I sorprendenti “capricci” del Manierismo

I sorprendenti “capricci” del Manierismo

Gli artisti abbandonano le norme classiche per una libertà espressiva che raggiunge esiti sorprendenti

Il clima di inquietudine e incertezza che si diffonde nel corso del Cinquecento si riflette anche in campo artistico. Intorno al 1520, anno della morte di Raffaello, si apre una nuova fase nella storia dell’arte, che viene chiamata Manierismo perché gli artisti si ispirano alla “bella maniera” (cioè allo stile perfetto) dei tre grandi del Rinascimento: Leonardo, Michelangelo e Raffaello. A differenza di questi ultimi, però, non perseguono più l’ideale di armonia rinascimentale, ma elaborano soluzioni che esprimono il senso di smarrimento dominante: i colori si fanno innaturali e aciduli, le pose sempre più contorte e complesse, le espressioni esasperate, le proporzioni deformate e le forme allungate all’inverosimile. Il Manierismo tende a stupire anche nell’architettura e nelle arti minori, con meravigliosi artifici spesso ispirati al mondo della natura, e con l’uso elaborato di materiali preziosi, che preludono agli artifici del Barocco, lo stile del Seicento Il Manierismo si diffonde in Italia e in Europa grazie alla sempre più frequente mobilità degli artisti, invitati da una corte all’altra: tra questi, Rosso Fiorentino e Benvenuto Cellini, che lavorano in Francia da Francesco I.

Un’arte che vuole stupire

La bizzarria e il capriccio sono concetti fondamentali del Manierismo, che cerca di suscitare la meraviglia dell’osservatore con forme insolite e associazioni di elementi ai limiti del paradosso. Alcuni artisti danno prova di grande virtuosismo, ossia sfoggiano talento tecnico e invenzioni straordinarie. Il caso del milanese Giuseppe Arcimboldo è esemplare: attivo alla corte di Rodolfo II a Praga, sfrutta le forme più svariate di pesci, frutta, ortaggi per comporre volti umani al limite del grottesco.

Arte Attiva 
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