Al cuore della letteratura - volume 1

Il Trecento – L'opera: Decameron

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Boccaccio rievoca con nostalgia un tempo precedente al proprio, l'età che era stata dello stesso Dante, quella della Firenze di fine Duecento. In tale contesto storico, il ritratto di Cavalcanti mette in luce le sue doti di gentile uom (r. 20) tra le quali spiccano quella di essere parlante (r. 19, cioè abile e arguto nel parlare) e soprattutto la sua qualifica di filosofo (è assente invece il riferimento alla sua attività di poeta). Alla sua immagine si contrappone quella di una comitiva di amici della Firenze benestante: giovani superficiali, tutti dediti a passatempi vacui come banchetti, passeggiate a cavallo e giochi di armi. Si tratta di due universi che tra loro difficilmente possono comunicare. Infatti inizialmente la battuta di Cavalcanti (il "motto arguto" in virtù del quale Boccaccio l'ha collocato nella Sesta giornata del Decameron) non viene compresa. Ma quando messer Betto ne chiarisce agli altri il significato, tutti si trovano costretti a riconoscere la superiorità di Guido.

Le scelte stilistiche

II ritmo della novella è veloce e leggero: proprio come il salto di Guido Cavalcanti, che con invidiabile agilità (da vero sportivo, diremmo oggi) si lancia dall'altra parte delle arche di marmo, lasciando attoniti i giovani della brigata. Tale agilità fisica è l'espressione visibile dell'agilità di intelligenza e di parola del personaggio, che gli consente di superare il goliardico ma fastidioso accerchiamento.

La critica ha evidenziato in questa novella, innanzitutto, la ripresa di alcuni elementi del canto X dell'Inferno di Dante. Non a caso: lì ci troviamo nel cerchio degli eretici e degli epicurei e tra i personaggi che il poeta vi incontra compaiono Cavalcante Cavalcanti e Farinata degli Uberti, rispettivamente padre e suocero di Guido. Essi sono confinati, al pari degli altri dannati per questa colpa, in arche sepolcrali infuocate. Nella novella del Decameron si dice di Guido Cavalcanti che aveva fama di epicureo e la scena si svolge proprio tra alcune tombe marmoree. In tal modo è come se Boccaccio avesse voluto rendere omaggio a Dante, attraverso però una sorta di rovesciamento: infatti qui Guido, seppure epicureo, si libera dalle tombe, che alludono all'assenza di vita interiore e alle quali lascia la brigata, giudicata priva della luce intellettuale.
Infine può essere ricordato un brano di Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.), in cui il filosofo latino identificava la vera vita nell'utilità agli altri e a sé stessi, non nel semplice "vegetare" obbedendo ai soli istinti naturali. In altre parole, in assenza di una vera coscienza di sé, la vita non è degna di essere vissuta: «Coloro "che obbediscono allo stomaco", come dice Sallustio, vanno annoverati tra gli animali, non tra gli uomini, e alcuni nemmeno tra gli animali, ma tra i morti. Infatti vive chi è utile a molti, chi fa uso di sé stesso; al contrario coloro che se ne stanno nascosti e in preda al torpore sono a casa propria come in una tomba. Di costoro puoi incidere il nome nel marmo, sulla soglia stessa della loro casa: hanno preceduto la propria stessa morte» (Lettere a Lucilio, 60, 4).
 >> pag. 561 

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 In base alle informazioni ricavabili dalla novella, come descriveresti il carattere di Cavalcanti?

2
Con quale intento Betto e i suoi amici avvicinano Guido?

3
Spiega in che cosa consistono la provocazione della brigata e la risposta di Cavalcanti.

4
Perché, dopo che Cavalcanti se n’è andato, gli altri gli danno dello smemorato (r. 43)?

ANALIZZARE

5 Il tono della battuta di Cavalcanti è

  •     ironico.    
  •     referenziale. 
  •     aggressivo. 
  •     sarcastico. 

INTERPRETARE

6 Su quale piano si colloca la differenza più significativa tra Guido e la brigata?

  •     Sociale.    
  •     Intellettuale. 
  •     Politico. 
  •     Religioso. 
7 Confronta l’opinione della gente volgare (rr. 25-26) su Guido Cavalcanti con il contenuto della provocazione della brigata. Che cosa ne ricaviamo?

8
La conclusione della novella segnala un distacco tra messer Betto e il resto della brigata. In che cosa consiste questa sua diversità?

9
Il ritratto di Cavalcanti che emerge dalla novella corrisponde a quello che si delinea leggendo le sue poesie? Argomenta la tua opinione in un testo di circa 20 righe.

PRODURRE

10 Nella novella Cavalcanti dice, indirettamente, che le persone prive di cultura sono come morti. Come si può spiegare quest’affermazione? Sei d’accordo con essa? Scrivi un testo argomentativo di circa 15 righe.


CONSONANZE
DISSONANZE

Italo Calvino
Cavalcanti o della leggerezza

Il salto spiccato da Cavalcanti nella novella di Boccaccio è stato assunto da Italo Calvino (1923-1985) come emblema della «leggerezza», uno dei valori – insieme a «rapidità», «esattezza», «visibilità» e «molteplicità» – che egli ha additato alla letteratura del nuovo millennio. È il 1984 quando Calvino viene invitato all’Università di Harvard a tenere una serie di conferenze. Le prepara scrupolosamente, ma non riuscirà a pronunciarle (era previsto che lo facesse nell’anno accademico 1985-1986), perché nel 1985 lo scrittore muore.
Quei testi sono stati pubblicati in un volume postumo (1988) dal titolo Lezioni americane, da cui riportiamo un brano del primo capitolo, intitolato semplicemente Leggerezza.

« Esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca.
Non potrei illustrare meglio questa idea che con una novella del Decameron (VI, 9) dove appare il poeta fiorentino Guido Cavalcanti. Boccaccio ci presenta Cavalcanti come un austero filosofo che passeggia meditando tra i sepolcri di marmo davanti a una chiesa. La jeunesse dorée1 fiorentina cavalcava per la città in brigate che passavano da una festa all'altra, sempre cercando occasioni d'ampliare il loro giro di scambievoli inviti. Cavalcanti non era popolare tra loro, perché, benché fosse ricco ed elegante, non accettava mai di far baldoria con loro e perché la sua misteriosa filosofia2 era sospettata d'empietà.
[...]
Ciò che qui ci interessa non è tanto la battuta attribuita a Cavalcanti (che si può interpretare considerando che il preteso «epicureismo» del poeta era in realtà averroismo, per cui l'anima individuale fa parte dell'intelletto universale: le tombe sono casa vostra e non mia in quanto la morte corporea è vinta da chi s'innalza alla contemplazione universale attraverso la speculazione dell'intelletto). Ciò che ci colpisce è l'immagine visuale che Boccaccio evoca: Cavalcanti che si libera d'un salto «sì come colui che leggerissimo era».
Se volessi scegliere un simbolo augurale per l'affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l'agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d'automobili arrugginite. »


1 jeunesse dorée: gioventù dorata (in francese).
2 la sua misteriosa filosofia: la sua adesione all'averroismo.

Al cuore della letteratura - volume 1
Al cuore della letteratura - volume 1
Dalle origini al Trecento