Giovanni Boccaccio
I GRANDI TEMI
Sul suo sepolcro Boccaccio volle che fosse scritto un epitaffio, da lui stesso composto, che si concludeva così: studium fuit alma poesis, ovvero il suo amore fu la poesia che dà vita, nutrimento, energia e, al tempo stesso, ripara dalle sofferenze della vita. Ecco: in questa sintetica affermazione è condensata la sua concezione della vita e della letteratura. Per lui il racconto e l’invenzione artistica adempiono a una funzione consolatoria, costituendo una sorta di spazio ameno che diverte e compensa il genere umano delle difficoltà e delle sofferenze affrontate nella vita.
La letteratura, in altri termini, crea e difende una realtà ordinata, rappresenta un luogo di libertà e di piacere, un rifugio nel quale riflettere sui temi più importanti dell’esistenza. Nel Decameron, come vedremo, dieci ragazzi fuggono dalla peste e proprio attraverso la narrazione di novelle rispondono simbolicamente al degrado, alla corruzione e alla morte in cui, a causa dell’epidemia, è precipitata la società.
2 Cortesia e borghesia
L’orizzonte di Boccaccio muta sensibilmente con il ritorno a Firenze insieme al padre, che ha esaurito la propria missione finanziaria a Napoli: d’ora in poi la sua prospettiva sociale e ideologica sarà stabilmente quella borghese, seppure lo scrittore continuerà a coltivare una struggente nostalgia verso il mondo dorato della corte.
Ma che città è la Firenze di quegli anni? Prima di diventare, nel periodo storico successivo (tra Umanesimo e Rinascimento), l’avanguardia del rinnovamento culturale nel campo della letteratura e dell’arte, già nel Trecento, con i suoi banchieri e mercanti, Firenze è uno dei principali centri dell’economia mondiale e sino alla metà del secolo la città vive un’impetuosa espansione.
Negli anni tra Due e Trecento (lo si è visto a proposito dell’età di Dante) le lotte civili tra le opposte fazioni – prima i guelfi e i ghibellini e successivamente, divenuta Firenze stabilmente guelfa, i neri e i bianchi – riflettevano i contrasti tra gruppi sociali diversi: in particolare il ceto dei ricchi mercanti e banchieri (rappresentato dalle arti maggiori), i piccoli artigiani (associati nelle arti minori) e i rappresentanti della nobiltà feudale (magnati). Boccaccio appartiene al primo ceto, ma conosce da vicino anche gli altri: un mondo che con il Decameron ritrarrà in tutte le sue molteplici sfaccettature.
3 L’amore come sentimento terreno
Non mancano però spunti nuovi che vanno nella direzione poi compiutamente sviluppata dal Decameron. Nelle opere scritte in questo periodo, a partire dal Filocolo, si coglie infatti una rappresentazione più articolata dell’amore, declinata in tutta la gamma del patetico e dell’appassionato: le storie narrate esibiscono rimpianti malinconici, vagheggiamenti sensuali e le diverse gradazioni del sentimento, analizzate per toccare la sensibilità del raffinato pubblico cortigiano, desideroso di sogni, lacrime e intrattenimento. Il tema amoroso consente a Boccaccio di proporre un’elegante occasione di consolatoria e idillica evasione.
Al tempo stesso, nel lieto fine matrimoniale che suggella la travagliata vicenda di Florio e Biancifiore, possiamo cogliere un aspetto poi spesso affiorante anche nelle novelle del Decameron: la revisione dei princìpi cortesi dell’amore come semplice diletto. Lo slancio erotico istintivo e generoso, esaltato nelle poesie dei trovatori, viene ora corretto e normalizzato dalle regole morali che integrano valori cristiani e istanze borghesi nella celebrazione del vincolo coniugale.
La concezione dell’amore presentata da Boccaccio – nell’Elegia di Madonna Fiammetta, ma anche e soprattutto nel Decameron – è di assoluta novità: lo scrittore ne parla sempre come di un’esperienza pienamente umana e terrena, descrivendo anche gli aspetti più concreti della passione: l’attrazione fisica, la dimensione sessuale e la naturalità del richiamo dei sensi.
In diverse novelle del Decameron, in particolare, si farà difensore dei “diritti della natura”, polemizzando apertamente con quell’ideale ascetico, tipicamente medievale, che vedeva nella rinuncia, nell’astinenza e nella castità la via più certa alla salvezza dell’anima.
Il magnifico viaggio - volume 1
Dalle origini al Trecento