Al cuore della letteratura - volume 1

Il Trecento – L'autore: Francesco Petrarca

 T2 

La lussuria, questa terribile nemica

Secretum, II, 98 ss.


Nel secondo dialogo del Secretum, da cui riportiamo il brano, si analizzano i peccati capitali. Qui sant’Agostino appare nelle vesti di una sorta di padre confessore, che esorta Petrarca a trovare la via verso la salvezza attraverso l’umile analisi delle sue debolezze.

A. Come sono le fiamme della lussuria1 che ti accendono?
F. A tratti così forti, è vero, che mi addolora gravemente non essere nato insensibile.
Preferirei essere una qualche immobile pietra, piuttosto che venir scosso da
tanti turbamenti della carne.
5 A. Eccoti dunque qualcosa che ti allontana moltissimo da ogni meditazione sulla
divinità. La celeste dottrina di Platone2 non c’insegna altro che questo: l’anima
deve essere tenuta lontana dalle voluttà3 del corpo e le immagini di queste vanno
da essa erase,4 sì che possa salire pura e libera alla contemplazione dei misteri
della divinità, cui è legato il pensiero della propria mortalità. Sai di che parlo:
10 queste cose ti sono diventate familiari dai libri di Platone, sui quali si dice che tu
da qualche tempo ti sia concentrato.
F. È vero, mi ci ero applicato con alacre5 speranza e gran desiderio, ma la novità
della lingua straniera6 e l’anticipata partenza del mio maestro7 hanno interrotto
il mio proposito. Ma mi richiami a teorie che conosco benissimo, sia dai tuoi
15 scritti che da quello che ne dicono altri platonici.
A. Non importa da chi tu abbia appreso il vero, anche se l’autorità del maestro è
spesso di grande aiuto.
F. Per me, soprattutto quella di Platone, del quale mi è rimasto impresso quanto
dice Cicerone nelle Tusculanae:8 «Platone, anche se non portasse alcun argomento
20 (vedi quale omaggio gli rendo!) mi demolirebbe con la sua autorità».9 Io
poi, che spesso considero la sublimità del suo ingegno, riterrei offensivo per
lui l’essere costretto a fornire delle prove, quando il volgo dei pitagorici10 ne
esenta il proprio caposcuola. Ma non voglio divagare: la dottrina di Platone da
sempre me l’hanno raccomandata e la sua autorità e la ragione e l’esperienza,
25 sì che sono sicuro che non si può sostenere nulla di più vero e di più santo.11
Con l’aiuto di Dio, infatti, qualche volta sono riuscito a risorgere in modo tale
da vedere con straordinaria immensa dolcezza quello che in quel momento mi
faceva bene, e quello che in precedenza mi aveva danneggiato. E ora che, sotto
il mio peso, sono ricaduto nelle vecchie miserie,12 risento dentro di me il gusto
30 amarissimo di ciò che ancora una volta mi ha perduto.13 Ti dico questo, perché

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tu non ti stupisca se ho detto d’aver fatto esperienza di quelle affermazioni di
Platone.
A. Non mi stupisco affatto! Sono stato testimonio dei tuoi affanni, e ti ho visto
cadere e risorgere: ora, impietosito dalla tua ricaduta, ho deciso di aiutarti.
35 F. Ti ringrazio di un affetto così pieno di misericordia: invero, che aiuto mi può
ancora venire dagli uomini?
A. Nessuno, ma quello di Dio è grandissimo. Può essere continente14 solo colui al
quale Iddio l’ha concesso: occorre perciò chiedere a Lui, soprattutto con umiltà
e con abbondanti lacrime, questo dono. Di solito Egli non rifiuta ciò che Gli si
40 chiede nel modo giusto.
F. L’ho fatto tanto spesso che ho paura di averlo infastidito.
A. Non l’hai chiesto con sufficiente umiltà, con sufficiente modestia. Hai sempre
lasciato un piccolo spazio ai desideri futuri, hai sempre fissato un termine lontano
alle tue preghiere. È successo anche a me.15 Dicevo: «Concedimi d’essere
45 casto, ma non farlo subito, rimandalo ancora un poco. Fra non molto sarà il
momento giusto: l’età ancora verde segua il suo cammino, obbedisca alle sue
leggi. Sarebbe peggio tornare alle pratiche giovanili, e perciò sarà opportuno abbandonare
ogni lussuria quando il passare del tempo mi avrà reso meno adatto
a queste cose, e quando la sazietà dei piaceri avrà eliminato la paura di tornare
50 indietro». Non capisci che dicendo così vuoi altre cose, chiedi altre cose?16
F. Come?
A. Perché chi chiede per il domani, non vuole per l’oggi.
F. Ho chiesto spesso, piangendo, per il presente, e insieme ho sperato di ritrovarmi
salvo, rotti i lacci dei desideri e vinte le miserie della vita, come se scampassi a
55 nuoto in un porto riparato da tante tempeste17 di inutili affanni. Ma tu sai quante
volte ho poi fatto naufragio sugli stessi scogli, e quante volte ancora lo farei se
fossi abbandonato a me stesso.
A. Credimi, alla tua preghiera mancò sempre qualcosa, altrimenti il supremo Benefattore
l’avrebbe accolta, o, come fece con l’apostolo Paolo,18 l’avrebbe respinta
60 affinché tu perfezionassi la virtù attraverso l’esperienza della tua debolezza.
F. Penso che sia così, e pregherò tuttavia assiduamente e non mi stancherò, né
dispererò che l’Onnipotente impietosito dei miei travagli porga l’orecchio alle
mie preghiere quotidiane e renda giuste Egli stesso quelle che avrebbe esaudito,
se giuste fossero state.
65 A. Saggiamente. Ma aiutati da solo, e appoggiato sul gomito, come fanno quelli
che sono caduti, guarda tutt’intorno i mali che ti assalgono per evitare che le
membra prostrate non reggano l’urto improvviso di un qualsiasi peso, e intanto
non smettere di implorare aiuto da chi è in grado di dartelo. Egli ti sarà vicino,
forse proprio quando lo credi lontano. Ma abbi sempre e unicamente presente
70 che non devi trascurare la massima di Platone già ricordata: non c’è niente che
impedisca la conoscenza della divinità più degli appetiti carnali19 e dell’ardore
della libidine.20 Medita continuamente dentro di te su questa dottrina. Ecco il
nocciolo del mio consiglio.

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