T2 - La mancanza di richiesta di poesia

T2

La mancanza di richiesta di poesia

Poesia in forma di rosa

Questo testo, tratto dalla raccolta Poesia in forma di rosa (1964), è un documento della crisi che colpisce Pasolini nell’ultima fase del suo lavoro, quando gli sembra che la sua arte sia ormai inutile e incapace di incidere in un contesto storico-sociale profondamente lontano da quello in cui si era formato e aveva cominciato a muovere i primi passi come poe­ta e come scrittore.


Metro Versi liberi.

Come uno schiavo malato, o una bestia,

vagavo per un mondo che mi era assegnato in sorte,

con la lentezza che hanno i mostri

del fango – o della polvere – o della selva –

5      strisciando sulla pancia – o su pinne

vane per la terraferma – o ali fatte di membrane…

C’erano intorno argini, o massicciate,

o forse stazioni abbandonate in fondo a città

di morti – con le strade e i sottopassaggi

10    della notte alta, quando si sentono soltanto

treni spaventosamente lontani,

e sciacquii di scoli, nel gelo definitivo,

nell’ombra che non ha domani.

Così, mentre mi erigevo come un verme,

15    molle,  ripugnante nella sua ingenuità,

qualcosa passò nella mia anima – come

se in un giorno sereno si rabbuiasse il sole;

sopra il dolore della bestia affannata,

si collocò un altro dolore, più meschino e buio,

20    e il mondo dei sogni si incrinò.

«Nessuno ti richiede più poesia!»

E: «È passato il tuo tempo di poeta…».

«Gli anni cinquanta sono finiti nel mondo!»

«Tu con le Ceneri di Gramsci ingiallisci,

25    e tutto ciò che fu vita ti duole

come una ferita che si riapre e dà la morte!»

 >> pagina 785

ANALISI ATTIVA

I contenuti tematici

Il poeta descrive sé stesso come confinato a una condizione di inutilità e di estraneità rispetto a un mondo in cui aveva un tempo creduto di poter operare attivamente; eppure anche nelle ore della notte (allusione a un buio dell’intelligenza per lui difficile da decifrare), sebbene la città sia una città / di morti (vv. 8-9: i consumatori perfettamente integrati nella società di massa ai quali è stata tolta la coscienza?) e il gelo dello spirito appaia definitivo (v. 12), egli cerca di muoversi, di risalire faticosamente la china di un presente agli occhi del quale appare come un mostro (con la lentezza che hanno i mostri, v. 3), di ergersi ancora sopra le brutture da cui si sente circondato (mi erigevo come un verme, v. 14). A complicare tale situazione e a esacerbare il suo stato d’animo si affaccia, a partire dal v. 16, una drammatica intuizione: il disagio che l’autore prova è determinato dal fatto che il suo tempo è ormai trascorso ed egli è come postumo a sé stesso. Nessuno è più interessato a quanto egli ha da dire come poeta, gli anni Cinquanta sono finiti e lui è destinato a ingiallire insieme con la sua opera.

1. Con quali espressioni si autodescrive il poeta? Che tipo di connotazione hanno?


2. A che cosa viene paragonata l’improvvisa presa di coscienza? perché, secondo te?

Per comprendere in profondità il componimento, bisogna guardare alle vicende storico-sociali degli anni in cui è stato scritto. Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio del decennio successivo l’Italia cambia a ritmi vorticosi: il boom economico, il benessere materiale, la televisione, nuovi miti e nuovi riti (tutti laici). Se nel Canto popolare (poesia compresa nelle Ceneri di Gramsci, ma scritta nel 1952-1953) del popolo scriveva «non l’abbaglia / la modernità», nel Glicine (l’ultima poesia della raccolta La religione del mio tempo, 1961) Pasolini annota, commentando i grandi cambiamenti in atto e la propria lontananza spirituale da quanto vede intorno a sé: «Il mondo mi sfugge, ancora, non so dominarlo / più, mi sfugge, ah, un’altra volta è un altro… // Altre mode, altri idoli, / la massa, non il popolo, la massa / decisa a farsi corrompere / al mondo ora si affaccia, / e lo trasforma, a ogni schermo, a ogni video / si abbevera, orda pura che irrompe / con pura avidità, informe / desiderio di partecipare alla festa. / E s’assesta là dove il Nuovo Capitale vuole. / Muta il senso delle parole: / chi finora ha parlato, con speranza, resta / indietro, invecchiato». Il «popolo» è diventato una «massa» con cui non c’è più alcuna possibilità di dialogo.

3. Come viene descritto il mondo in cui il poeta si muove?


4. Quale significato puoi attribuire all’espressione città di morti (vv. 8-9)?

Le scelte stilistiche

Sono, quelli qui antologizzati, versi estremamente drammatici, tra il grido e la rassegnazione, espressi da Pasolini in uno stile fortemente prosaico, come se – di fronte all’urgenza dei temi trattati – la poesia non potesse più indulgere a rivestirsi di abbellimenti stilistici e retorici, come faceva ancora certo estetismo novecentesco, intimistico e parareligioso: ciò implica anche una presa di posizione politico-ideologica contro la borghesia prima fascista e poi democristiana che, secondo il severo giudizio pasoliniano, era stata l’ambiente e la base culturale di quelle tendenze letterarie.

Anche il lessico qui è molto spoglio e quotidiano. Soltanto alcuni vocaboli sembrano accendere il componimento in senso espressionistico. Ci riferiamo alle immagini sgradevoli che connotano la sensazione di irrimediabile diversità che il poeta percepisce in sé stesso in relazione al mondo che lo circonda: schiavo malato (v. 1), bestia (v. 1), mostri (v. 3), verme, / molle, ripugnante (vv. 14-15), bestia affannata (v. 18). Lo stato di prostrazione psicologica in cui egli versa si estrinseca dunque attraverso la forza delle metafore.

5. Individua nel testo tutti i termini che hanno connotazione negativa.


6. dibattito in classe Secondo Pasolini la poesia può contribuire a un miglioramento della società: sei d’accordo con lui? perché? Discutine in classe.

Il magnifico viaggio - volume 6
Il magnifico viaggio - volume 6
Dalla Prima guerra mondiale a oggi