Nel Cinquecento lavorano tre artisti che sono considerati le figure-chiave del Rinascimento maturo e tra i più grandi geni di ogni tempo: Leonardo da Vinci (1452-1519), Michelangelo Buonarroti (1475-1564) e Raffaello Sanzio (1483-1520). Nelle loro opere la ricerca rinascimentale di armoniose proporzioni raggiunge vertici che non saranno più eguagliati, grazie a forme sempre più perfette e grandiose. Queste tre figure hanno personalità molto differenti tra loro e concezioni artistiche diverse, ma sarebbe un errore studiarle separatamente dimenticando che in realtà lavorano negli stessi anni e negli stessi luoghi, osservandosi e influenzandosi a vicenda. In particolare, si trovano tutti e tre a Firenze agli inizi del secolo, nel 1504, quando il giovane Raffaello giunge in città e conosce le opere dei due artisti più anziani. In seguito Leonardo si trasferirà in Francia, mentre Raffaello e Michelangelo si ritroveranno a Roma, al servizio di papa Giulio II.
I tre grandi del Rinascimento
I tre grandi del Rinascimento
Leonardo, Michelangelo e Raffaello sono gli artisti di riferimento per l’arte di tutto il secolo
Leonardo: l’importanza dell’esperienza
Nato a Vinci nel 1452, Leonardo si forma nella bottega dell’artista fiorentino Verrocchio. Dopo aver lavorato a Firenze e poi a Milano alla corte di Ludovico il Moro, Leonardo torna a Firenze agli inizi del Cinquecento, quando ormai è un artista affermato. Dopo vari viaggi per l’Italia, viene infine accolto in Francia dal re Francesco I, e vi resta fino alla morte, avvenuta nel 1519 nel castello di Amboise. Pittore, scultore, architetto, ma anche filosofo, musico e poeta, Leonardo incarna l’ideale del genio eclettico, versatile, che esplora ogni campo della conoscenza umana, e lo fa basandosi sull’osservazione diretta e grazie allo strumento privilegiato del disegno, come vedrai nelle prossime pagine. Anche nella pittura, considerata superiore alle altre discipline, Leonardo si basa sull’esperienza: studiando le impressioni visive ottenute nell’osservare un paesaggio reale in lontananza, elabora la prospettiva aerea, un nuovo metodo per conferire profondità allo spazio. Nei suoi bellissimi ritratti, Leonardo mostra inoltre una nuova e particolare attitudine a interpretare gli stati d’animo dei personaggi.
Michelangelo: la tensione della forma
Michelangelo Buonarroti, nato vicino ad Arezzo nel 1475, si forma nella bottega di Domenico Ghirlandaio, a Firenze, e presto si avvicina alla corte di Lorenzo il Magnifico. Lavora a lungo tra Firenze e Roma, prima di trasferirsi definitivamente, nel 1543, nella città papale, dove morirà nel 1564. Scultore, pittore, architetto e poeta, Michelangelo ha una personalità solitaria e un carattere tormentato, che si coglie anche nella sua concezione della scultura, disciplina da lui considerata superiore alle altre. Come vedrai osservando i Prigioni (vedi a pagina 235), Michelangelolavora facendo emergere progressivamente la figura scolpita dal blocco di marmo, quasi a sottolineare la fatica della forma a liberarsi dal peso della materia. Anche le pose complesse e le torsioni dei corpi suggeriscono nelle sue sculture una tensione continua. La superiorità che Michelangelo attribuisce alla scultura emerge anche nei suoi dipinti: nel Tondo Doni (vedi alle pagine 236-237) e nella Cappella Sistina le figure dipinte sembrano statue, tanto sono plasticamente definite.
Raffaello: la grazia
Raffaello Sanzio, il più giovane dei tre artisti (e l’unico a scomparire precocemente, all’età di 37 anni), nasce a Urbino, capitale del ducato dei Montefeltro, e si forma nella bottega del pittore umbro Perugino. A Urbino Raffaello può osservare le chiare prospettive di Piero della Francesca (vedi a pagina 210), mentre da Perugino apprende la grazia e la dolcezza delle forme. Trasferitosi a Firenze e poi a Roma, Raffaello sarà influenzato dai colori sfumati di Leonardo e dalla pittura monumentale di Michelangelo, ma saprà elaborare un suo stile originale e autonomo, ispirato ai valori della classicità. La sua pittura è la massima espressione degli ideali di grazia ed equilibrio del pieno Rinascimento.
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