano10 in loro una dolcezza onesta e soave, tanto che
ridicere11 non lo sapeano; né alcuno era lo quale potesse mirare lei, che nel principio nol
convenisse sospirare.12 Queste e più mirabili cose da lei procedeano virtuosamente:13 onde
io pensando a ciò, volendo ripigliare lo stilo de la sua loda, propuosi di dicere parole, ne le
quali io dessi ad intendere de le sue mirabili ed eccellenti operazioni;14 acciò che non pur15
15 coloro che la poteano sensibilemente16 vedere, ma li altri sappiano di lei quello che le parole
ne possono fare intendere. Allora dissi questo sonetto, lo quale comincia: Tanto gentile.


       Tanto gentile e tanto onesta pare17
       la donna mia quand’ella altrui18 saluta,
       ch’ogne lingua deven tremando muta,19
4    e li occhi no l’ardiscon di guardare.20

       Ella si va,21 sentendosi laudare,
       benignamente d’umiltà vestuta;22
       e par che sia una cosa23 venuta
8    da cielo in terra a miracol mostrare.

 >> pag. 244 

       Mostrasi sì piacente24 a chi la mira,
       che dà per25 li occhi una dolcezza al core,
11  che ’ntender no la può chi no la prova:

       e par che de la sua labbia26 si mova
       un spirito soave pien d’amore,
14  che va dicendo a l’anima: Sospira.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Nel sonetto Dante descrive le operazioni (cioè gli effetti, r. 14) virtuose e mirabili di Beatrice: il suo saluto paralizza gli astanti, che la giudicano un’apparizione soprannaturale, e al tempo stesso infonde dolcezza e amore. La fanciulla tuttavia non si inorgoglisce, mantenendo un atteggiamento di profonda umiltà. L’immagine che ne risulta è quella di una creatura angelica, tanto che il testo sembra quasi più vicino alla letteratura agiografica che non alla poesia d’amore. Il sentimento amoroso qui non ha più nulla di concreto (si noti che è del tutto assente la descrizione fisica della donna): la sua dimensione terrena è superata in una visione celestiale.

La gioia della lode esalta l’apparire e l’incedere di Beatrice, per poi riconoscere nella dolcezza che essa suscita nei cuori un segno sicuro di redenzione: da qui la tensione corale delle rime e della prosa, il risolversi della poesia amorosa nell’inno religioso. Un nuovo modo di fare poesia coincide per Dante con un nuovo modo di essere: lo stile della lode evidenzia il fatto che il poeta è tutto assorto in un amore ormai soltanto spirituale.

Le scelte stilistiche

La tranquilla, serena compostezza della rappresentazione stempera le residue reminiscenze cavalcantiane in una scena improntata a equilibrio e assenza di concitazione drammatica. Ciò vale sia per il motivo degli occhi (v. 10), che infondono al cuore di chi contempla Beatrice non angoscia, bensì dolcezza, sia per quello del sospirare (v. 14): un sospiro deprivato di qualsivoglia connotazione dolorosa.

Prima di questo sonetto molti altri poeti, a partire da Guido Guinizzelli, avevano scritto versi di lode della nobiltà e delle virtù della donna prescelta. Qui però Dante compie un’operazione diversa: anziché descrivere semplicemente Beatrice e le sue qualità, le pone, per così dire, in atto, le mostra in azione. C’è dunque nel sonetto una componente teatrale, anche se dissimulata e molto poco drammatica. Come ha notato Gianfranco Contini, nonostante l’alto numero di forme verbali presenti nel sonetto (se ne contano ventidue), soltanto una (si va, v. 5) è costituita da un verbo di movimento, mentre quasi nessuna delle altre indica azioni vere e proprie.

La scena è dunque caratterizzata da una sostanziale staticità, configurandosi come una sorta di epifania, cioè un’apparizione, una “manifestazione dall’alto”, di questa creatura angelica che è Beatrice. Il sonetto è tutto incentrato su tale manifestazione. Il verbo chiave è mostrare, collocato alla fine della seconda quartina* e subito ripreso in poliptoto* all’inizio della prima terzina*: Beatrice con la sua presenza rivela la grandezza divina. L’idea di un’epifania è anche nel pare su cui si chiude il primo verso nel significato di “appare evidentemente” (e non “sembra”, come significa par ai vv. 7 e 12).

 >> pag. 245 

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Riscrivi il brano in prosa in italiano moderno, rispettando il registro formale.


2 Fai la parafrasi del sonetto, ponendo attenzione al fatto che il testo è soltanto in apparenza di facile lettura, poiché diverse parole che ancora oggi utilizziamo qui hanno un significato diverso da quello attuale (a partire da gentile, onesta e pare del primo verso).

ANALIZZARE

3 Illustra, nel sonetto, i rapporti tra metrica e sintassi.

INTERPRETARE

4 Come può essere inteso l’invito che lo spirito amoroso che si muove dalle labbra di Beatrice rivolge all’anima di chi la guarda (Sospira, v. 14)?

5 Confronta il sonetto dantesco con la poesia di Guinizzelli Io voglio del ver la mia donna laudare (► T2, p. 140). Quali sono le analogie? Quali le differenze?

PRODURRE

6 Scrivi un breve testo (anche sotto forma di lettera di posta elettronica) in cui lodi una persona che ti piace o di cui sei innamorato/a, per far capire a un amico/a le qualità che questa persona possiede.


 T12 

La «mirabile visione»

Vita nuova, 42


L’ultimo capitolo può essere visto come climax del tema della lode nella Vita nuova. Si conclude così quest’opera e si preannuncia – secondo l’interpretazione più verosimile – la Divina Commedia, in cui pure sarà centrale la figura di Beatrice.

Appresso questo sonetto1 apparve a me una mirabile visione, ne la quale io vidi
cose che mi fecero proporre2 di non dire più di questa benedetta infino a tanto che
io potesse più degnamente trattare di lei. E di venire a ciò io studio3 quanto posso,
sì com’ella sae veracemente.4 Sì che, se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono,5
5 che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai
non fue detto d’alcuna. E poi piaccia a colui che è sire de la cortesia,6 che la mia
anima se ne possa gire a vedere la gloria de la sua donna, cioè di quella benedetta
Beatrice, la quale gloriosamente mira ne la faccia7 di colui qui est per omnia secula
benedictus.8

 >> pag. 246 

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Beatrice è morta (cap. 28) e ora l’immaginazione del poeta la rappresenta come una santa, emblema della direzione e del significato dell’esistenza. Se la Vita nuova era nata quando Dante aveva avvertito il senso più profondo del suo amore per Beatrice, dopo avere acquistato coscienza della novità della propria poesia all’interno dello Stilnovo, adesso il poeta manifesta l’esigenza di cantare la sua donna più degnamente (r. 3), in un’opera che forse non gli è ancora chiara nei particolari, ma della quale intuisce l’ingente portata. Gli studiosi vedono in questo ancora nebuloso riferimento un’allusione alla Divina Commedia.

Le scelte stilistiche

Pur nella sua brevità (peraltro speculare a quella del primo capitoletto dell’opera, quello introduttivo), l’ultimo capitolo presenta un’impostazione elegante e solenne, come testimoniano la chiusa latina e anche, poco prima, l’espressione colui a cui tutte le cose vivono (rr. 4-5), che riprendono precisi passi scritturistici. Tali allusioni bibliche hanno lo scopo di evidenziare il clima religioso e il piano già tutto ultraterreno su cui è ormai proiettata la figura di Beatrice.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Qual è lo sforzo che Dante afferma di voler compiere?

ANALIZZARE

2 Per indicare Dio l’autore scrive prima colui a cui tutte le cose vivono (rr. 4-5) e poi colui che è sire de la cortesia (r. 6). Di quale figura si tratta?

INTERPRETARE

3 In che cosa potrà essere consistita la mirabile visione (r. 1) di cui parla l’autore?

PRODURRE

4 Confronta il primo capitoletto in prosa (► T6, p. 231) con quest’ultimo. Quali sono le analogie? Quali le differenze?


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I colori della letteratura - volume 1
Dalle origini al Cinquecento