T4 - I principati nuovi che si acquistano con le armi proprie e la virtù

T4

I principati nuovi che si acquistano con le armi proprie e la virtù

Il Principe, VI

In questo capitolo Machiavelli affronta un tema centrale dell’opera: la formazione dello Stato nuovo. Gli esempi, desunti dalla Storia e dalla leggenda, sono rappresentati dalle grandi personalità giunte al potere grazie alla virtù e a milizie proprie.

De principatibus novis qui armis propriis et virtute acquiruntur

Non si maravigli alcuno se, nel parlare che io farò de’ principati al tutto nuovi e 

di principe e di stato,1 io addurrò grandissimi esempli. Perché, camminando gli 

uomini sempre per le vie battute da altri e procedendo nelle azioni loro con le 

5      imitazioni, né si potendo le vie d’altri al tutto tenere2 né alla virtù di quegli che 

tu imiti aggiugnere,3 debbe uno uomo prudente entrare sempre per vie battute 

da uomini grandi, e quegli che sono stati eccellentissimi imitare: acciò che, se la 

sua virtù non vi arriva, almeno ne renda qualche odore;4 e fare come gli arcieri 

prudenti,5 a’ quali parendo el loco dove desegnano ferire troppo lontano,6

10    conoscendo fino a quanto va la virtù7 del loro arco, pongono la mira assai più alta 

che il luogo destinato, non per aggiugnere con la loro freccia a tanta altezza,8 ma 

per potere con lo aiuto di sì alta mira pervenire al disegno loro.

Dico adunque che ne’ principati tutti nuovi, dove sia uno nuovo principe, si 

truova a mantenergli più o meno difficultà secondo che più o meno è virtuoso 

15    colui che gli acquista. E perché questo evento, di diventare di privato9 principe, 

presuppone o virtù o fortuna, pare che l’una o l’altra di queste dua cose mitighino 

in parte molte difficultà;10 nondimanco,11 colui che è stato meno in su la fortuna 

si è mantenuto più.12 Genera ancora facilità essere el principe constretto, per non 

avere altri stati, venire personalmente ad abitarvi.13

20    Ma per venire a quegli che per propria virtù e non per fortuna sono diventati 

principi, dico che e’ più eccellenti sono Moisè, Ciro, Romulo, Teseo14 e simili. E 

benché di Moisè non si debba ragionare,15 sendo suto16 uno  mero esecutore delle 

cose che gli erano ordinate da Dio, tamen17 debbe essere ammirato, solum18 per 

quella grazia che lo faceva degno di parlare con Dio. Ma considerato Ciro e li altri 

25    che hanno acquistato o fondati regni, gli troverrete tutti mirabili;19 e se si 

considerranno le azioni e ordini loro particulari, parranno non discrepanti20 da quegli 

di Moisè, che ebbe sì gran precettore.21 Ed esaminando le azioni e vita loro non 

si vede che quelli avessino altro da la fortuna che la occasione, la quale dette loro 

materia a potere introdurvi dentro quella forma che parse22 loro: e sanza quella 

30    occasione la virtù dello animo loro si sarebbe spenta, e sanza quella virtù la 

occasione sarebbe venuta invano.

Era adunque necessario a Moisè trovare el populo d’Israel in Egitto stiavo23

oppresso da li Egizi, acciò che quegli, per uscire di servitù, si disponessino a seguirlo.24 

Conveniva che Romulo non capessi in Alba,25 fussi stato esposto al nascere,26 

35    a volere che27 diventassi re di Roma e fondatore di quella patria.28 Bisognava che 

Ciro trovassi e’ Persi malcontenti dello imperio de’ Medi,29 ed e’ Medi molli ed 

effeminati per la lunga pace. Non poteva Teseo dimostrare la sua virtù, se non 

trovava gli Ateniesi dispersi.30 Queste occasioni per tanto feciono31 questi uomini 

felici e la eccellente virtù loro fe’ quella occasione essere conosciuta:32 donde la 

40    loro patria ne fu nobilitata e diventò felicissima.33

Quelli e’ quali per vie virtuose, simili a costoro, diventono principi, acquistano 

el principato con difficultà, ma con facilità lo tengono; e le difficultà che gli34 

hanno nello acquistare el principato nascono in parte da’ nuovi ordini e modi 

che sono forzati35 introdurre per fondare lo stato loro e la loro sicurtà. E debbasi 

45    considerare come e’ non è cosa più difficile a trattare, né più dubbia a riuscire, né 

più pericolosa a maneggiare, che farsi capo36 di introdurre nuovi ordini. Perché lo 

introduttore ha per nimico tutti quegli che degli ordini vecchi fanno bene,37 e ha 

tiepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene: la quale 

tepidezza nasce parte per paura delli avversari, che hanno le leggi dal canto loro, parte 

50    da la incredulità38 degli uomini, e’ quali non credono in verità39 le cose nuove, se 

non ne veggono nata una ferma esperienza.40 Donde nasce che, qualunque volta 

quelli che sono nimici hanno occasione di assaltare, lo fanno partigianamente,41

quelli altri42 difendono tiepidamente: in modo che insieme con loro si periclita.43

È necessario pertanto, volendo discorrere44 bene questa parte, esaminare se 

55    questi innovatori stanno per loro medesimi o se dependono da altri:45 cioè se per 

condurre l’opera loro bisogna che preghino,46 o vero possono forzare.47 Nel primo 

caso, sempre capitano male e non conducono cosa alcuna; ma quando dependono 

da loro propri e possono forzare, allora è che rare volte periclitano: di qui 

nacque che tutti e’ profeti48 armati vinsono ed e’ disarmati ruinorno. Perché, oltre 

60    alle cose dette, la natura de’ populi è varia49 ed è facile a persuadere loro una cosa, 

ma è difficile fermarli in quella persuasione:50 e però conviene essere ordinato51 in 

modo che, quando non credono più, si possa fare loro credere per forza. Moisè, 

Ciro, Teseo e Romulo non arebbono52 potuto fare osservare loro lungamente le 

loro constituzioni,53 se fussino stati disarmati; come ne’ nostri tempi intervenne54 

65    a fra Ieronimo Savonerola,55 il quale ruinò ne’ sua ordini nuovi, come56 la 

moltitudine cominciò a non credergli, e lui non aveva modo a tenere fermi57 quelli 

che avevano creduto né a fare credere e’ discredenti.58 Però questi tali hanno nel 

condursi grande difficultà, e tutti e’ loro periculi sono fra via59 e conviene che con 

la virtù gli superino. Ma superati che gli hanno, e che cominciano a essere in 

70    venerazione,60 avendo spenti quegli che di sua qualità gli avevano invidia,61 rimangono 

potenti, sicuri, onorati e felici.

A sì alti esempli io voglio aggiugnere uno esemplo minore; ma bene arà qualche 

proporzione con quegli,62 e voglio mi basti per tutti gli altri simili: e questo è 

Ierone siracusano.63 Costui di privato diventò principe di Siracusa; né ancora64 lui 

75    conobbe65 altro da la fortuna che la occasione: perché, sendo e’ siracusani oppressi, 

lo elessono per loro capitano; donde meritò di essere fatto loro principe. E fu di 

tanta virtù, etiam in privata fortuna,66 che chi ne scrive dice «quod nihil illi deerat 

ad regnandum praeter regnum».67 Costui spense68 la milizia vecchia, ordinò della 

nuova;69 lasciò le amicizie antiche, prese delle nuove; e come ebbe amicizie e soldati 

80    che fussino sua, possé70 in su tale fondamento edificare ogni edifizio, tanto 

che lui durò assai fatica71 in acquistare e poca in mantenere.

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DENTRO IL TESTO

I contenuti tematici

Il capitolo si apre con una premessa metodologica di grande importanza, perché chiarisce le basi del principio di imitazione adottato da Machiavelli: per avere successo, è necessario seguire l’esempio degli uomini grandi, in modo che, se anche non fosse possibile eguagliarne i risultati, ci si possa almeno avvicinare (ne renda qualche odore, r. 8).

Tale pratica è essenziale poiché la natura umana è immutabile attraverso i secoli (rr. 3-4). Tuttavia, non si pensi che l’imitazione riesca sempre in modo perfetto, sia per la difficoltà di eguagliare i grandi uomini del passato sia perché le condizioni specifiche delle varie epoche non possono essere identiche. E qui si innesta la metafora degli arcieri prudenti (rr. 8-9), i quali per pervenire al disegno (r. 12) devono alzare la mira, consci che il bersaglio deve essere commisurato alle proprie forze.

Due sono i prerequisiti fondamentali per conquistare il potere: la virtù e la fortuna. L’assenza di uno di questi due elementi determina il fallimento dell’azione. Machiavelli aggiunge però che è necessario affidarsi alla virtù per sfruttare adeguatamente le occasioni propizie offerte dalla fortuna. Per avvalorare il concetto, si serve di esempi illustri tratti dalla Bibbia, dalla mitologia e dalla Storia, come Mosè, Ciro, Romolo e Teseo. Con la sola eccezione di Romolo, si tratta di eroi che hanno agito trasformando una momentanea condizione di rovina in una occasione privilegiata per fondare uno Stato nuovo. In quest’ottica, si capisce come la virtù di cui parla Machiavelli si configuri come quell’insieme di forza, capacità e acume che permette di cogliere con energica prontezza l’occasione quando questa si presenta.

L’innovatore che acquista il potere deve essere inoltre consapevole che la sua azione è inizialmente mal vista e osteggiata da quanti traggono un utile nelle vecchie istituzioni, mentre quella dei conservatori gode normalmente di sostenitori più agguerriti. Per questa ragione, un «principe nuovo» deve adottare delle contromisure che gli permettano di contrapporsi efficacemente agli oppositori: l’uso della forza si rivela senz’altro il migliore strumento per vincere avversari e avversità.

Attraverso il suo tipico procedimento, Machiavelli arriva a concludere il ragionamento con una massima perentoria, che non ammette eccezioni: e’ profeti armati vinsono ed e’ disarmati ruinorno (r. 59). Infatti, la Storia, antica e recente, si incarica di confermare l’assunto: i quattro esempi già citati erano tutti profeti armati. Disarmato, e perciò condannato alla sconfitta, è stato invece Savonarola, del quale Machiavelli non critica il progetto ideologico, ma soltanto l’imperizia strategica, che lo ha portato alla rovina. Il suo caso permette di capire che, per mantenere saldo il consenso popolare, sempre incostante e inaffidabile, la virtù deve accompagnarsi alla forza.

Le scelte stilistiche

Il passo proposto esemplifica, specialmente nella prima parte, il periodare tipico della prosa machiavelliana: troviamo infatti una serie assai lunga di coordinate e subordinate, che riproducono l’andamento del pensiero, fino alla conclusione logica, resa con un’immagine popolaresca (almeno ne renda qualche odore, r. 8).

Significativi sono il ricorso al procedimento “dilemmatico”, realizzato con l’uso della disgiunzione (o virtù o fortuna, r. 16; se questi innovatori stanno per loro medesimi o se dependono da altri […] bisogna che preghino, o vero possono forzare, rr. 54-56) e l’impiego delle massime, che tendono ad assolutizzare con lapidaria incisività la visione machiavelliana dell’uomo (la incredulità degli uomini, e’ quali non credono in verità le cose nuove, se non ne veggono nata una ferma esperienza, rr. 50-51; e’ profeti armati vinsono ed e’ disarmati rui­norno, r. 59).

La medesima esigenza di togliere ogni dubbio a quanto è stato affermato si esprime inoltre attraverso un’altra costante dello stile dell’autore fiorentino, le formule verbali di necessità (Era adunque necessario, r. 32; Conveniva, r. 34, o conviene che, r. 68; Bisognava che, r. 35; E debbasi, r. 44).

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VERSO LE COMPETENZE

Comprendere

1 La breve premessa iniziale spiega il criterio a cui si ispira l’analisi successiva. Qual è il contenuto di questa introduzione?


2 Quali sono le caratteristiche che accomunano gli uomini dell’antichità citati nel capitolo?


3 In che cosa consistono per Machiavelli i limiti dell’azione di Savonarola?


4 Perché a Gerone bastò poca fatica (r. 81) per mantenere quanto aveva costruito?

ANALIZZARE

5 Perché il passo dello storico Giustino (rr. 77-78) è citato direttamente in latino, anziché essere tradotto o rielaborato da Machiavelli?

interpretare

6 La scelta di menzionare Mosè, Ciro, Romolo e Teseo non è casuale: a quali criteri risponde?

scrivere per...

SCRIVERE PER...

argomentare

7 Nel mondo di oggi quanto conta la fortuna e quanto la “virtù”, le capacità? Secondo te la visione machiavelliana è ancora attuale? perché? Spiegalo in un testo argomentativo di circa 30 righe, portando degli esempi concreti a sostegno della tua tesi.

esporre

8 Machiavelli dice che e’ profeti armati vinsono ed e’ disarmati ruinorno (r. 59), ma nella storia del Novecento ci sono grandi esempi di lotta non violenta (Gandhi, Martin Luther King, Mandela ecc.). Fai una ricerca su uno di questi casi ed elabora un testo di presentazione di circa 30 righe.

Educazione CIVICA – Spunti di realtà

Il regime giuridico internazionale relativo all’uso della forza, inteso come il ricorso da parte di uno Stato a operazioni militari contro un altro Stato, è radicalmente mutato dopo la Seconda guerra mondiale, con l’entrata in vigore, il 24 ottobre 1945, della Carta delle Nazioni Unite. Il sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite è imperniato infatti su un divieto generale dell’uso della forza armata (esteso anche alla sua minaccia) stabilito dall’articolo 2, par. 4 della Carta, che prevede come unica eccezione quella della legittima difesa individuale e collettiva. Eppure, negli ultimi anni, le grandi potenze si sono spesso sottratte a tale divieto: emblematico è il caso degli Stati Uniti che, specie dopo gli attacchi terroristici subiti l’11 settembre 2001, hanno teso a giustificare le proprie azioni militari invocando un’interpretazione estensiva della nozione di legittima difesa o considerandole alla stregua di interventi umanitari.


• Ritieni che, per quanto sia doloroso ammetterlo, la guerra possa essere ancora un’opzione possibile? Ci sono, a tuo giudizio, circostanze che la rendano ammissibile? Discutine in classe.

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