Al cuore della letteratura - volume 1

Il Trecento – L'opera: Decameron

 T7 

La novella delle papere

Quarta giornata, Introduzione

Pare che alcune novelle del Decameron fossero cominciate a circolare prima che Boccaccio completasse l’opera e che l’autore ne avesse ricavato aspre critiche. Si spiega così il contenuto dell'Introduzione  alla Quarta giornata, nella quale Boccaccio risponde ai rimproveri mossigli. I suoi detrattori sostengono che a un uomo maturo come lo scrittore non si addica trattare temi leggeri quali quelli delle sue novelle e in particolare assecondare e lodare le donne, come sembra voler fare con la sua opera (dedicata proprio alle donne innamorate). Boccaccio si difende: lo fa argomentando e rispondendo punto per punto alle critiche, ma soprattutto attraverso una novella (inserita all’interno della stessa Introduzione), che mostra l’innocente naturalezza del sentimento amoroso e della stessa attrazione erotica.

[...]
Nella nostra città, già è buon tempo passato, fu un cittadino il quale fu nominato
Filippo Balducci, uomo di condizione assai leggiere,1 ma ricco e bene inviato2 e
esperto nelle cose quanto lo stato suo richiedea; e aveva una sua donna moglie, la
quale egli sommamente amava, e ella lui, e insieme in riposata3 vita si stavano, a
5 niuna altra cosa tanto studio4 ponendo quanto in piacere interamente l'uno all'altro.
Ora avvenne, sì come di tutti avviene, che la buona donna passò di questa vita,
né altro di sé a Filippo lasciò che un solo figliuolo di lui conceputo, il quale forse
d'età di due anni era. Costui per la morte della sua donna tanto sconsolato rimase,
quanto mai alcuno altro amata cosa perdendo rimanesse; e veggendosi di quella
10 compagnia, la quale egli più amava, rimaso solo, del tutto si dispose di non volere
più essere al mondo ma di darsi al servigio di Dio e il simigliante fare del suo
piccol figliuolo. Per che, data ogni sua cosa per Dio,5 senza indugio se n'andò sopra
Monte Asinaio,6 e quivi in una piccola celletta se mise col suo figliuolo, col quale
di limosine in digiuni e in orazioni vivendo, sommamente si guardava di non
15 ragionare, là dove egli fosse, d'alcuna temporal7 cosa né di lasciarnegli alcuna vedere
acciò che esse da così fatto servigio nol traessero,8 ma sempre della gloria di vita
eterna e di Dio e de' santi gli ragionava, nulla altro che sante orazioni insegnandogli.
E in questa vita molti anni il tenne, mai della cella non lasciandolo uscire né
alcuna altra cosa che sé dimostrandogli.9
20 Era usato10 il valente uomo di venire alcuna volta a Firenze: e quivi secondo le
sue oportunità dagli amici di Dio sovenuto,11 alla sua cella tornava.
Ora avvenne che, essendo già il garzone d'età di diciotto anni e Filippo vecchio,
un dì il domandò ov'egli andava. Filippo gliele disse; al quale il garzon disse:
«Padre mio, voi siete oggimai vecchio e potete male durar fatica;12 perché non mi
25 menate voi una volta a Firenze, acciò che, faccendomi cognoscere gli amici e divoti

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di Dio e vostri, io, che son giovane e posso meglio faticar di voi, possa poscia13 pe'
nostri bisogni a Firenze andare quando vi piacerà, e voi rimanervi qui?»

Il valente uomo, pensando che già questo suo figliuolo era grande e era sì abituato
al servigio di Dio, che malagevolmente le cose del mondo a sé il dovrebbono
30 omai poter trarre, seco stesso disse: «Costui dice bene»; per che, avendovi a andare,
seco il menò.
Quivi il giovane veggendo i palagi, le case, le chiese e tutte l'altre cose delle
quali tutta la città piena si vede, sì come colui che mai più per ricordanza vedute
no' n'avea,14 si cominciò forte a maravigliare e di molte domandava il padre che
35 fossero e come si chiamassero. Il padre gliele diceva; e egli, avendolo udito, rimaneva
contento e domandava d'un'altra. E così domandando il figliuolo e il padre
rispondendo, per avventura si scontrarono in una brigata di belle giovani donne
e ornate,15 che da un paio di nozze16 venieno: le quali come il giovane vide, così
domandò il padre che cosa quelle fossero.

40 A cui il padre disse: «Figliuol mio, bassa gli occhi in terra, non le guatare,17
ch'elle son mala cosa.»18
Disse allora il figliuolo: «O come si chiamano?»
Il padre, per non destare nel concupiscibile appetito del giovane alcuno inchinevole
disiderio men che utile,19  non le volle nominare per lo proprio nome, cioè
45 femine, ma disse: «Elle si chiamano papere.»
Maravigliosa cosa a udire! Colui che mai più alcuna veduta non avea,20 non
curatosi de' palagi, non del bue, non del cavallo, non dell'asino, non de' denari né
d'altra cosa che veduta avesse, subitamente disse: «Padre mio, io vi priego che voi
facciate che io abbia una di quelle papere.»
50 «Oimè, figliuol mio,» disse il padre «taci: elle son mala cosa.»
A cui il giovane domandando disse: «O son così fatte le male cose?»
«Sì» disse il padre.
E egli allora disse: «Io non so21 che voi vi dite, né perché queste sieno mala
cosa: quanto è,22 a me non è ancora paruta vedere alcuna così bella né così
55 piacevole come queste sono. Elle son più belle che gli agnoli23 dipinti che voi m'avete
più volte mostrati. Deh! se vi cal24 di me, fate che noi ce ne meniamo una colà sù
di queste papere, e io le darò beccare.»25
Disse il padre: «Io non voglio; tu non sai donde elle s'imbeccano!»26 e sentì
incontanente27 più aver di forza la natura che il suo ingegno; e pentessi d'averlo
60 menato a Firenze.

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Dalle origini al Trecento