CAPITOLO 4 – La formazione dei comuni e la lotta con l’impero

SEZIONE A – RINASCITA E CRISI DELL’EUROPA MEDIEVALE

CAPITOLO 4 – LA FORMAZIONE DEI COMUNI E LA LOTTA CON L’IMPERO

1. LA NASCITA DEI COMUNI

ORIGINI E CARATTERI DEI COMUNI

Con la ripresa economica e demografica c’era stato un forte sviluppo delle realtà urbane, che dopo molti secoli tornarono a essere il centro dei commerci e della produzione artigianale. In molte città d’Europa le più importanti famiglie cittadine cominciarono a stipulare patti associativi (communis, da cui il termine comune) allo scopo di difendere i loro interessi e per ottenere autonomia nel governo della città. A seconda del contesto in cui agivano, i nuovi comuni assunsero caratteristiche diverse, ma ebbero comunque alcuni elementi ricorrenti:

  • la conquista dell’autonomia politica;
  • l’esercizio di poteri di natura pubblica, come la riscossione delle tasse, la possibilità di legiferare e amministrare la giustizia;
  • la capacità di dare vita a proprie istituzioni.

2. LE ISTITUZIONI COMUNALI IN ITALIA

L’ORIGINE DEI COMUNI NELL’ITALIA DEL CENTRO-NORD

Il Centro-Nord Italia costituiva il Regno italico che faceva parte dell’Impero. Già da tempo però l’Impero era assente da questi territori e questo consentì alle città del Centro-Nord di affermare la propria autonomia e realizzare l’esperienza comunale più originale e significativa.

Membri dell’aristocrazia assieme a ricchi mercanti e professionisti riuscirono a impossessarsi del governo cittadino. E per evitare che scontri interni mettessero in pericolo l’autonomia appena conquistata, si costituirono associazioni fra cittadini che diedero vita ai comuni.

Diversamente da quelli del resto d’Europa, i comuni italiani estesero il loro controllo oltre i confini cittadini, assoggettando anche la campagna circostante (il contado), importante per garantire alla città i necessari approvvigionamenti.

LE DIVERSE FASI DELL’ISTITUZIONE COMUNALE IN ITALIA

Il comune consolare

La prima fase della vita dei comuni italiani è detta consolare perché il governo della città era affidato a consoli, che restavano in carica solo per un anno.

I consoli erano affiancati da un consiglio, l’arengo, che interveniva sulle più importanti decisioni politiche ed esercitava quei poteri di natura pubblica che di solito erano attribuiti al sovrano, come battere moneta, imporre le tasse, nominare i giudici, gestire l’ordine pubblico.

In questa fase il governo delle città era in mano alle grandi famiglie nobiliari. I loro frequenti scontri (anche armati) per il potere furono causa di una forte instabilità della vita comunale; instabilità che metteva a rischio gli affari e la stessa autonomia cittadina.

Il comune podestarile

Per limitare la litigiosità interna ai comuni e la instabilità che ne derivava, a partire dal Duecento si affidò il potere a una nuova singola figura di magistrato: il podestà. Questo spesso era un forestiero, per evitare che fosse coinvolto nelle lotte tra le diverse  fazioni presenti nel comune. Il podestà doveva essere esperto in questioni giuridiche e militari, ed era affiancato nel governo da diversi funzionari di sua scelta. Anche la carica di podestà durava solo un anno per evitare che assumesse un eccessivo potere.

Il comune del popolo

Durante la fase podestarile cominciò a formarsi nelle città una sorta di potere parallelo a quello del podestà. Protagonisti di questo nuovo potere erano i borghesi, mercanti e artigiani, che si erano affermati grazie al loro lavoro e volevano assumere un peso politico nel governo del comune, sottraendolo ai gruppi nobiliari (chiamati anche magnati). Questi nuovi ceti si organizzarono in associazioni, dette “popolo”, e dalla metà del Duecento in poi riuscirono a imporsi al governo delle più importanti città. Si ebbe così la fase del comune del popolo.

Il popolo però non era un unico corpo omogeneo; al suo interno si distingueva tra:

  • popolo minuto, composto da piccoli commercianti e piccoli artigiani che appartenevano alle Arti minori;
  • popolo grasso, composto dai mercanti e artigiani più ricchi che appartenevano alle Arti maggiori, e naturalmente erano questi a gestire il potere.
ARTI MAGGIORI E ARTI MINORI

Alle Arti maggiori appartenevano ricchi mercanti e banchieri e altri professionisti, come Giudici e Notai, Medici e Speziali, Pellicciai ecc.
Le Arti minori, invece, accoglievano i rappresentanti dei mestieri manuali, economicamente più deboli, come Calzolai, Maestri di Pietra e Legname, Rigattieri ecc.

L’impero diviso tra GUELFI E GHIBELLINI

Alla morte dell’imperatore Enrico V, nel 1125, la lotta per la successione aveva visto scontrarsi due opposte fazioni:

  • quella collegata ai Welfen (da cui deriva il termine guelfo), che era più disponibile a un’intesa con il papato;
  • quella dei Waiblingen (da cui deriva il termine ghibellino), collegata alla casata degli Hohenstaufen di Svevia, che invece rivendicavano il primato dell’Impero.

Questa contrapposizione tra guelfi e ghibellini si ripropose anche tra i comuni italiani e si ebbe anche all’interno di uno stesso comune, dove le vecchie fazioni in lotta scelsero di schierarsi con l’una o con l’altra parte per scopi puramente locali.

3. LA LOTTA FRA COMUNI E IMPERO

FEDERICO BARBAROSSA IN ITALIA

Come abbiamo visto, una delle ragioni dell’affermazione dei comuni nel Nord e Centro Italia stava nel fatto che da tempo l’Impero non esercitava più un vero controllo sul Regno italico.

Le città del Centro-Nord si erano dunque sottratte agli obblighi di natura feudale nei confronti dell’Impero e in più avevano affermato la loro autonomia politica, esercitando quei poteri (le cosiddette regàlie) che erano prerogativa dell’imperatore (emanare le leggi, imporre e riscuotere le tasse, costituire eserciti, contrarre alleanze e così via).

Questo stato di cose cambiò nel 1152, quando venne eletto imperatore Federico I Hohenstaufen, detto Barbarossa. Il nuovo imperatore infatti volle riaffermare il controllo dell’Impero sui suoi territori italiani.

Federico I fece due spedizioni militari in Italia (una nel 1154 e un’altra qualche anno dopo) con l’obiettivo specifico di ridimensionare il potere del comune di Milano, il cui ruolo si stava sempre più rafforzando. In entrambi i casi Federico I convocò i comuni ad una  dieta (la dieta di Roncaglia), in cui stabilì che tutti i poteri di cui i comuni si erano appropriati sarebbero tornati in mano all’autorità imperiale e che l’imperatore era “fonte della legge”, il che equivaleva a dire che il volere dell’imperatore era legge.

lo sCONTRO CON LA LEGA LOMBARDA E IL PAPA

Il papa non gradì questa affermazione di supremazia da parte dell’imperatore, e la Chiesa quindi si alleò con quei comuni lombardi che si opposero alle decisioni di Federico I.

A questa opposizione l’imperatore reagì distruggendo Crema (1160) e Milano (1162). Fu a quel punto che molti comuni misero da parte i loro contrasti, unirono le forze e fondarono a Pontida la Lega lombarda (1167).

Sostenuti dal papa, il 29 maggio 1176 i comuni della Lega sconfissero le forze imperiali a Legnano e l’Imperatore dovette perciò rinunciare a imporre il suo potere sui comuni italiani. La pace di Costanza, stipulata nel 1183, sancì questa vittoria. I comuni infatti ottennero il riconoscimento della loro autonomia e la possibilità di esercitare quei poteri pubblici che di fatto già esercitavano. In cambio i comuni si impegnavano a un generico e formale riconoscimento dell’autorità imperiale, espresso con un giuramento di fedeltà all’imperatore.

4. FEDERICO I E L’ITALIA MERIDIONALE

I NORMANNI nEL SUD ITALIA

Dall’XI secolo la casata normanna degli Altavilla aveva esteso il suo dominio su tutta l’Italia meridionale, che fino ad allora era stata un territorio dell’Impero bizantino. Successivamente, nel 1130, dopo aver sconfitto gli arabi in Sicilia, a Ruggero II d’Altavilla venne riconosciuto il titolo di Re di Sicilia.

IL PASSAGGIO ALL’IMPERO

Il tentativo di Federico I di riaffermare la supremazia del potere imperiale sui comuni era fallito, tuttavia l’imperatore riuscì a rafforzare la posizione della casata di Svevia facendo sposare suo figlio (il futuro Enrico VI) con l’ultima discendente degli Altavilla, Costanza. Gli Svevi così acquisivano per via matrimoniale il Regno di Sicilia.

Morto Federico I, Enrico VI divenne quindi re di Germania e d’Italia, imperatore e re di Sicilia. Questo scenario riaprì il conflitto con il papa che si vedeva accerchiato dalla presenza dell’Impero. Ma lo scontro non ebbe seguito per la morte precoce di Enrico VI (1197). Costanza,  reggente in nome del figlio Federico II (di soli tre anni), dichiarò la sua obbedienza a papa Innocenzo III, a cui affidò la tutela del figlio. Lo stesso papa poi, nel 1220, appoggiò l’elezione di Federico II a imperatore, chiedendogli però l’impegno di non unire mai il Regno di Sicilia alla corona imperiale.

5. LE AMBIZIONI UNIVERSALISTICHE DI FEDERICO II DI SVEVIA

LA POLITICA DI FEDERICO II IN GERMANIA E IL MODELLO CENTRALISTICO IN ITALIA

Nei suoi anni di regno Federico II fu sostanzialmente assente dalla Germania, dove il potere dei nobili feudatari tedeschi divenne sempre più forte.

Opposta invece fu la sua politica in Italia: qui il suo obiettivo era creare uno Stato fortemente centralizzato, il cui potere fosse esclusivamente nelle mani del sovrano, eliminando la frammentazione feudale. Ispirandosi alla tradizione romana, Federico II emanò le Costituzioni di Melfi (1231), che facevano dell’imperatore l’unica fonte normativa e stabilivano che tutte le formazioni politiche locali (che fossero comuni o signori feudali) dovevano sottomettersi all’autorità suprema dell’imperatore e alle sue leggi.

LA CORTE FEDERICIANA

Allo scopo di dotare il regno di personale amministrativo capace di realizzare il suo disegno politico centralista, Federico II fondò nel 1224 l’università di Napoli. E questa fu solo una delle tante testimonianze dell’attenzione che questo sovrano ebbe per la vita culturale del suo regno. Presso la sua corte a Palermo, infatti, si riunirono i più importanti studiosi, letterati, artisti, scienziati dell’epoca. Tra loro c’erano arabi, bizantini, ebrei e musulmani e fu proprio questo pluralismo a fare della corte di Federico un esempio luminoso e quasi unico.

LA LOTTA CONTRO I COMUNI E IL PAPATO

Il programma politico centralista di Federico II era ovviamente sgradito ai baroni del regno, che vedevano ridimensionati i propri poteri, ed era avversato anche dai comuni italiani, che vedevano minacciata la loro autonomia. A questo si aggiunse l’ostilità del papa che si vedeva accerchiato dai domini svevi e che dunque appoggiò un’alleanza contro l’imperatore.

Nel 1226 lo scontro tra Impero e comuni riprese. La battaglia di Cortenuova (1237) venne vinta dall’imperatore, ma i conflitti continuarono e, con il sostegno del papa, i comuni sconfissero le forze imperiali nella battaglia di Fossalta (1249).

Nel 1250, l’improvvisa morte di Federico II affossò definitivamente il suo ambizioso progetto politico.

L’INTERVENTO ANGIOINO E LA FINE DEL SOGNO FEDERICIANO

Alla morte di Federico II, sul trono di Sicilia salì il figlio Manfredi. Il papa però negò la validità della successione al trono. Rivendicando il possesso feudale del Regno di Sicilia, offrì la corona al fratello del re di Francia, Carlo d’Angiò. Carlo d’Angiò sconfisse Manfredi nella battaglia di Benevento del 1266, prendendo così possesso dell’Italia meridionale.

LA DIVISIONE DEL REGNO DI SICILIA

Carlo d’Angiò trasferì la capitale del regno da Palermo a Napoli e impose forti tributi per sostenere i suoi impegni militari. Questo portò in Sicilia alla rivolta dei Vespri (1282) che ottenne il sostegno del re d’Aragona, il quale aspirava al trono in quanto aveva sposato la figlia di Manfredi.

Lo scontro tra Angioini e Aragonesi si concluse dopo vent’anni nel 1302 con la pace di Caltabellotta che assegnò agli Aragonesi la Sicilia e agli Angioini la parte continentale del regno, ossia l’Italia meridionale.

6. LE CITTà MARITTIME ITALIANE

AUTONOMIA POLITICA E FORZA COMMERCIALE

Nel quadro dell’espansione urbana e commerciale che caratterizzò questo periodo si inserisce anche il fenomeno delle città marittime italiane. Amalfi, Pisa, Genova e Venezia, che già dal X secolo furono protagoniste di un importante sviluppo del loro commercio marittimo e godettero di un’ampia autonomia. La loro posizione e la creazione di una fitta rete di scali commerciali le avvantaggiò nei commerci mediterranei e internazionali, in tempi diversi, di cui ebbero l’egemonia.

ESERCIZI

1. Completa il testo.


I ............................................... nascono come ............................................... fra i cittadini per tutelare i loro interessi e per garantirsi ............................................... di governo creando proprie ............................................... ed esercitando i principali ................................................ I comuni nascono in molte parti d’Europa, ma hanno un particolare sviluppo nelle città del Centro-Nord Italia, favorite dall’assenza del ................................................ Il tentativo dell’imperatore ............................................... di riaffermare l’autorità ............................................... porta a un duro scontro con i ..............................................., la cui vittoria, ottenuta con l’appoggio del ..............................................., è sancita dalla ................................................

2. Trova la parola.


magnatipopologuelfighibelliniarte


.......................................................... Sostenitori della supremazia del papa.
.......................................................... Sostenitori della supremazia dell’Impero.
.......................................................... Associazione di mestiere.
.......................................................... Appartenenti alla nobiltà.
.......................................................... Associazioni di mercanti e artigiani.

3. Fai la scelta giusta.


a. Federico II ha l’ostilità della nobiltà meridionale perché: 

  • vuole fare del Regno di Sicilia uno Stato con un forte potere centrale.
  • vuole imporre la sua autorità sui comuni.

b. Il papa è ostile ai progetti di Federico II perché: 

  • l’imperatore vuole affermare la sua supremazia su ogni altra autorità.
  • i comuni non vogliono sottomettersi all’autorità imperiale.

c. Alla morte di Federico II il papa offre il trono di Sicilia:

  • agli Aragonesi.
  • a Carlo d’Angiò.

4. Metti nell’ordine temporale giusto.


a. Sul trono del Regno di Sicilia si succedono: 

  • Angioini
  • normanni
  • Svevi

b. Le tre fasi dei comuni del Centro-Nord Italia sono:

  • fase podestarile
  • fase consolare
  • fase del comune del popolo

I Saperi Fondamentali di Storia - volume 1
I Saperi Fondamentali di Storia - volume 1
Dal Medioevo all’Età moderna