Nel 1966 Pasolini compie un viaggio negli Stati Uniti, dove si conferma nell’idea che i movimenti giovanili della contestazione (là già attivi, mentre in Europa sarebbero arrivati un paio d’anni più tardi) altro non fossero che una “guerra civile” interna alla borghesia, una sorta di “lotta edipica” dei figli contro i padri. Così, pur riconoscendo l’importanza e il ruolo positivo svolto dal movimento studentesco per quanto esso poteva produrre sul piano delle conquiste sociali e civili, egli vive il Sessantotto italiano all’insegna di sentimenti contrastanti.
Desta scalpore la sua poesia Il Pci ai giovani!!, scritta in occasione degli scontri fra gli attivisti che occupavano la facoltà di Architettura dell’Università di Roma e le forze dell’ordine. Lo scrittore prende posizione contro gli studenti e a favore dei poliziotti, poiché i primi erano figli di papà, mentre i secondi erano figli del popolo, costretti dalla loro povertà a indossare la divisa.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo!) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccolo-borghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
[…]
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
[…]
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri.
Sono concetti riecheggiati anche nel romanzo Teorema, dove i contestatori vengono definiti
Pierini
universitari che vanno a occupare l’Aula Magna
chiedendo il Potere anziché rinunciarvi una volta per sempre.
La loro rivolta sarebbe una rivolta contro la propria classe di appartenenza, e quindi una «lotta intestina». In alcuni versi di un testo intitolato La poesia della tradizione e compreso nella raccolta Trasumanar e organizzar (1971), Pasolini ribadisce come la protesta giovanile sia perfettamente funzionale alla conservazione, nelle mutate condizioni storiche, della società borghese:
Oh generazione sfortunata,
[…] tu obbedisti disobbedendo!
Era quel mondo a chiedere ai suoi nuovi figli
di aiutarlo a contraddirsi, per continuare.