Al cuore della letteratura - volume 1

Le origini e il Duecento – L'opera: Divina Commedia

 T17 

Marco Lombardo

Purgatorio, XVI, 97-129


Marco Lombardo, un uomo di corte vissuto nella seconda metà del Duecento nell’Italia settentrionale, spiegando a Dante come agisca il libero arbitrio dell’uomo (cioè la possibilità che ciascun essere umano possiede di scegliere il bene o il male) individua la responsabilità della corruzione sociale e civile nella debolezza dell’Impero. Tuttavia egli attribuisce di fatto la colpa di tale debolezza all’autorità papale, che, con ingerenza soffocante, ha spento l’autorità imperiale. La causa della corruzione che lacera la società civile è dunque individuata con precisione nella degenerazione del Papato, che, dichiarata ingiustamente e illegittimamente la vacatio imperii (cioè l’assenza di un impero legittimo), ha avocato a sé gli uffici propri del potere imperiale.
Alla corruzione del presente, Marco Lombardo contrappone il tempo in cui soleva Roma, che ’l buon mondo feo, / due soli aver, che l’una e l’altra strada / facean vedere, e del mondo e di Deo (vv. 106-108). Dante supera così la metafora consueta che indicava il Papato con il sole e l’Impero con la luna, cioè con un astro minore rispetto al primo. Ora egli approda alla nuova metafora dei due soli, due guide che devono condurre l’umanità su due diverse strade: e del mondo e di Deo ( ► T4, p. 243).

         «[…]
         Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
         Nullo, però che ’l pastor che procede,
99    rugumar può, ma non ha l’unghie fesse;

         per che la gente, che sua guida vede
         pur a quel ben fedire ond’ella è ghiotta,
102  di quel si pasce, e più oltre non chiede.

         Ben puoi veder che la mala condotta
         è la cagion che ’l mondo ha fatto reo,
105  e non natura che ’n voi sia corrotta.

         Soleva Roma, che ’l buon mondo feo,
         due soli aver, che l’una e l’altra strada
108  facean vedere, e del mondo e di Deo.

 >> pag. 311 

         L’un l’altro ha spento; ed è giunta la spada
         col pasturale, e l’un con l’altro insieme
111  per viva forza mal convien che vada;

         però che, giunti, l’un l’altro non teme:
         se non mi credi, pon mente a la spiga,
114  ch’ogn’erba si conosce per lo seme.

         In sul paese ch’Adice e Po riga,
         solea valore e cortesia trovarsi,
117  prima che Federigo avesse briga;

         or può sicuramente indi passarsi
         per qualunque lasciasse, per vergogna,
120  di ragionar coi buoni o d’appressarsi.

         Ben v’èn tre vecchi ancora in cui rampogna
         l’antica età la nova, e par lor tardo
123  che Dio a miglior vita li ripogna:

         Currado da Palazzo e ’l buon Gherardo
         e Guido da Castel, che mei si noma,
126  francescamente, il semplice Lombardo.

         Dì oggimai che la Chiesa di Roma,
         per confondere in sé due reggimenti,
129  cade nel fango, e sé brutta e la soma».

Al cuore della letteratura - volume 1
Al cuore della letteratura - volume 1
Dalle origini al Trecento