Le opere teatrali
La produzione teatrale risulta quanto mai congeniale a Tasso per rappresentare l’intreccio tra amore e morte, tema che egli svolge sia dietro l’apparente serenità della favola pastorale sia nei più drammatici conflitti della tragedia.
Nel corso del Cinquecento si sviluppa alla corte ferrarese un nuovo genere letterario: la “favola pastorale” o “boschereccia”. Si tratta di opere che, composte da dialoghi in versi e accompagnate da musica, vengono rappresentate durante le feste. Le tematiche sono quelle arcadiche, legate alla descrizione della serena vita dei pastori, che trascorre tra i piaceri della natura e quelli del canto.
In un’atmosfera di sogno si svolge la delicata storia dei due protagonisti, il giovane pastore Aminta e la bella ninfa Silvia. Aminta ama Silvia, che però è restia e sdegnosa. Un altro pastore, Tirsi, aiutato dall’esperta Dafne, tenta invano di vincere le ritrosie di Silvia. La vicenda si scioglierà grazie a un equivoco tragico: Aminta tenta di suicidarsi gettandosi da una rupe e Silvia, che lo crede morto, è sconvolta dal rimpianto, dal pentimento e dal dolore. Aminta però si salva e può finalmente unirsi con la donna amata, celebrando in tal modo il trionfo d’amore, tema caro alla letteratura rinascimentale.
Le rappresentazioni dell’opera a corte riscuotono subito un grande successo, a cui non è estranea, oltre che la sapiente fattura formale del testo, la componente autobiografica: sotto il nome e le fattezze dei principali personaggi si nascondono infatti le figure della corte ferrarese, compreso il poeta stesso, che si cela dietro la saggia maschera di Tirsi.
Il magnifico viaggio - volume 2
Il Quattrocento e il Cinquecento