1 - La vita

Le origini e il Duecento – L'autore: Dante Alighieri

1 La vita

La prima giovinezza, Beatrice e lo Stilnovo

Appartenente a una famiglia di piccola nobiltà e di modeste risorse economiche, Dante (il nome è forma accorciata, familiare, di Durante) nasce a Firenze, probabilmente alla fine di maggio del 1265, da Alighiero degli Alighieri e da Bella degli Abati.
Rimasto orfano della madre all’età di sei anni, trascorre la fanciullezza nella città toscana, dove apprende i primi rudimenti del latino e studia grammatica, quindi filosofia, probabilmente presso le scuole degli ordini mendicanti (lo Studio domenicano di Santa Maria Novella e soprattutto lo Studio francescano di Santa Croce, ma anche quello agostiniano di Santo Spirito). Il padre muore quando Dante ha diciassette anni, e per un periodo il giovane deve occuparsi degli affari di famiglia.

Intorno ai diciotto anni egli manifesta i primi segni della vocazione letteraria, iniziando a scambiare poesie con i maggiori poeti del suo tempo. A parte alcune prove minori, scrive versi amorosi per una donna di nome Beatrice, identificabile con Bice di Folco Portinari, sposata a Simone de’ Bardi e morta nel 1290, a cui dedicherà in seguito la Vita nuova (1292-1293 o 1294), il suo capolavoro giovanile.
Gli anni dell’amore per Beatrice e della stesura della Vita nuova corrispondono alla partecipazione di Dante al movimento stilnovista. Nell’ambito di questa corrente, il poeta segue soprattutto, come modello, Guido Cavalcanti, l’autore più in vista e di maggiore richiamo.

A vent’anni Dante sposa Gemma Donati; dal matrimonio nasceranno tre figli: Pietro e Iacopo, che saranno tra i primi commentatori della Divina Commedia, e Antonia, che si farà monaca a Ravenna con il nome di suor Beatrice. Fra il 1286 e il 1287 soggiorna a Bologna.

L’impegno politico

Per qualche anno dopo la scomparsa di Beatrice, Dante continua a coltivare i propri interessi letterari, lasciando emergere la propensione a sperimentare un linguaggio poetico diverso da quello della Vita nuova: così accade nelle rime cosiddette “petrose”, ispirate da una donna dura e insensibile come la pietra.

Nel 1289 Dante prende parte alla battaglia di Campaldino contro i ghibellini di Arezzo (poi vinta dai guelfi fiorentini), combattendo nella prima schiera dei cavalieri (se ne ricorderà nel canto V del Purgatorio, nell’episodio dell’incontro con Bonconte da Montefeltro).

Fra il 1295 e il 1304 si impegna attivamente nella realtà politica di Firenze. Nel quadro degli aspri scontri sociali tra l’antica nobiltà in declino e la nuova borghesia in ascesa, gli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella (1293) avevano stabilito un espresso divieto per i nobili di assumere cariche pubbliche. Nel 1295 gli Ordinamenti vengono mitigati, rendendo possibile l’accesso alla politica attiva anche agli aristocratici, a patto che si iscrivano a una delle Arti cittadine.
È a questo scopo che Dante – il quale aveva frequentato Brunetto Latini, suo maestro, notaio e cancelliere del Comune, condividendone la passione politica – si iscrive alla corporazione ► dei medici e speziali (cioè dei farmacisti), pur non avendo alcuna specifica competenza in tale campo (ma l’iscrizione era un semplice atto formale e allora esisteva una certa affinità tra gli studi di medicina e quelli di filosofia).

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Per Firenze questi sono anni sconvolti dalla rivalità che divide le fazioni dei guelfi bianchi e dei guelfi neri, sostenute rispettivamente dalla famiglia dei Cerchi e da quella dei Donati. Tale divisione risaliva al periodo in cui i guelfi si erano affermati a Firenze sui ghibellini: mentre i bianchi tenevano molto all’indipendenza della città, i neri non esitarono a cercare l’appoggio del papa pur di ottenerne il controllo totale.

Dopo avere ricoperto vari incarichi, Dante viene eletto tra i priori (i rappresentanti delle corporazioni, che costituiscono la più importante magistratura cittadina) per il bimestre dal 15 giugno al 15 agosto 1300. La magistratura del priorato ha una durata così breve perché, nell’incerta, debole e precaria democrazia fiorentina, questa misura è ritenuta efficace per contrastare le tentazioni autoritarie.
In questo ruolo Dante cerca di comportarsi in modo imparziale: per ottenere la pacificazione della vita politica cittadina, manda in esilio i capi principali delle due fazioni. Tra loro c’è anche l’amico Guido Cavalcanti, di parte bianca, che durante l’esilio in Lunigiana si ammala di malaria e ne morirà poco dopo il suo ritorno a Firenze.

Nel 1301 le pesanti ingerenze di papa Bonifacio VIII nella politica di Firenze inducono Dante a schierarsi con i bianchi, superando così la posizione di neutralità mantenuta fino ad allora. Nello stesso anno il poeta viene inviato a Roma presso il pontefice con l’incarico di scongiurare un grave pericolo per l’autonomia del Comune: l’arrivo di Carlo di Valois, fratello del re di Francia e legato papale. Ufficialmente questi ha il compito di mettere pace tra le fazioni in lotta, ma il suo vero scopo è quello di favorire la vittoria dei neri e aprire così la via alla totale soggezione della Toscana agli interessi della Chiesa.
Carlo di Valois riuscirà però a raggiungere il suo obiettivo, richiamando in patria i capi della parte nera dall’esilio e consegnando a loro il governo del Comune.

cronache dal passato

La moglie di Dante

Una figura poco conosciuta, non celebrata, che rimane avvolta nell’ombra


Dante ha passato la vita a cantare Beatrice. Chissà che cosa ne pensa la moglie, Gemma Donati… Il loro matrimonio è privo di qualsiasi riflesso nell’opera dantesca. In realtà si tratta di un matrimonio celebrato per decisione delle rispettive famiglie – come avveniva spesso a quei tempi presso i ceti sociali medio-alti, che vedevano nel connubio nuziale più un affare economico che non il libero coronamento dei sentimenti –, le quali lo hanno stabilito già nel 1277, quando Dante ha dodici anni.


Una ricostruzione suggestiva
Che tipo di donna è Gemma? Com’è il suo rapporto con il marito? Accetta o mal sopporta la presenza di una rivale come Beatrice? Una ricostruzione della vita familiare di Dante è proposta da uno sceneggiato del 1965, prodotto dalla Rai in occasione del settecentesimo anniversario della nascita del poeta, Vita di Dante, per la regia di Vittorio Cottafavi.
Gemma, impersonata dall’attrice Ileana Ghione, vi appare come una presenza docile e discreta al fianco del marito Dante, nel cui ruolo troviamo l’attore teatrale Giorgio Albertazzi, in altre occasioni fine dicitore dei canti della Divina Commedia. Il poeta non la gratifica mai del benché minimo gesto di affetto o tenerezza: lei si aggira per la casa, servendo i pasti al marito tutto assorbito nella lettura o nella scrittura, e accudisce i figli.


L’ipotesi di Boccaccio
Si tratta di una libera interpretazione. Non sappiamo se il rapporto tra Dante e Gemma sia stato tale o se invece sia stato caratterizzato da un maggiore affetto e da una migliore comunicazione.
Alcuni biografi ipotizzano che le incomprensioni nel rapporto si siano acuite durante l’esilio di Dante, fino a portare alla rottura. Secondo Giovanni Boccaccio i due sposi, una volta allontanatosi Dante da Firenze, non si sono mai più riuniti.

Al cuore della letteratura - volume 1
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Dalle origini al Trecento