La laurea di Petrarca
8 aprile 1341: la solenne cerimonia di consegna
della corona d’alloro
Roma, 8 aprile 1341, domenica di Pasqua. In Campidoglio, alla presenza dei nobili più in vista e di una folla di comuni cittadini, in una soleggiata giornata di primavera, Orso dell’Anguillara, senatore e amico del poeta, conferisce a Petrarca, su incarico di re Roberto d’Angiò, la laureatio, cioè la laurea.
Come si svolge la cerimonia? Squilli di tromba, un breve saluto da parte di Orso, poi l’Ave Maria. Petrarca indossa uno splendido mantello rosso trapuntato d’oro, che gli è stato donato da re Roberto d’Angiò al termine dell’esame che il poeta ha sostenuto a Napoli, prima di recarsi a Roma. La laurea consiste nell’imposizione sul capo del laureando di una corona d’alloro. Prima di riceverla, però, Petrarca declama in latino una vera e propria lezione, tenuta per dimostrare di essere degno del nome di maestro. Infatti, ricevendo l’ambita corona, Petrarca ottiene il titolo di magister, cioè di “professore”, e acquisisce anche il diritto di conferire ad altri la stessa onorificenza.
«La fragranza della buona fama
e della gloria»
Il discorso, che ci è stato tramandato dall’autore stesso, è un testo estremamente significativo, poiché rappresenta una sorta di manifesto dell’Umanesimo europeo. In esso Petrarca ringrazia i suoi protettori, primo fra tutti Roberto d’Angiò, e il popolo romano. Subito dopo celebra la bellezza e la grandezza della poesia ricorrendo a una serie di dotte citazioni, che testimoniano la sua sicura padronanza della letteratura latina. Petrarca spiega perché l’alloro è stato scelto, sin dall’antichità, per incoronare i poeti. A tale proposito egli sottolinea il profumo di questa pianta, «a designare la fragranza della buona fama e della gloria». L’alloro «dà anche ombra e di conseguenza riposo a coloro che sono affaticati», come appunto fa la poesia. Infine l’alloro è un albero sempreverde, e questa caratteristica allude all’immortalità della grande letteratura e dei suoi autori.
Al termine del discorso, per antica consuetudine, ai cittadini romani presenti alla cerimonia viene richiesto l’assenso, che essi esprimono attraverso un grido unanime: sic! (avverbio latino che significa “così sia”, “sta bene”, e da cui deriva il nostro avverbio di affermazione “sì”).
Un riconoscimento fonte
di invidie
Petrarca quel giorno ha trentasette anni. La laurea rappresenta il raggiungimento di un sogno vagheggiato da tempo, tuttavia essa sarà anche all’origine di invidie e cattiverie ai suoi danni. Così il poeta scriverà a Boccaccio nel 1373: «Anche la laurea penso poi di averla ottenuta ancora troppo giovane d’età e d’animo, composta di fronde immature: se io fossi stato più maturo non l’avrei desiderata per nulla. Difatti così come i vecchi amano le cose utili, i giovani sono desiderosi di quelle straordinarie e non ne vedono il fine. Cosa credi, quell’alloro non mi ha dato né scienza né eloquenza, piuttosto mi ha portato un’infinità d’invidia e mi ha tolto la tranquillità: ho così pagato la pena di una gloria vana e della giovanile audacia» (Seniles, XVII, 2). Nell’epistola Posteritati ribadirà: «Questa mia incoronazione non mi arricchì di sapienza; mi attirò invece una grandissima invidia».