L’autore

Torquato Tasso

1544-1595

Tasso e noi


La tormentata biografia, un’innata irrequietezza, la malinconia e lo sgomento, il difficile rapporto con la corte, le ombre sinistre della follia: più che un protagonista della nostra letteratura, Torquato Tasso è stato per secoli il simbolo del genio in lotta con il suo tempo, vittima di un mondo e di una società incapaci di comprenderne i sogni e le passioni, i desideri e le aspirazioni. Anche chi sia digiuno di poesia associa al suo nome l’eterno mito del sognatore solitario, schiacciato dai sensi di colpa, perseguitato dal potere e oppresso dal fallimento dei propri ideali.

Almeno in parte, oggi è necessario spogliare l’immagine di Tasso dell’aura troppo romanzesca in cui nell’Ottocento l’hanno avvolta i Romantici. E tuttavia la sua opera serba intatta la propria drammaticità, specchio non solo di un temperamento instabile, ma di un’intera epoca, quella della Controriforma, segnata da insanabili contraddizioni.

Nessun poeta prima di Leopardi (che non a caso lo amerà senza riserve) ha saputo esprimere la propria lacerazione psicologica ed emotiva e, al tempo stesso, il bisogno affidato alla letteratura di documentare, tra mille incongruenze, una storia individuale all’insegna dell’esclusione, dell’erranza e di un’oscura vocazione all’infelicità. Nessuno prima di lui ha saputo mettere a nudo il proprio cuore e la propria malattia, soffermandosi con sofferta malinconia sui traumi e sulle ambivalenze che minacciano la psiche sua e quella delle figure, ambigue e contorte, che popolano il poema a cui ha lavorato per una vita intera, la Gerusalemme liberata. In esso Tasso profonde una sensibilità che tanto più ci appare moderna quanto più è adombrata dal dubbio, percorsa da spinte centrifughe e attraversata da un’inquietudine che ricorre nelle epoche di crisi o di transizione, compresa quella che viviamo, esposta a incertezze e insidie di cui non sempre riusciamo a comprendere i contorni.

Il magnifico viaggio - volume 2
Il magnifico viaggio - volume 2
Il Quattrocento e il Cinquecento