Al cuore della letteratura - volume 1

Le origini e il Duecento – L'opera: Divina Commedia

L’Inferno

La discesa nell’Inferno mette Dante nella condizione di vedere quale sia il destino dei peccatori, che egli incontra suddivisi in nove cerchi concentrici, sempre più piccoli: l’Inferno si presenta, infatti, come un cono rovesciato, formato dalla Terra stessa per evitare il contatto con Lucifero, un tempo il più caro a Dio tra gli angeli, il quale, macchiatosi del peccato di superbia, fu scaraventato nel centro del pianeta, dove rimase conficcato all’altezza della vita.

I cerchi dell’Inferno sono popolati dalle anime dei peccatori, che scontano una pena comminata sulla base della legge del contrappasso ► , per la quale esse subiscono un tormento che – per antitesi o per analogia – richiama il peccato compiuto.
Tuttavia le pene infernali non sono di tipo soltanto materiale, bensì anche morale: privati della grazia del pentimento, i dannati persistono nelle passioni malvagie che in vita li hanno corrotti e che, eternamente insoddisfatte, diventano a loro volta fonte di rabbia e angoscia. La gravità dei peccati aumenta a mano a mano che ci si avvicina al centro della Terra, e ci si allontana, quindi, dal cielo.


la parola

Contrappasso
Il termine – dal latino medievale contrapassum, composto di contra (“contro”) e pati (“soffrire”), participio passato passus («contrapasso», Inferno, XXVIII, 142) – indica la corrispondenza della pena alla colpa, per cui viene inflitto al peccatore un supplizio che ha a che fare, per contrasto o per analogia, con il peccato da lui commesso. Così la punizione riproduce i caratteri essenziali della colpa o alcuni di essi.
Un esempio di contrappasso per contrasto è rappresentato dalla pena a cui sono sottoposti gli ignavi (Inferno, III): in vita non hanno saputo scegliere da che parte stare, ora sono costretti a correre dietro a stendardi (simbolo di un partito o di un’idea), tormentati da vespe e mosconi. Contrappasso per analogia è invece quello dei lussuriosi (Inferno, V): come in vita sono stati travolti dalla passione amorosa, adesso vengono sballottati qua e là da una tempesta che non si arresta mai.

La visita dei gironi infernali colpisce nel profondo Dante, che si trova spesso nella condizione di excessus mentis (cioè del venir meno della coscienza, per esempio attraverso gli svenimenti): da una parte perché l’esperienza vissuta dal personaggio è davvero sconvolgente, dall’altra perché l’autore ha talvolta bisogno di una sorta di effetto speciale di tipo narrativo per passare da un cerchio all’altro.

Dopo una zona chiamata comunemente dai commentatori “vestibolo” o Antinferno, dove sono puniti gli ignavi (vale a dire i pusillanimi, condannati a correre incessantemente dietro a uno stendardo e a essere martoriati da vespe e mosconi), troviamo il fiume Acheronte, presso le cui sponde si raccolgono tutte le anime dannate che poi il demonio Caronte (il nocchiero infernale) trasporta su una barca da una riva all’altra.
Il primo cerchio è costituito dal Limbo, dove sono le anime dei bambini morti prima di avere ricevuto il battesimo e di coloro che, virtuosi, vissero prima della venuta di Cristo (eccetto gli antichi del “popolo eletto” che credettero nella venuta del Messia, liberati dal Limbo da Gesù dopo la sua resurrezione con la discesa agli Inferi). Una particolare categoria di abitanti del Limbo è costituita dai grandi dell’antichità (scrittori, filosofi ed eroi), ospitati in un castello sfolgorante di luce: da qui proviene Virgilio, la guida di Dante. La pena del Limbo non è di tipo materiale, ma puramente morale: il desiderio (senza speranza di realizzazione) di vedere Dio.
Dopo il Limbo ha inizio l’Inferno vero e proprio, diviso in due parti. Nella prima (cerchi 2-5), detta alto Inferno, sono puniti i peccati di incontinenza cioè l’incapacità di dominare le passioni (meno gravi); nella seconda (cerchi 6-9), detta basso Inferno, sono puniti i peccati di malizia, cioè di malvagità (più gravi). L’alto e il basso Inferno sono separati dalle mura della città di Dite.

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Nel secondo cerchio, guardato da Minosse (che esamina e giudica le colpe di tutti i peccatori), sono condannati i lussuriosi, battuti e travolti da una tremenda bufera.
Nel terzo cerchio, sotto una lurida pioggia mista di acqua e fango, sono puniti i golosi, sorvegliati e straziati da Cerbero, mostro dalle tre teste.
Nel quarto cerchio, guardato da Plutone (il dio pagano della ricchezza, qui un demone), stanno gli avari e i prodighi, costretti a spingere con il petto enormi massi e a insultarsi continuamente a vicenda.
Il quinto cerchio è costituito dalla palude Stigia, dove gli iracondi e gli accidiosi, immersi nel fango, si straziano crudelmente tra di loro, gorgogliando parole di dolore che fanno ribollire l’acqua in superficie. Il traghettatore Flegias vigila dall’alto della sua navicella.
Nel sesto cerchio (e siamo così nel basso Inferno), dentro le mura della città di Dite sorvegliate dalle Furie, sono puniti gli eretici, posti in tombe infuocate.
Nel settimo cerchio, guardati dal Minotauro, stanno i violenti, distribuiti in tre gironi: 1) violenti contro il prossimo e le sue sostanze (tiranni, omicidi, predoni), immersi nel sangue bollente del Flegetonte e colpiti con saette dai centauri; 2) violenti contro sé stessi e le proprie sostanze (suicidi e scialacquatori), i primi trasformati nelle piante di una selva, i secondi costretti a correre attraverso di essa inseguiti da cagne fameliche; 3) violenti contro Dio (bestemmiatori), natura (sodomiti) e arte (usurai), condannati a un deserto su cui si riversa una pioggia di fuoco.
Nell’ ottavo cerchio (Malebolge), diviso in dieci bolge, con a guardia il mostro Gerione, simbolo dell’inganno, sono condannate dieci specie di fraudolenti: 1) ruffiani e seduttori: sferzati da demoni; 2) adulatori: tuffati nel letame; 3) simoniaci (coloro che hanno fatto commercio delle cose sacre): conficcati a terra con la testa all’ingiù e con le piante dei piedi bruciate da fiamme; 4) indovini: con il volto girato dalla parte della schiena; 5) barattieri (coloro che si sono arricchiti illecitamente in virtù degli incarichi pubblici ricoperti): immersi nella pece bollente e uncinati da diavoli; 6) ipocriti: gravati da pesantissime cappe di piombo dorate e costretti a camminare lentissimamente; 7) ladri: continuamente trasformati in serpenti e altri esseri mostruosi; 8) consiglieri fraudolenti: avvolti da fiamme; 9) seminatori di scandali e scismi: straziati da un demonio a colpi di spada; 10) falsari: lebbrosi, rabbiosi, idropici (malati di idropisia), febbricitanti.
Nel nono e ultimo cerchio, formato da un lago (il Cocito) ghiacciato dal vento freddo prodotto dall’agitarsi delle ali di Lucifero, sono puniti i traditori, divisi in quattro zone concentriche che prendono il nome da personaggi dell’antichità tristemente famosi: 1) Caina (da Caino, assassino del fratello Abele): traditori dei parenti; 2) Antenora (da Antenore, l’eroe troiano che, secondo una leggenda medievale, avrebbe consegnato ai greci il Palladio, la statua di Atena che garantiva protezione alla città): traditori della patria; 3) Tolomea (da Tolomeo di Gerico, personaggio biblico che uccise alcuni parenti durante un banchetto; secondo altri, da Tolomeo re d’Egitto, che fece assassinare Pompeo, rifugiatosi presso di lui per sfuggire a Cesare): traditori degli ospiti; 4) Giudecca (da Giuda, il traditore di Cristo): traditori dei benefattori.
Confitto al centro è Lucifero, con tre facce; ognuna delle sue orribili bocche stritola e maciulla con i denti un traditore: Giuda (traditore di Cristo), Bruto e Cassio (traditori di Cesare, simbolo dell’autorità imperiale).

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Dalle origini al Trecento