CAPITOLO 8 – Il tramonto dei poteri universali

SEZIONE B – LA TRANSIZIONE ALLA MODERNITÀ

CAPITOLO 8 – IL TRAMONTO DEI POTERI UNIVERSALI

1. LA CRISI DEI POTERI UNIVERSALI

Un altro importante fattore di cambiamento nel Trecento fu il logoramento e il declino dei due poteri universali, il papato e l’Impero (⇒ C2.1).

IL PAPATO...

La Chiesa cercò di consolidare il suo ruolo politico in Europa. Interessata a rafforzare il suo  potere temporale usò l’Inquisizione e l’accusa di eresia come armi potenti con cui colpire gli avversari politici e riaffermare la propria potenza.

Ma l’ambizione della Chiesa di essere una forte guida politica in Europa allontanò sempre di più i fedeli e soprattutto la portò a uno scontro con le grandi monarchie nazionali, in particolare con la Francia. Scontro dal quale la Chiesa uscirà indebolita.

... E L’IMPERO

Per oltre 20 anni dopo la morte di Federico II (1250) (⇒ C4.5) ci fu un vuoto di potere che favorì le spinte autonomistiche dei poteri locali, dei principati tedeschi e dei comuni italiani. Perduti la Sicilia e il Mezzogiorno, e con un dominio solo formale sull’Italia centro-settentrionale, l’imperatore aveva grandi difficoltà anche in Germania perché:

  • disponeva di un apparato amministrativo debole e non sempre fedele;
  • non possedeva una forza militare statale e stabile, ma solo quella personale;
  • aveva entrate fiscali ridotte, che limitavano le sue capacità militari e quindi la possibilità di far valere il proprio dominio;
  • doveva mediare costantemente le sue scelte con i poteri locali.

Inoltre mentre l’Impero affrontava queste difficoltà, le monarchie nazionali si andavano organizzando e diventavano sempre più forti.

2. IL DECLINO DEL PAPATO

LO SCONTRO tra il papato e LA MONARCHIA FRANCESE

L’elezione di papa Celestino V (1294), un eremita animato da ideali francescani di povertà, fece crescere le attese di un rinnovamento spirituale nella Chiesa e di un ritorno al modello evangelico. Ma dopo pochi mesi Celestino V fu costretto a ritirarsi per via della dura opposizione della gerarchia ecclesiastica, che non voleva perdere i suoi privilegi.

Divenne allora papa Bonifacio VIII, che era un convinto sostenitore del potere temporale della Chiesa e che credeva nella supremazia del papa su ogni altra autorità politica. Queste sue posizioni finirono per farlo scontrare con il re di Francia, Filippo IV il Bello (⇒ C3.2), salito al trono nel 1295. Il re francese aveva iniziato un percorso di rafforzamento della monarchia e non era più disposto a consentire al papa di intervenire nelle questioni politiche interne al proprio regno.

Lo scontro si accese quando il re volle processare un vescovo in un tribunale regio anziché in quello riservato ai religiosi.

Bonifacio VIII minacciò la scomunica, ma questa volta il re non si fece intimidire e contrattaccò accusando il pontefice di simonìa e facendolo dichiarare eretico dai cardinali francesi. Deciso a sottoporre il papa a giudizio, nel 1303, il re inviò a Roma degli emissari con un piccolo esercito. I francesi assediarono il papa ad Anagni (feudo della sua famiglia) e lo catturarono, con l’intenzione di portarlo a Parigi. Bonifacio venne liberato dagli abitanti di Anagni, ma morì poco dopo.

LA “CATTIVITà AVIGNONESE”

La dimostrazione di forza di Filippo IV gli consentì di condizionare le successive elezioni del papa. Nel 1305, infatti, i cardinali elessero papa un vescovo francese che prese il nome di Clemente V, che nel 1309 decise di spostare la sede papale ad Avignone in Provenza. Da questo momento fino al 1377 i papi risiedettero ad Avignone e furono sempre scelti fra i cardinali francesi: la Chiesa ormai era sotto il controllo della monarchia francese. Un periodo che viene infatti chiamato “▶ cattività avignonese”.

La corte papale

Sotto il controllo della corona francese, la corte papale si preoccupò essenzialmente di organizzare un efficiente sistema amministrativo e un’articolata struttura finanziaria in grado di far affluire continue entrate nelle sue casse. Proseguì il processo di accentramento dei poteri nella figura del pontefice, che si attribuì la scelta diretta di tutte le nomine più importanti. La Chiesa si trasformò così in una monarchia con una propria potente organizzazione burocratica guidata dalla  curia.

Inoltre in questo periodo, per mantenere lo sfarzo della corte avignonese, la Chiesa accrebbe le richieste di contributi e di ogni forma di entrata, dalla vendita di indulgenze e delle cariche ecclesiastiche alle  decime.

3. DALLO SCISMA AL CONCILIO

LO SCISMA D’OCCIDENTE

Nel 1377 papa Gregorio XI spostò di nuovo la sede pontificia a Roma, ponendo di fatto fine al periodo avignonese. Alla sua morte i cardinali scelsero, nel 1378, l’arcivescovo di Bari, il napoletano Urbano VI, ma i cardinali francesi dichiararono non valida l’elezione e nominarono un  antipapa, Clemente VII, che si stabilì nuovamente ad Avignone.

Spesso è identificato come usurpatore.

Iniziava così lo scisma d’Occidente, che per circa quarant’anni divise la Chiesa. Dal 1378 al 1417 vi furono infatti costantemente due papi, uno a Roma e l’altro ad Avignone e al fianco delle due sedi si posero subito due opposti schieramenti:

  • da una parte, fedeli alla sede avignonese, c’erano i regni di Spagna (Castiglia, Navarra e Aragona), il Regno di Napoli, la Scozia e, ovviamente, la Francia;
  • dall’altra, fedeli alla sede romana, si schierarono l’Inghilterra, il Portogallo, la Germania e il resto della cristianità.

LA FINE DELLO SCISMA

Per cercare una soluzione alla frattura nella cristianità fu convocato nel 1409 un concilio a Pisa, che depose entrambi i pontefici ed elesse un nuovo papa: ma nessuno degli altri due papi riconobbe le decisioni prese dal concilio, per cui ci si trovò con tre papi contemporaneamente.

Un nuovo concilio, voluto dall’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, fu convocato nel 1414 a Costanza (in Germania). In questa assemblea, seguendo le tesi del conciliarismo, fu stabilita l’obbedienza di tutti, anche del papa, ai decreti del concilio, al quale spettava dettare le regole e vigilare sulla correttezza dell’azione papale. Si pose così fine allo scisma.

Nel 1417 i tre papi furono deposti e venne eletto Martino V, che ristabilì a Roma l’unica sede pontificia.

IL CONCILIARISMO

Gli studiosi di teologia e di diritto canonico dell’epoca cercarono una soluzione per questa lacerazione della Chiesa. Si definì così la cosiddetta tesi conciliarista.
I suoi sostenitori affermavano che l’autorità all’interno della Chiesa non spettava al papa, vescovo di Roma, ma all’organismo che meglio rappresentava l’universalità dei cristiani, cioè il concilio ecumenico.

4. MOVIMENTI DI RIFORMA E CHIESE NAZIONALI

WYCLIF E JAN HUS E L’AFFERMAZIONE DEL PRINCIPIO NAZIONALE

Durante il periodo dello scisma nacquero in più zone d’Europa diversi movimenti di origine popolare che chiedevano una concreta riforma della Chiesa, accusata di essere sempre più corrotta e assetata di denaro.

Le predicazioni di John Wyclif in Inghilterra e Jan Hus in Boemia furono importanti espressioni di queste istanze di rinnovamento a cui si accompagnarono rivendicazioni di carattere sociale, che spesso sfociarono in aperte rivolte.

In particolare, dopo la condanna per eresia e la morte sul rogo di Jan Hus, in Boemia, scoppiò una rivolta che si trasformò in una guerra lunga quindici anni (1419-1434). Lo scontro terminò nel 1433 quando l’imperatore Sigismondo concesse ai boemi l’uso della lingua nazionale nella liturgia.

Per la prima volta un sovrano riconosceva una forma nazionale all’espressione della fede, creando così un legame diretto tra lui e i fedeli, scavalcando il papa.

Era questo il segno che l’autorità papale non era più universale e avrebbe dovuto sempre più spesso fare i conti con i vari sovrani e che i provvedimenti presi dal pontefice dovevano essere mediati con il potere politico. Questi nuovi rapporti di forza portarono quindi al diffondersi dei concordati, ossia accordi diplomatici fra la Chiesa romana e i diversi Stati, con cui si fissavano le reciproche sfere di competenza.

5. L’IMPERO IN DECLINO

LA FRAMMENTAZIONE DELL’IMPERO: DALL’INTERREGNO AGLI ASBURGO

Come abbiamo visto, all’interno dei territori dell’Impero erano forti le spinte autonomistiche che ne mettevano in discussione l’unità.

Un ruolo importante in questo senso lo ebbero le città che iniziarono ad accordarsi tra loro dando vita a leghe. Inizialmente queste leghe avevano una motivazione commerciale, ma grazie al loro potere economico presto assunsero anche funzioni di governo. Una delle più potenti fu la Lega anseatica (1358) che riunì le città del Nord della Germania.

Questa frammentazione del potere fu favorita dall’instabilità politica che si ebbe all’indomani della morte di Federico II nel 1250. Questo periodo di  interregno si concluse solo nel 1273 con l’elezione* di Rodolfo I d’Asburgo.

Rodolfo puntò al rafforzamento della posizione dell’imperatore nell’area tedesca. Inoltre consolidò la potenza degli Asburgo (una casata di feudatari del Nord della Svizzera), riacquisendo i territori dell’Austria della Stiria e della Carinzia, con i quali costituì il ducato d’Austria.

Anche gli imperatori che succedettero a Rodolfo continuarono l’opera di rafforzamento dell’autorità imperiale, che però si scontrò con l’opposizione del papato avignonese. Per questo motivo, l’imperatore Ludovico IV di Baviera (salito al trono nel 1314) convocò la dieta di Rhens che dichiarò legittima l’elezione imperiale anche senza l’approvazione pontificia, purché decisa dalla maggioranza dei principi elettori.

LA BOLLA D’ORO E L’IMPERO “TEDESCO”

Con Carlo IV di Lussemburgo (1316-78) si giunse a un momento decisivo della storia imperiale. Nel 1356 egli emanò la  Bolla d’Oro, un documento con cui stabilì dettagliatamente la procedura per l’elezione dell’imperatore che fu affidata a sette grandi elettori, tre signori ecclesiastici (gli arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri) e quattro laici (il conte del Palatinato, il duca di Sassonia, il margravio del Brandeburgo e il re di Boemia, l’unico non tedesco). A loro veniva inoltre riconosciuto l’esercizio di alcuni poteri regi.

Due erano le conseguenze di questa bolla:

  • cessava ogni collegamento con l’Italia e si riconosceva il fatto che ormai l’Impero riguardava soltanto l’area tedesca, tanto che si spostò ufficialmente la sede dell’incoronazione da Roma ad Aquisgrana;
  • si limitava il potere del titolo imperiale, riconoscendo la cessione di alcune prerogative e si legittimava di fatto la frammentazione politica e territoriale dell’Impero.

Mentre dunque in Europa si gettavano le basi per la costruzione di vasti Stati nazionali (Inghilterra, Francia, Spagna), in cui il potere tendeva a concentrarsi nelle mani del monarca, l’area imperiale andava incontro a un processo opposto di frammentazione e indebolimento.

6. GLI ASBURGO AL TRONO

Alla morte di Sigismondo (lo stesso che contribuì alla riunificazione della Chiesa durante lo scisma d’Occidente) nel 1437 ritornò sul trono imperiale, per restarvi definitivamente, la casata degli Asburgo.

MASSIMILIANO E LA POLITICA MATRIMONIALE ASBURGICA

Federico III d’Asburgo grazie a un’accorta politica matrimoniale ampliò la forza della sua dinastia. L’imperatore organizzò il matrimonio del figlio Massimiliano con Maria di Borgogna, figlia di Carlo il Temerario, il potente duca di Borgogna. Massimiliano estese nel 1489 il suo dominio su parte delle Fiandre e nel 1490 sul Tirolo, mentre ai confini orientali dell’Impero ottenne il diritto alla successione al Regno di Ungheria.

I LIMITI DEL CENTRALISMO ASBURGICO

Morto Federico nel 1493, gli succedette Massimiliano.

Massimiliano convocò la dieta di Worms nel 1495 con la quale tentò di trovare un compromesso fra le aspirazioni autonomistiche di principi e leghe cittadine, da un lato, e le sue ambizioni centralistiche, dall’altro.

All’imperatore fu imposto l’obbligo di ottenere il consenso della dieta in caso di guerra e in materia di tasse, risultò quindi molto ridimensionato il suo potere. Massimiliano I fu così costretto a prendere atto della difficoltà di esercitare un reale potere su un Impero che non aveva una ben definita unità geografica e in cui convivevano culture, tradizioni e lingue molto diverse fra loro.

UN IMPERO MULTINAZIONALE

Dopo aver ereditato dalla moglie Maria il Ducato di Borgogna con i suoi possedimenti, Massimiliano si scontrò con il re francese Luigi XI. Con la firma della pace di Arras (1482), agli Asburgo furono riconosciuti i territori dei Paesi Bassi, delle Fiandre e la Franca Contea mentre alla Francia andarono la Borgogna e l’Artois.

Inoltre nel 1499 nasceva la Confederazione elvetica che, grazie ai successi militari del suo forte esercito, riusciva a rendersi autonoma e a sottrarsi alle mire asburgiche. Allo stesso modo fallirono i tentativi espansionistici di Massimiliano verso il regno ungherese e l’Italia del Nord. Ancora una volta però gli Asburgo ottennero i migliori risultati grazie alla politica matrimoniale: Massimiliano infatti nel 1496 fece sposare il figlio Filippo con Giovanna la Pazza, futura erede al trono di Spagna, e da loro nascerà il futuro imperatore e re di Spagna Carlo V.

ESERCIZI

1. Completa il testo.


Nel Trecento si assiste al declino dei due poteri ..............................................., mentre diventano sempre più forti le ................................................ La Chiesa subisce sia la cattività ............................................... (che sancisce la sua sottomissione alla monarchia ...............................................) sia lo ............................................... d’occidente. Inoltre si affermano sempre più spesso espressioni ............................................... della fede, che costringono il ............................................... a mediare, attraverso ..............................................., con i sovrani nazionali. Nell’Impero si afferma in questi anni la potente dinastia ..............................................., ma i tentativi di rafforzare il ............................................... falliscono: ai ............................................... vengono riconosciute prerogative regie e viene imposto all’imperatore l’obbligo di ottenere il loro consenso in caso di ............................................... e in materia di ................................................ Inoltre ormai l’Impero riguarda solo l’area ............................................... e perde ogni collegamento con l’................................................

2. Trova la parola.


Bolla d’oroconcordatoLegacattività 


.......................................................... Unione fra più città.
.......................................................... Accordo tra due parti.
.......................................................... Prigionìa.
.......................................................... Documento che regola l’elezione dell’imperatore.

3. Fai la scelta giusta.


a. Il conciliarismo sostiene: 

  • la preminente autorità dell’assemblea dei vescovi.
  • la necessità di mediare tra papa e monarchie nazionali.

b. La Bolla d’oro attribuisce il potere di eleggere l’imperatore: 

  • ai vescovi tedeschi.
  • a sette grandi elettori sia laici che ecclesiastici.

c. Oltre alla richiesta di rinnovamento della Chiesa, nella predicazione di Wyclif e Hus vi sono:

  • rivendicazioni di carattere sociale.
  • rivendicazioni territoriali.

d. Grazie alla “politica matrimoniale” una dinastia: 

  • rafforza il suo potere sancendo alleanze e spesso espandendosi territorialmente.
  • ottiene nuovi discendenti.

I Saperi Fondamentali di Storia - volume 1
I Saperi Fondamentali di Storia - volume 1
Dal Medioevo all’Età moderna