3 - I grandi temi

Il Trecento – L'autore: Francesco Petrarca

3 I grandi temi

La passione dell’umanista

Uno degli elementi di maggiore modernità nella biografia e nel profilo intellettuale di Francesco Petrarca è senz’altro la componente umanistica. Il filologo tedesco Paul Oskar Kristeller (1905-1999) definisce il poeta «uomo centrale del Rinascimento, […] profeta e precursore di molte correnti […] ispirate e aiutate dal suo esempio, fama e autorità».

Il compito intellettuale che Petrarca assegna a sé stesso è quello della cosiddetta translatio, cioè il passaggio del sapere antico, greco e romano, nel mondo moderno e in particolare in quello cristiano. Questa operazione di recupero culturale consente un’apertura illimitata al patrimonio della sapienza classica, sentito come un modello di umanità e come una cultura capace di dialogare con tutte le civiltà.
La conoscenza degli autori antichi non si riduce quindi a una semplice riscoperta storica: Petrarca si riconosce nelle domande, nei dubbi e nelle aspirazioni dei grandi poeti classici, nei quali può ritrovare, per così dire, uno specchio attraverso cui conoscere meglio la sua identità. Proprio in virtù di questa continuità dell’esperienza umana il presente «può e deve tornare al passato, e trasformarne il sapere in possesso per sempre» (Fenzi): da ciò si spiega quel sentimento di profonda intimità che può legare l’intellettuale umanista moderno a quello antico, all’interno di un colloquio fecondo e ininterrotto.

Tuttavia, affinché ciò sia possibile, è necessario che le opere classiche siano lette nella forma il più possibile vicina a quella originale. Sappiamo che per tutto il Medioevo i testi letterari, filosofici e scientifici dell’antichità erano stati tramandati attraverso manoscritti più volte copiati e ricopiati. Riprodotti manualmente dai monaci da una copia all’altra, spesso i testi originari erano stati corrotti, cioè contenevano errori di trascrizione talvolta così importanti da stravolgere il significato originario. Petrarca si preoccupa proprio di ristabilire la precisione testuale, con rigore filologico. Il poeta lavora con questo intento alle Decadi di Tito Livio, e la sua può essere considerata una sorta di edizione critica ante litteram, cioè un tentativo di ricostruzione scientifica del testo originale di un’opera.

Inoltre, Petrarca è un instancabile “cercatore” di testi, poiché uno dei suoi scopi è ritrovare le opere della cui esistenza aveva notizia da altre fonti, ma che nel corso dei secoli, specialmente durante l’Alto Medioevo, erano andate perdute. Da qui i numerosi viaggi, favoriti dagli incarichi diplomatici, alla volta delle biblioteche conventuali di tutta Europa e la sua fitta corrispondenza con altri letterati suoi contemporanei, ai quali chiede aiuto in questa impresa ardua ma assai stimolante, come è testimoniato dalla lettera all’amico Giovanni dell’Incisa, cui chiede di cercare per lui opere negli scaffali dei monasteri (► T1, p. 376).

Petrarca aveva ricevuto il primo manoscritto in dono dal padre, quando era ragazzo; alla fine della sua vita, i volumi da lui collezionati costituiscono la biblioteca privata più ricca d’Europa. Molti codici li ha acquistati, altri li ha fatti copiare egli stesso, altri ancora gli sono stati donati. Tra i libri presenti in questa straordinaria collezione vi sono quelli di autori greci, che egli legge però in traduzione poiché non ne conosce la lingua, testi latini di epoca sia classica sia medievale, e volumi in volgare. Tra i nomi più rappresentati, Omero, Virgilio, Cicerone, Orazio, Livio, Seneca, Agostino.
La cultura classica è dunque vitale per Petrarca: egli considera i grandi autori quasi come degli amici autorevoli ai quali affidarsi, personaggi con cui confrontarsi per misurare le proprie scelte, imprescindibili punti di riferimento culturale.

Al cuore della letteratura - volume 1
Al cuore della letteratura - volume 1
Dalle origini al Trecento