Un lucido pessimismo

Un lucido pessimismo Guicciardini maestro di egoismo e passività? Nel 1869 il critico Francesco De Sanctis, da uomo del Risorgimento qual era, diede un giudizio molto severo sul pensiero di Guicciardini. Cogliendovi le tracce di una malattia morale che avrebbe contagiato gli italiani fino all Ottocento, egli condannava Guicciardini come l emblema del dissidio tra pensiero e azione e come degno rappresentante italico di un atavica tendenza al compromesso e al conformismo. Al generoso Machiavelli, profeta e anticipatore dell Unità d Italia (con tutte le forzature del caso), veniva contrapposto il Guicciardini freddo calcolatore e abile trasformista. Ciò che ripugnava a De Sanctis (e, con lui, a un intera generazione di patriottici idealisti) era lo scetticismo verso ogni ipotesi di cambiamento, nonché la mancanza di slancio appassionato e di carattere: «La razza italiana , scriveva il critico, «non è ancora sanata da questa fiacchezza morale, e non è ancora scomparso dalla sua fronte quel marchio che ci ha impresso la storia di doppiezza e di simulazione. L uomo del Guicciardini [ ] lo incontri ad ogni passo. E quest uomo fatale ci impedisce la via, se non abbiamo la forza di ucciderlo nella nostra coscienza . L ineluttabilità degli eventi non esclude l ambizione Su un punto almeno possiamo concordare con De Sanctis: Guicciardini non è in grado di concepire alternative positive né di lanciare un messaggio di risoluto antagonismo; atti di fede o gesti eroici non correggono, secondo lui, il corso degli eventi. Nella civiltà umana, tutto è destinato a cambiare e a perire («con la lunghezza del tempo si spengono le città e si perdono le memorie delle cose , scrive nel ricordo 143), ma la sostanza del mondo rimane immodificabile: «El mondo fu sempre di una medesima sorte; e tutto quello che è e sarà, è stato in altro tempo, e le cose medesime ritornano, ma sotto diversi nomi e colori . Tuttavia, questo pessimismo che lo pervade non comporta la rinuncia a operare. Anzi, è avvertibile, nei Ricordi, l autoritratto di un intellettuale sospinto dalla ricerca dell «onore , della «riputazione , della «degnità . L ambizione non è «dannabile e non è biasimevole l «ambizioso se, stimolato da «appetito di «gloria , a questa punta con «mezzi onesti e onorevoli . Non solo legittima, l ambizione è persino virtuosa quando è connotata da una forte valenza civica; diventa invece riprovevole se chi detiene il potere non si fa scrupolo, per realizzare i propri scopi, di calpestare i valori fondamentali dell uomo, quali la coscienza, l onore e l umanità. Per Guicciardini, però, le possibilità di incidere sulla realtà e modificarla sono pressoché nulle. Da qui si alimentano una dolorosa percezione della vanità della vita e uno sconsolato esame dei comportamenti umani, in cui dominano egoismi e interessi personali. A differenza di Machiavelli, che lo reputava spregevole per natura, Guicciardini ritiene che l uomo sia «inclinato al bene, ma che la sua coscienza debole finisca per deviarlo verso il male. Un pessimismo che riflette un epoca La perentorietà di questo pensiero è dettata anche dal contesto politico in cui esso matura. La tragica condizione italiana e gli alti e bassi della propria carriera politica accentuano il senso di sfiducia e di fallimento insito nel pensiero guicciardiano. La riflessione amara e disincantata dello storico, del politico e dell analista dell agire umano finisce inevitabilmente per coincidere. Guicciardini è convinto che la crisi politico-militare italiana sia irreversibile; ha conosciuto in prima persona gli uomini che hanno dominato la scena politica del tempo; ha assistito a quella sconvolgente tragedia che è stato il sacco di Roma: come potrebbe condividere ancora la foga eroica e vibrante di Machiavelli? L AUTORE / FRANCESCO GUICCIARDINI / 447

Il magnifico viaggio - volume 2
Il magnifico viaggio - volume 2
Il Quattrocento e il Cinquecento