Al cuore della letteratura - volume 1

Il Trecento – L'opera: Canzoniere

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Possiamo dividere la canzone* in due parti. Nella prima (vv. 1-78) il poeta innalza lodi alla Vergine e, insieme, la invoca affinché abbia compassione di lui e lo aiuti. Nella seconda parte (vv. 79-137) l’autore ricorda la figura di Laura ed esprime il proprio pentimento per avere troppo a lungo occupato l’anima con il vagheggiamento di una bellezza mortale che ora è terra (v. 92); la passione per Laura e l’eccessiva attenzione alle cose umane lo hanno reso insensibile alla dimensione spirituale e trascendente; ora egli chiede a Maria di riempire il suo cuore di lacrime di contrizione, affinché possa giungere, con la morte, alla salvezza eterna.

Laura, protagonista del Canzoniere, torna anche nell’ultimo componimento della raccolta, sebbene qui in posizione secondaria, e senza essere mai indicata con il suo nome, poiché si allude alla sua persona soltanto con espressioni generiche: Mortal bellezza (v. 85), tale (v. 92), Medusa (v. 111). In questa canzone è rappresentata tuttavia in termini più positivi che altrove. Per esempio ai vv. 94-97 il poeta giustifica indirettamente la freddezza e indifferenza di Laura rispetto alla sua sofferenza d’amore, mentre in altri componimenti del Canzoniere, soprattutto nelle “Rime in vita”, le aveva definite crudeli: al termine di questo lungo viaggio esistenziale la virtù della donna si è rivelata per lui provvidenziale, in quanto lo ha tenuto lontano dal peccato e dalla dannazione. È anche vero, tuttavia, che il poeta descrive gli effetti destabilizzanti della sua bellezza: Laura era come Medusa, la creatura della mitologia che trasformava in pietra chiunque la guardasse in volto.

D’altra parte, se è vero che Petrarca mette nelle mani di Maria il pesante bagaglio della sua vita, è anche vero che il bilancio conclusivo è ben lontano dal risolversi in una svolta mistica. Come si vedrà più avanti dai riscontri stilistici, la condizione psicologica del poeta viene ribadita: la guerra interiore, lo stato di incertezza, l’angoscia e il dolore si manifestano semmai con autenticità ancora più sofferta e sconsolata. In ciò sta il grande valore, umano e letterario, della canzone, che non è «un frigido monumento di retorica che resta, poco o tanto, estraneo all’intima ispirazione di Petrarca, ma è precisamente il testo che la riassume e la ripropone con accenti di confessione, a fronte dell’imminente appuntamento con la morte» (Fenzi).

Le scelte stilistiche

L’andamento del testo, ampio e solenne, è di tipo liturgico: ogni strofa inizia con la parola Vergine, un vocativo che, in tutte le strofe, viene ripetuto poi al nono verso. Del linguaggio liturgico sono caratteristici i numerosi epiteti formulari riferiti alla Madonna. Conforme a questo tono è anche il congedo*, nel quale il poeta non si rivolge, com’era consuetudine, alla propria canzone, ma continua invece a parlare a Maria, concludendo con la richiesta più importante, quella di una morte nella grazia di Dio. L’ultima parola del componimento, pace, è quella che meglio di ogni altra può dar voce all’anima inquieta dell’autore, con la sua perenne aspirazione a una serenità per lui molto difficile da raggiungere.

Coerentemente con le caratteristiche che abbiamo messo in luce, sono numerose nella canzone le immagini tratte dalle Sacre Scritture: la tabella che segue le elenca e ne indica le diverse fonti.

 >> pag. 448 
Versi
Riferimenti alle Sacre Scritture
vv. 1-2     di sol vestita, / coronata di stelle
Apocalisse, 12, 1-2: «una donna vestita di sole […] e sul suo capo una corona di dodici stelle»
vv. 14-15    Vergine saggia, et del bel numero una / de le beate vergini prudenti
Commune Virginum ad laudes, antifona prima: «Vergine sapiente e una del numero di quelle sagge»
v. 17     saldo scudo
Secondo libro dei Re, 22, 3: Dio è definito «mio scudo»
v. 35     benedetta
Ave Maria: «tu sei benedetta fra le donne»
v. 40     d’ogni gratia piena
Ave Maria: «piena di grazia»
v. 61     dolce et pia
Salve Regina: «O clemente, o pia, o dolce vergine Maria»
v. 62     ove ’l fallo abondò, la gratia abonda
Lettera ai Romani, 5, 20: «Dove abbondò la colpa, sovrabbonderà la grazia»

Infine, al v. 28 – del tuo parto gentil figliuola et madre – troviamo un riferimento a Dante, e precisamente all’incipit della preghiera alla Vergine dell’ultimo canto del Paradiso: «Vergine Madre, figlia del tuo figlio».

Ma c’è anche un altro tipo di intertestualità, interna al Canzoniere e relativa alle varie fasi dell’esperienza sentimentale del poeta. Citiamo nella seguente tabella esempi, tratti da altri testi del Canzoniere, di aggettivi, sostantivi, espressioni e immagini riferiti qui a Maria, ma altrove utilizzati spesso a proposito di Laura.

Versi
Testo
Testi del Canzoniere
Verso di riferimento
v. 20
refrigerio
327
«L’aura, e l’odore, e ’l refrigerio, e l’ombra» (v. 1)
v. 29
allumi questa vita, et l’altra adorni
309
«per adornare i suoi stellanti chiostri» (v. 4)
 
 
326
«ché l’altro ha ’l cielo, e di sua chiaritate, / quasi d’un più bel sol, s’allegra e gloria» (vv. 9-10)
vv. 22-25
Vergine, que’ belli occhi / […] volgi
305
«volgi a me gli occhi, e i miei sospiri ascolta» (v. 8)
v. 41
vera et altissima humiltate
323
«humile in sé, ma ’ncontra Amor superba» (v. 64)
 
 
325
«alta humiltate, in se stessa raccolta» (v. 8)
v. 42
salisti al ciel onde miei preghi ascolti
305
«volgi a me gli occhi, e i miei sospiri ascolta» (v. 8)
v. 43
fonte di pietate
203
«fonte di pietà» (v. 8)
v. 52
vera beatrice
191
«dolce del mio penser hora beatrice» (v. 7)
v. 55
cui né prima fu simil né seconda
342
«né prima simil né seconda» (v. 5)
v. 87
alma (aggettivo)
289
«L’alma mia fiamma oltra le belle bella» (v. 1)
 
 
329
«spegner l’almo mio lume ond’io vivea» (v. 10)
 
 
337
«posi in quell’alma pianta; e ’n foco e ’n gielo» (v. 10)
 
 
347
«ti stai, come tua vita alma rechiede» (v. 2)
v. 133
Vergine unica et sola
185
«bellezza unica et sola» (v. 11)

 >> pag. 449 

Questi richiami non sono casuali. Sulla base delle osservazioni sin qui fatte, potremmo concludere che anche quando Petrarca afferma di voler dimenticare Laura per lodare la Vergine, di volersi lasciare alle spalle le passioni mondane del passato per volgersi all’assoluto, di fatto non riesce a farlo, al punto che in lode della Vergine usa le stesse espressioni che aveva utilizzato per la donna amata. È però possibile interpretare questi richiami anche in modo opposto: come una presa di distanza dal proprio percorso esistenziale e letterario, per sottolineare la propria conversione. Ma che si preferisca la prima o la seconda interpretazione, un dato è certo: tra la poesia amorosa e quella religiosa c’è in Petrarca una sostanziale continuità, che risulta evidente proprio dall’analisi del piano lessicale ed espressivo.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Perché al v. 21 gli uomini sono detti sciocchi?


2 A quale aspetto della propria biografia si riferisce l’autore al v. 83?


3 Ai vv. 111-117 vengono contrapposti due tipi di pianto. Quali?

ANALIZZARE

4 La stessa figura retorica presente al v. 29 ritorna in due versi della quarta strofa. Rintracciala nel testo e spiegane l’effetto.


5 Quale figura retorica riconosci al v. 117?


6 Individua nell’ultima strofa della canzone un insistito polisindeto.


7 Come definiresti lo stile della canzone?

INTERPRETARE

8 Perché Laura non viene mai chiamata per nome?


9 Perché al v. 111 si cita Medusa? Ci sono altri riferimenti alla mitologia classica?


10 Vergine bella, che, di sol vestita si conclude con la parola pace, come la canzone Italia mia, benché ’l parlar sia indarno (► T11, p. 421). Quali analogie o differenze ravvisi tra i due testi?



invito ALLA LETTURA

Marco Santagata

L’amore in sé

Marco Santagata (n. 1947) è uno dei massimi studiosi di Petrarca, ma è anche un apprezzato scrittore. Nel romanzo L’amore in sé (2006) ha unito la competenza dello studioso alla passione del narratore. Il protagonista del libro è un docente universitario, chiamato presso l’ateneo di Ginevra a tenere un corso sul Canzoniere

Durante una lezione, commette un vero e proprio lapsus freudiano, per cui scambia il nome della Laura di Petrarca con quello di Bubi, il primo amore della sua vita. La ragazza gli era apparsa nel corridoio della scuola una mattina di molti anni prima, riempiendolo di stupore come in un sonetto stilnovistico. In un cortocircuito tra vita e poesia, si era fatto strada in lui il sentimento, vissuto prima “di lontano”, come pura contemplazione, e poi dichiarato. L’autore opera una sottile indagine psicologica degli stati d’animo di questo adolescente innamorato, fino alla rivelazione di un terribile segreto, che segnerà la separazione dei due. Accanto a quel tempo remoto, compaiono altri frammenti della vita del protagonista, con la moglie, il figlio disabile, un allievo che sfida la sua intelligenza, ma che morirà tragicamente.

« Per lui esisteva solo Bubi.
Eccola. Attraversava la strada. Solitaria, regale, dorata… […]
Una certa acerbità nei movimenti e un gestire prima leggermente in ritardo e poi accelerato, quasi a recuperare, la rendevano unica e originale. Perfino il nome era unico. Nessuno la chiamava Roberta. Lei era la sola Bubi di tutta la città. Speciale e aristocratica. […]
Come tutte le altre, Bubi indossava un grembiule nero con il colletto bianco. Sul nero il biondo dei capelli moltiplicava di splendore. »

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Dalle origini al Trecento