L’opera è costituita da 3 libri, ai quali sono affidati i tre argomenti correlati tra loro.
Nel primo libro viene affermata la necessità della monarchia universale per il benessere del mondo: Dio ha voluto che l’uomo facesse parte di organizzazioni statali sempre più vaste per ottenere migliore protezione dall’egoismo e dall’avidità dei singoli. Per conseguire la piena realizzazione delle potenzialità dell’intelletto, l’uomo ha bisogno di una pace autentica, che soltanto un monarca unico può assicurare, impedendo, attraverso un’imparziale amministrazione della giustizia, lotte e divisioni tra individui e popoli.
Nel secondo libro Dante sostiene che il popolo romano è per elezione divina il
depositario del potere imperiale. Per mostrare come l’Impero romano sia stato voluto dalla Provvidenza divina, Dante afferma che il sacrificio di Cristo, affinché potesse essere efficace per redimere l’intera umanità, doveva avvenire in seguito a una sentenza emessa da un’autorità che avesse validità universale. Dunque il fatto che Cristo abbia patito «sotto Ponzio Pilato», cioè sulla base di una condanna pronunciata da un legittimo rappresentante dell’Impero romano, testimonia l’approvazione divina di quell’istituzione.
Nel terzo libro si afferma la reciproca indipendenza tra Impero e Papato, che Dante rappresenta per metafora come due soli, splendenti ciascuno di luce propria in quanto entrambi legittimati dalla volontà divina. Dante contesta così le tesi più diffuse ai suoi tempi in merito alla questione dei rapporti tra Chiesa, Impero e regni nazionali: la tesi teocratica, che sostiene la dipendenza dell’Impero dalla Chiesa, in quanto quest’ultima avrebbe ricevuto tutto il potere direttamente da Dio per poi trasmettere quello temporale all’imperatore; quella imperialista, che prevede la preminenza dell’Impero sulla Chiesa, in quanto sarebbero le armi imperiali a garantire al papa la pace e la difesa necessarie affinché egli possa svolgere i propri compiti spirituali; e infine quella regalista, che predica la preminenza del sovrano nazionale sulle istituzioni sovranazionali come Chiesa e Impero (questa idea viene fortemente sostenuta da Filippo IV di Francia, detto Filippo il Bello, in polemica con papa Bonifacio VIII, fautore della tesi teocratica).
Sempre nel terzo libro Dante contesta la legittimità della Donazione di Costantino, un documento che oggi sappiamo falso (scritto molto probabilmente nella seconda metà dell’VIII secolo per consolidare il potere della Chiesa di Roma), ma la cui autenticità a quei tempi non era messa in discussione. In questo documento, che veniva attribuito a Costantino, l’imperatore concedeva a papa Silvestro I e ai suoi successori la sovranità su Roma e su larga parte dei territori italiani dell’Impero d’Occidente. Dante dimostra, attraverso argomenti di tipo giuridico, che Costantino non avrebbe potuto cedere una parte dell’Impero e come la Chiesa, a sua volta, non fosse legittimata a riceverla.