T10 - Lo studio della Storia e l’imitazione degli antichi

T10

Lo studio della Storia e l’imitazione degli antichi

Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, I, Proemio

Il rapporto con gli antichi non deve essere visto come acritica e nostalgica riproduzione del passato. Anche nella teoria e nella prassi politica, esso si rivela infatti di fondamentale utilità per comprendere e per saper affrontare il presente.

Ancora che, per la invida natura degli uomini, sia sempre suto non altrimenti periculoso

trovare modi ed ordini nuovi, che si fusse cercare acque e terre incognite,

per essere quelli più pronti a biasimare che a laudare le azioni d’altri;1 nondimanco,2

spinto da quel naturale desiderio che fu sempre in me di operare, sanza

5      alcuno respetto,3 quelle cose che io creda rechino comune benefizio a ciascuno,

ho deliberato entrare per una via, la quale, non essendo suta ancora da alcuno

trita,4 se la mi arrecherà fastidio e difficultà, mi potrebbe ancora5 arrecare premio,

mediante quelli che umanamente6 di queste mie fatiche il fine considerassino. E

se lo ingegno povero, la poca esperienzia delle cose presenti e la debole notizia7

10    delle antique faranno questo mio conato difettivo8 e di non molta utilità; daranno

almeno la via ad alcuno che, con più virtù, più discorso e iudizio,9 potrà a questa

mia intenzione satisfare: il che, se non mi arrecherà laude, non mi doverebbe

partorire biasimo.

Considerando adunque quanto onore si attribuisca all’antiquità, e come molte

15    volte, lasciando andare infiniti altri esempli, un frammento d’una antiqua statua

sia suto comperato10 gran prezzo, per averlo appresso di sé, onorarne la sua11 casa

e poterlo fare imitare a coloro che di quella arte si dilettono;12 e come quegli

dipoi con ogni industria13 si sforzono in tutte le loro opere rappresentarlo;14 e

veggiendo, da l’altro canto, le virtuosissime operazioni15 che le storie ci mostrono,

20    che sono state operate da regni e republiche antique, dai re, capitani, cittadini,

 latori di leggi,16 ed altri che si sono per la loro patria affaticati, essere più presto17

ammirate che imitate; anzi, in tanto da ciascuno in ogni minima cosa fuggite, che

di quella antiqua virtù non ci è rimasto alcun segno;18 non posso fare che insieme

non me ne maravigli e dolga.19 E tanto più, quanto io veggo nelle diferenzie che

25    intra cittadini civilmente nascano,20 o nelle malattie nelle quali li uomini incorrono,

essersi sempre ricorso a quelli iudizii21 o a quelli remedii che dagli antichi

sono stati iudicati o ordinati: perché le leggi civili non sono altro che sentenze

date dagli antiqui iureconsulti, le quali, ridutte in ordine,22 a’ presenti23 nostri

iureconsulti iudicare insegnano. Né ancora la medicina è altro che esperienze fatte

30    dagli antiqui medici, sopra le quali fondano e’ medici presenti e’ loro iudizii.24

Nondimanco, nello ordinare25 le republiche, nel mantenere li stati, nel governare

e’ regni, nello ordinare la milizia ed amministrare la guerra, nel iudicare e’ sudditi,

nello accrescere l’imperio, non si truova principe né republica che agli esempli

delli antiqui ricorra. Il che credo che nasca non tanto da la debolezza nella quale

35    la presente religione26 ha condotto el mondo, o da quel male che ha fatto a molte

provincie e città cristiane uno ambizioso ozio,27 quanto dal non avere vera cognizione

delle storie, per non trarne, leggendole, quel senso né gustare di loro quel

sapore che le hanno in sé. Donde nasce che28 infiniti29 che le leggono, pigliono

piacere di udire quella varietà degli accidenti30 che in esse si contengono, sanza

40    pensare altrimenti di imitarle, iudicando la imitazione non solo difficile ma impossibile;

come se il cielo, il sole, li elementi, li uomini, fussino variati di moto,

di ordine e di potenza, da quello che gli erono antiquamente. Volendo, pertanto,

trarre li uomini di questo errore, ho giudicato necessario scrivere, sopra tutti quelli

libri di Tito Livio che dalla malignità de’ tempi non ci sono stati intercetti,31 quello

45    che io, secondo le cognizione delle antique e moderne cose, iudicherò essere

necessario per maggiore intelligenzia32 di essi, a ciò che coloro che leggeranno

queste mia declarazioni,33 possino più facilmente trarne quella utilità per la quale

si debbe cercare la cognizione delle istorie. E benché questa impresa sia difficile,

nondimanco, aiutato da coloro che mi hanno, ad entrare sotto questo peso, confortato,

50    credo portarlo in modo, che ad un altro resterà breve cammino a condurlo

a loco destinato.34

 >> pagina 402 

DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

L’impresa che si accinge a compiere Machiavelli richiede coraggio. Per trovare modi ed ordini nuovi, occorre infatti lo stesso spirito che anima i navigatori nel cercare acque e terre incognite (r. 2). L’esplorazione e la scoperta di territori nuovi (qui, fuor di metafora, si parla dei territori della politica) comportano sicuramente la critica degli uomini che sono abituati più a biasimare che a laudare le azioni d’altri (r. 3). Tuttavia, nella realizzazione del progetto Machiavelli è disposto a mettersi in gioco, chiamando in causa il proprio patrimonio di talenti e conoscenze: un patrimonio di cui egli conosce spessore e originalità, ma che simula di ridimensionare con l’uso retorico della modestia (lo ingegno povero, la poca esperienzia delle cose presenti e la debole notizia delle antique, rr. 9-10).

 >> pagina 403

In questo passo siamo al centro della riflessione, tipicamente umanistico-rinascimentale, sul principio di imitazione. Ma l’oggetto dell’imitazione stavolta è inedito, anomalo. Infatti, sostiene Machiavelli, non desta meraviglia che essa riguardi campi come l’arte, la letteratura, il diritto, perfino la medicina. Non si capisce, allora, perché le imprese e le grandi intuizioni politiche del mondo antico siano più presto ammirate che imitate (rr. 21-22) e perché non si truova principe né republica che agli esempli delli antiqui ricorra (rr. 33-34): trarre li uomini di questo errore (r. 43) sarà lo scopo della sua opera.

L’uomo che esercita una funzione pubblica deve avere ben chiaro che la Storia rappresenta una lezione valida per capire anche il presente: tramite essa è possibile, anzi doveroso, formulare una teoria razionale dell’agire politico, capace di penetrare le leggi universali a cui gli eventi obbediscono e suggerire quindi precise e sicure linee di comportamento.

Certo, le condizioni reali e contingenti cambiano, ma questa ovvia obiezione permette a Machiavelli di ribadire in chiave polemica il proprio radicale naturalismo. L’uomo infatti rimane uguale a sé stesso, immutabile come lo sono i fenomeni naturali (come se il cielo, il sole, li elementi, li uomini, fussino variati di moto, di ordine e di potenza, da quello che gli erono antiquamente, rr. 41-42).

Le scelte stilistiche

Il brano antologizzato è utile anche per cogliere alcune caratteristiche stilistiche, che nel Principe abbiamo trovato alquanto diverse. Qui, infatti, notiamo come la struttura sintattica ricalchi il modello classico, strutturato secondo una serie di proposizioni subordinate e coordinate: un’iniziale concessiva (Ancora che…, r. 1), quindi una serie di incidentali esplicite e implicite (per essere…, r. 3; spinto…, r. 4; non essendo suta…, r. 6 ecc.), inframmezzate dalla principale (ho deliberato, r. 6).

Ben diverso è il piglio del Principe, in cui ci eravamo abituati a fronteggiare, non senza esserne a volte spiazzati, le improvvise ed energiche impennate che movimentano il discorso, rendendolo vibrante. Nei Discorsi, date la natura e la finalità dell’opera, siamo al cospetto invece di un andamento, per così dire, più compassato e raziocinante, anche se certo non privo di passione.

VERSO LE COMPETENZE

COMPRENDERE

1 In che cosa consiste la novità annunciata da Machiavelli all’inizio del Proemio?


2 A che cosa serve per Machiavelli la cognizione delle storie (rr. 36-37)?

ANALIZZARE

3 Nel brano, l’autore fa un cenno – polemico – alla religione cristiana. Individualo e spiegalo.


4 Uno dei tratti retorici tipici di Machiavelli è la dichiarazione di modestia: individuala e spiegane la funzione.

interpretare

5 Quando Machiavelli parla di malignità de’ tempi (r. 44) a che cosa si riferisce?

scrivere per...

argomentare

6 Il principio di imitazione era un valore fondamentale della civiltà classica e umanistica. Oggi la situazione è cambiata: vige soprattutto il “mito” dell’originalità e di chi imita si tende ad avere poca considerazione. Ritieni preferibile la concezione tipica dei tempi di Machiavelli o quella contemporanea? Sviluppa la tua riflessione in un testo argomentativo di circa 20 righe.

Dibattito in classe

Secondo Machiavelli, la storia è magistra vitae, e da essa si può imparare sia a comprendere il presente sia ad agire in modo razionale e pragmatico. Sei d’accordo con lui? E, se sì, ti sembra un atteggiamento facilmente applicabile, o è più facile che l’agire umano sia condizionato più dagli istinti irrazionali e dalle passioni? Discutine con la classe.

Il magnifico viaggio - volume 2
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