Il Trecento – L'autore: Giovanni Boccaccio

il carattere

Un borghese insoddisfatto

L’immagine di Boccaccio che ci è stata tramandata dalla tradizione è sostanzialmente modellata sulle caratteristiche della sua opera maggiore, il Decameron: Boccaccio come spirito libero, gaudente, irriverente e mordace. Tuttavia questo è ciò che in narratologia viene detto "autore implicito", cioè l’idea di uno scrittore che il lettore è portato a farsi leggendo la sua opera: un’idea che però quasi mai è veritiera.


Figlio naturale alla ricerca delle origini nobiliari

In realtà l’uomo Boccaccio fu persona dai tratti caratteriali ben più complessi e sfumati. Fin da bambino vive una sorta di complesso di inferiorità legato alla nascita fuori da un preciso contesto familiare. Questa circostanza della sua biografia gli pesa a tal punto che negli anni napoletani lo scrittore giunge a diffondere, seppure in termini vaghi e generici, una leggenda che riguardava la sua origine: il padre, Boccaccino di Chellino, durante i suoi soggiorni d’affari a Parigi avrebbe conosciuto e amato una nobildonna francese imparentata con la famiglia reale; da questa relazione sarebbe nato lui. Non possiamo rimproverare al giovane Boccaccio tale invenzione: egli cercava solo un nobile riscatto dalle proprie origini effettive, che evidentemente riteneva umilianti e che dovevano risultargli penose.


Un padre sfortunato

Dolori ben più gravi lo avrebbero atteso in seguito. Un drammatico cruccio, in particolare, segna l’animo di Boccaccio: non aver potuto crescere i propri figli. Ne ha cinque (tutti nati fuori dal matrimonio), ma nessuno gli sopravvive. Il lutto più straziante è quello per la prematura scomparsa della figlia Violante, morta nel 1355 quando non aveva ancora compiuto sei anni. A questo triste evento dedicherà la XIV egloga, Olimpia, immaginando la figlia in Paradiso con i fratelli precedentemente defunti.
Quella per la morte di Violante è una sofferenza che non lo abbandonerà. Anni dopo, nel 1367, ospite a Venezia di Francesca, la figlia di Petrarca, vede giocare in giardino Eletta, una bambina di quattro anni, figlia di Francesca, che gli va incontro sorridendo. È un incontro che lo commuove profondamente, se scriverà a Petrarca: «La tua Eletta assomiglia tal quale alla mia bambina; lo stesso sorriso, la stessa letizia negli occhi, negli atti e nell’andare, e lo stesso portamento della personcina, quantunque la mia fosse più grandicella per l’età maggiore, toccando il quinto anno e mezzo, quando la vidi per l’ultima volta. In nulla differenti le conobbi, se non nel fatto che la tua è bionda, mentre la mia aveva i capelli castani».


Molte donne, ma poco amore

Anche la vita sentimentale di Boccaccio non è felice, nonostante i riferimenti all’universo femminile presenti in molte sue opere abbiano favorito l’opinione di un amante fortunato, oltre che assai sensibile al fascino dell’altro sesso.
Dai suoi palesi o larvati accenni, sappiamo che da giovane ama una certa Pampinea, poi un’altra donna napoletana e infine Fiammetta, il suo grande amore. Seguono, a Firenze, alcune avventure galanti: Emilia, Lisa, Lucia e altre, fino alla bella vedova che gli preferisce un amante più ricco (di lei si vendicherà nel Corbaccio).
Di fatto, Boccaccio non si sposa: forse sono le sue stesse vicende familiari, lo spettro della matrigna, l’angoscioso abbandono da parte di Fiammetta, a inibire in lui il desiderio di prendere moglie; lo scrittore sembra covare una sorta di insuperabile avversione per i legami sentimentali duraturi. Questa irrequietudine si placherà soltanto negli ultimi anni, spentisi gli slanci della giovinezza e venute meno le forze. Nel 1360 ottiene la dispensa papale (rispetto alla nascita illegittima) per ricevere gli ordini sacri: la religione gli offrirà quelle consolazioni che la sfera sentimentale gli aveva negato.

Al cuore della letteratura - volume 1
Al cuore della letteratura - volume 1
Dalle origini al Trecento