– Per il caso Colasberna – continuò il capitano – ho ricevuto già cinque lettere anonime: per un fatto accaduto l’altro ieri, è un buon numero; e ne arriveranno altre… Colasberna è stato ucciso per gelosia, dice un anonimo: e mette il nome del marito geloso…
– Cose da pazzi – disse Giuseppe Colasberna.
– Lo dico anch’io – disse il capitano, e continuò – … è stato ucciso per errore, secondo un altro: perché somigliava a un certo Perricone, individuo che, a giudizio dell’informatore anonimo, avrà presto il piombo che gli spetta.
I soci con una rapida occhiata si consultarono.
– Può essere – disse Giuseppe Colasberna.
– Non può essere – disse il capitano – perché il Perricone di cui parla la lettera, ha avuto il passaporto quindici giorni addietro e in questo momento si trova a Liegi, nel Belgio: voi forse non lo sapevate, e certo non lo sapeva l’autore della lettera anonima: ma ad uno che avesse avuto l’intenzione di farlo fuori, questo fatto non poteva sfuggire… Non vi dico di altre informazioni, ancora più insensate di questa: ma ce n’è una che vi prego di considerare bene, perché a mio parere ci offre la traccia buona… Il vostro lavoro, la concorrenza, gli appalti: ecco dove bisogna cercare.
Altra rapida occhiata di consultazione.
– Non può essere – disse Giuseppe Colasberna.
– Sì che può essere – disse il capitano – e vi dirò perché e come. A parte il vostro caso, ho molte informazioni sicure sulla faccenda degli appalti: soltanto informazioni, purtroppo, ché se avessi delle prove… Ammettiamo che in questa zona, in questa provincia, operino dieci ditte appaltatrici: ogni ditta ha le sue macchine, i suoi materiali: cose che di notte restano lungo le strade o vicino ai cantieri di costruzione; e le macchine son cose delicate, basta tirar fuori un pezzo, magari una sola vite: e ci vogliono ore o giorni per rimetterle in funzione; e i materiali, nafta, catrame, armature, ci vuole poco a farli sparire o a bruciarli sul posto. Vero è che vicino al materiale e alle macchine spesso c’è la baracchetta con uno o due operai che vi dormono: ma gli operai, per l’appunto, dormono; e c’è gente invece, voi mi capite, che non dorme mai. Non è naturale rivolgersi a questa gente che non dorme per avere protezione? Tanto più che la protezione vi è stata subito offerta; e se avete commesso l’imprudenza di rifiutarla, qualche fatto è accaduto che ci ha persuaso ad accettarla… Si capisce che ci sono i testardi: quelli che dicono no no, che non la vogliono, e nemmeno con il coltello alla gola si rassegnerebbero ad accettarla. Voi, a quanto pare, siete dei testardi: o soltanto Salvatore lo era…
– Di queste cose non sappiamo niente – disse Giuseppe Colasberna: gli altri, con facce stralunate, annuirono.
– Può darsi – disse il capitano – può darsi… Ma non ho ancora finito. Ci sono dunque dieci ditte: e nove accettano o chiedono protezione. Ma sarebbe una associazione ben misera, voi capite di quale associazione parlo, se dovesse limitarsi solo al compito e al guadagno di quella che voi chiamate guardianìa: la protezione che l’associazione offre è molto più vasta. Ottiene per voi, per le ditte che accettano protezione e regolamentazione, gli appalti a licitazione privata; vi dà informazioni preziose per concorrere a quelli con asta pubblica; vi aiuta al momento del collaudo; vi tiene buoni gli operai… Si capisce che se nove ditte hanno accettato protezione, formando una specie di consorzio, la decima che rifiuta è una pecora nera: non riesce a dare molto fastidio, è vero, ma il fatto stesso che esista è già una sfida e un cattivo esempio. E allora bisogna, con le buone o con le brusche, costringerla, ad entrare nel giuoco; o ad uscirne per sempre annientandola…
Giuseppe Colasberna disse: – Non le ho mai sentite queste cose – e il fratello e i soci fecero mimica di approvazione.
(Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta, Einaudi, Torino 1961)