Il magnifico viaggio - volume 2

20 25 stile del Boccaccio e del Petrarca ragioneremo nelle nostre carte,12 che non faremo a ragionare col nostro, perciò che senza fallo alcuno13 molto meglio ragionarono essi che non ragioniamo noi. Né fie per questo che dire si possa,14 che noi ragioniamo e scriviamo a morti più che a vivi. A morti scrivono coloro, le scritture de quali non sono da persona15 lette giamai, o se pure alcuno le legge, sono que tali uomini di volgo, che non hanno giudicio16 e così le malvagie cose leggono come le buone, perché essi morti si possono alle scritture dirittamente chiamare, e quelle scritture altresì, le quali in ogni modo muoiono con le prime carte.17 coli fino alle sconfinate aree della creazione umana. Ciò che è fertile produce vita, sia quella dei frutti e dei figli sia quella della fantasia che genera le idee e le passioni che animano la nostra vita. £ Fertile è un derivato del verbo latino ferre ( portare ), da cui il suffissoide -fero, che troviamo in molte parole italiane. Scrivine alcune. 12 nelle nostre carte: nei nostri scritti. 13 senza fallo alcuno: senza alcun dubbio. 14 Né possa: né per questo (vale a di- re, sostenendo questo punto di vista) si potrà dire (letteralmente accadrà che si possa dire ). 15 da persona: da nessuno. 16 giudicio: spirito critico. 17 perché carte: per cui essi si possono definire in modo appropriato morti sul piano letterario, e si possono definire morte anche quelle opere che muoiono immediatamente, sin dalle loro prime pagine. Tiziano, Ritratto del cardinale Pietro Bembo, 1540 ca. Washington, National Gallery of Art. DENTRO IL TESTO La bellezza non conosce il tempo Un imitazione selettiva I contenuti tematici Alla base delle parole che Pietro Bembo fa pronunciare al fratello Carlo si intravede la preoccupazione di difendersi da quanti possano giudicare la sua visione della lingua letteraria come un astratto o nostalgico anacronismo. Per questo, tutto il discorso è finalizzato a contrastare la prevedibile obiezione che preferire la lingua di ieri a quella di oggi significhi rivolgersi non ai vivi, ma ai morti. Bembo controbatte chiarendo che la sua predilezione non dipende da un criterio passatista. Il solo principio che guida la sua teoria è di tipo estetico: la vita e la morte di un opera non sono determinate dal secolo in cui essa è stata scritta, ma dalla bellezza, dalla qualità letteraria e dalla capacità di sopravvivere all usura del tempo. D altra parte, Bembo aggiunge che non sempre è necessario imitare gli antichi. Ciò è doveroso solo quando la lingua e le forme del passato sono migliori di quelle del presente. Bembo non ci dice in base a quali criteri oggettivi si possa allestire una gerarchia di valore letterario: gli basta asserire che ha fatto bene Cicerone a non imitare Ennio, un autore precedente, ma che scriveva peggio di lui, e male gli scrittori a lui successivi che non lo hanno scelto, insieme a Virgilio, come modello. Lo stesso errore farebbero i contemporanei se non considerassero come riferimenti per il volgare la lingua di Petrarca e Boccaccio, i quali, a differenza degli autori del Duecento (e di Dante stesso), hanno conseguito risultati di compiuta perfezione, validi in ogni tempo. IL GENERE / LA TRATTATISTICA RINASCIMENTALE / 121

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Il Quattrocento e il Cinquecento