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Nella nostra città, già è buon tempo passato, fu un cittadino il quale fu nominato
Filippo Balducci, uomo di condizione assai leggiere,1 ma ricco e bene inviato2 e
esperto nelle cose quanto lo stato suo richiedea; e aveva una sua donna moglie, la
quale egli sommamente amava, e ella lui, e insieme in riposata3 vita si stavano, a
5 niuna altra cosa tanto studio4 ponendo quanto in piacere interamente l'uno all'altro.
Ora avvenne, sì come di tutti avviene, che la buona donna passò di questa vita,
né altro di sé a Filippo lasciò che un solo figliuolo di lui conceputo, il quale forse
d'età di due anni era. Costui per la morte della sua donna tanto sconsolato rimase,
quanto mai alcuno altro amata cosa perdendo rimanesse; e veggendosi di quella
10 compagnia, la quale egli più amava, rimaso solo, del tutto si dispose di non volere
più essere al mondo ma di darsi al servigio di Dio e il simigliante fare del suo
piccol figliuolo. Per che, data ogni sua cosa per Dio,5 senza indugio se n'andò sopra
Monte Asinaio,6 e quivi in una piccola celletta se mise col suo figliuolo, col quale
di limosine in digiuni e in orazioni vivendo, sommamente si guardava di non
15 ragionare, là dove egli fosse, d'alcuna temporal7 cosa né di lasciarnegli alcuna vedere
acciò che esse da così fatto servigio nol traessero,8 ma sempre della gloria di vita
eterna e di Dio e de' santi gli ragionava, nulla altro che sante orazioni insegnandogli.
E in questa vita molti anni il tenne, mai della cella non lasciandolo uscire né
alcuna altra cosa che sé dimostrandogli.9
20 Era usato10 il valente uomo di venire alcuna volta a Firenze: e quivi secondo le
sue oportunità dagli amici di Dio sovenuto,11 alla sua cella tornava.
Ora avvenne che, essendo già il garzone d'età di diciotto anni e Filippo vecchio,
un dì il domandò ov'egli andava. Filippo gliele disse; al quale il garzon disse:
«Padre mio, voi siete oggimai vecchio e potete male durar fatica;12 perché non mi
25 menate voi una volta a Firenze, acciò che, faccendomi cognoscere gli amici e divoti