Le dame e la luce
Basta confrontare i ben diversi rapporti con la luce che i due personaggi femminili mostrano nei versi.
Così Beatrice:
Già eran li occhi miei rifissi al volto / de la mia donna, e l’animo con essi, / e da ogne altro intento
s’era tolto. / E quella non ridea; ma “S’io ridessi”, / mi cominciò, “tu ti faresti quale / fu Semelé
quando di cener fessi: / ché la bellezza mia, che per le scale / de l’etterno palazzo più s’accende,
/ com’hai veduto, quanto più si sale, / se non si temperasse, tanto splende, / che ’l tuo mortal podere,
al suo fulgore, / sarebbe fronda che trono scoscende.
(Dante, Paradiso, XXI, vv. 1-12)
Insomma, ormai vicinissima a Dio, morta eppure viva più che mai, Beatrice è così luminosa che le basterebbe pochissimo per incenerire Dante, com’è accaduto alla povera Semele: basterebbe che sorridesse, rendendo il suo viso ancora più sfolgorante di luce divina. Insomma, la luce di Beatrice è così benefica da superare tutti i limiti umani, e da rischiare solo di poter essere troppo positiva.
Così invece, ben diversamente, la luce di Laura:
Quand’io son tutto vòlto in quella parte / ove ’l bel viso di madonna luce, / e m’è rimasa nel pensier
la luce / che m’arde e strugge dentro a parte a parte, / i’, che temo del cor che mi si parte / e
veggio presso il fin de la mia luce, / vammene in guisa d’orbo, senza luce, / che non sa ove si vada
e pur si parte. / Così davanti a i colpi de la morte / fuggo; ma non sì ratto che ’l desio / meco
non venga, come venir sole.
(Petrarca, Canzoniere, sonetto 18, vv. 1-11)
Tanta luce anche qui, richiamata dalle rime identiche, ma solo un ricordo di una bellezza ormai svanita, non tale da illuminare al poeta la strada verso l’aldilà, né da consolarlo dalla morte di madonna. Anzi, la morte non è meta ma crudele evento da cui fuggire, senza che sfugga il desiderio, però per una donna che ormai non c’è più. Così il sereno personaggio di Laura sembra essere accompagnato da una sorta di tarlo, un senso di colpa che nasce forse dall’incapacità del suo poeta di entrare in serena relazione col mondo. Anche in Laura c’è dunque, nascosto dietro i lineamenti gentili, i colori solari e le grazie di un corpo armonioso, una sorta di linguaggio della conoscenza di sé, uno scavo meno diretto, ma solo rimandato al silenzio della propria stanza, dopo la leggerezza vagante dell’aria aperta. Forse, in termini odierni, lo stimolo ad abbandonare una sorta di pigrizia mentale dell’Occidente, che sembra odiare il pensiero, aver paura di scoprire le profondità (altezze) dell’anima.