Questa canzone segna un intervallo nel “romanzo d’amore di Laura” e affronta un tema politico. È rivolta ai signori italiani, colpevoli, secondo Petrarca, di combattersi, utilizzando anche truppe mercenarie, anziché allearsi e lottare per l’indipendenza della penisola dalle influenze straniere. La maggior parte degli studiosi ritiene che sia stata scritta nel 1344-1345 in occasione di una guerra tra i Gonzaga di Mantova e gli Estensi di Ferrara per il controllo di Parma.
Metro Canzone di 7 strofe di 16 versi ciascuna, con schema di rime AbCBaC (fronte) e cDEeDdfGfG (sirma); il congedo ha lo stesso schema della sirma.
Italia mia, benché ’l parlar sia indarno
a le piaghe mortali
che nel bel corpo tuo sì spesse veggio,
piacemi almen che’ miei sospir’ sian quali
5 spera ’l Tevero et l’Arno,
e ’l Po, dove doglioso et grave or seggio.
Rettor del cielo, io cheggio
che la pietà che Ti condusse in terra
Ti volga al Tuo dilecto almo paese.
10 Vedi, Segnor cortese,
di che lievi cagion’ che crudel guerra;
e i cor’, che ’ndura et serra
Marte superbo et fero,
apri Tu, Padre, e ’ntenerisci et snoda;
15 ivi fa’ che ’l Tuo vero,
qual io mi sia, per la mia lingua s’oda.
Voi cui Fortuna à posto in mano il freno
de le belle contrade,
di che nulla pietà par che vi stringa,
20 che fan qui tante pellegrine spade?
perché ’l verde terreno
del barbarico sangue si depinga?
Vano error vi lusinga:
poco vedete, et parvi veder molto,
25 ché ’n cor ▶venale amor cercate o fede.
Qual più gente possede,
colui è più da’ suoi nemici avolto.
O diluvio raccolto
di che deserti strani,
30 per inondar i nostri dolci campi!
Se da le proprie mani
questo n’avene, or chi fia che ne scampi?
Ben provide Natura al nostro stato,
quando de l’Alpi schermo
35 pose fra noi et la tedesca rabbia;
ma ’l desir cieco, e ’ncontra ’l suo ben fermo,
s’è poi tanto ingegnato,
ch’al corpo sano à procurato scabbia.
Or dentro ad una gabbia
40 fiere selvagge et mansuete gregge
s’annidan sì che sempre il miglior geme;
et è questo del seme,
per più dolor, del popol senza legge:
al qual, come si legge,
45 Mario aperse sì ’l fianco,
che memoria de l’opra ancho non langue,
quando assetato et stanco
non più bevve del fiume acqua che sangue.
Cesare taccio, che per ogni piaggia
50 fece l’erbe sanguigne
di lor vene, ove ’l nostro ferro mise.
Or par, non so per che stelle maligne,
che ’l cielo in odio n’aggia:
vostra mercé, cui tanto si commise.
55 Vostre voglie divise
guastan del mondo la più bella parte.
Qual colpa, qual giudicio o qual destino
fastidire il vicino
povero, et le fortune afflicte et sparte
60 perseguire, e ’n disparte
cercar gente et gradire,
che sparga ’l sangue et venda l’alma a prezzo?
Io parlo per ver dire,
non per odio d’altrui né per disprezzo.
65 Né v’accorgete anchor per tante prove
dal bavarico inganno
ch’alzando il dito colla morte scherza?
Peggio è lo strazio, al mio parer, che ’l danno;
ma ’l vostro sangue piove
70 più largamente, ch’altr’ira vi sferza.
Da la matina a terza
di voi pensate, et vederete come
tien caro altrui che tien sé così vile.
Latin sangue gentile,
75 sgombra da te queste dannose some;
non far idolo un nome
vano, senza soggetto:
ché ’l furor de lassù, gente ritrosa,
vincerne d’intellecto,
80 peccato è nostro, et non natural cosa.
Non è questo ’l terren ch’i’ tocchai pria?
Non è questo il mio nido
ove nudrito fui sì dolcemente?
Non è questa la patria in ch’io mi fido,
85 madre benigna et pia,
che copre l’un et l’altro mio parente?
Perdio, questo la mente
talor vi mova, et con pietà guardate
le lagrime del popol doloroso,
90 che sol da voi riposo
dopo Dio spera; et pur che voi mostriate
segno alcun di pietate,
vertù contra furore
prenderà l’arme, et fia ’l combatter corto:
95 ché l’antiquo valore
ne l’italici cor’ non è anchor morto.
Signor’, mirate come ’l tempo vola,
et sì come la vita
fugge, et la morte n’è sovra le spalle.
100 Voi siete or qui; pensate a la partita:
ché l’alma ignuda et sola
conven ch’arrive a quel dubbioso calle.
Al passar questa valle
piacciavi porre giù l’odio et lo sdegno,
105 vènti contrari a la vita serena;
et quel che ’n altrui pena
tempo si spende, in qualche acto più degno
o di mano o d’ingegno,
in qualche bella lode,
110 in qualche honesto studio si converta:
così qua giù si gode,
et la strada del ciel si trova aperta.
Canzone, io t’ammonisco
che tua ragion cortesemente dica,
115 perché fra gente altera ir ti convene,
et le voglie son piene
già de l’usanza pessima et antica,
del ver sempre nemica.
Proverai tua ventura
120 fra’ magnanimi pochi a chi ’l ben piace.
Di’ lor: «Chi m’assicura?
I’ vo gridando: Pace, pace, pace».
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DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Petrarca auspica un’Italia in pace, mentre ovunque infuriano battaglie tra i signori italiani. A questi il poeta si rivolge esortandoli a riflettere sulla responsabilità che Dio ha loro affidato – in base a una concezione provvidenzialistica della Storia, tipicamente medievale – affinché si uniscano a beneficio della patria. Per questo è fondamentale sbarazzarsi delle truppe mercenarie straniere, inaffidabili e pericolose.
Nella canzone Petrarca attribuisce all’Italia una superiorità morale che richiama l’epoca romana, rispetto ai popoli nordici considerati incivili. Per questo testo, nell’Ottocento risorgimentale Petrarca sarà considerato un anticipatore della causa dell’Unità d’Italia. Tuttavia l’idea di unità di Petrarca è soprattutto legata a una dimensione culturale, non a una struttura statale. Inoltre la visione geografica del poeta è limitata, come si comprende anche dai fiumi citati: il Po, l’Arno e il Tevere, dunque solo il Centro-Nord della penisola.
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Mentre Dante aveva come propri riferimenti il mondo comunale e insieme l’ideale dell’impero universale, qui Petrarca non si rivolge né ai Comuni né all’imperatore, ma direttamente ai signori italiani. Ciò evidenzia come, verso la metà del Trecento, la realtà delle Signorie e delle corti sia ormai ben radicata nella situazione politica italiana.
Il dolore per la patria trasformata in un campo di battaglia induce il poeta a intrecciare il desiderio rabbioso del riscatto – fondato sul mito dell’antica Roma, sulle vittorie di Mario e Cesare e sulla classica opposizione tra latini e tedeschi, civiltà e barbarie – con la delicata e pietosa evocazione dell’amore per il suolo natio e del legame quasi religioso con la terra, oltraggiata da una violenza estranea e feroce (vv. 81-91).
L’appello alla riscossa prorompe non a caso da un’esigenza morale più ancora che militare: la vertù contra furore (v. 93) e l’antiquo valore (v. 95) della stirpe italica sapranno rinnovare quel destino di grandezza e di pace che è inscritto nel disegno divino della Storia.
È proprio questo aspetto, culturale ed etico, del patriottismo petrarchesco a esercitare una grandissima suggestione sugli scrittori italiani successivi: da questa canzone infatti nasce l’idea, coltivata da poeti come Alfieri, Leopardi, Carducci e viva in tutto il Risorgimento, che l’identità italiana si basa sulla condivisione di un patrimonio storico e civile e sulla memoria dei valori e degli esempi del glorioso passato romano.
Il componimento di Petrarca tuttavia non si esaurisce nel motivo politico, che infatti è inserito all’interno di una più generale meditazione esistenziale. Oltre al tono di preghiera, che appare nei primi versi con l’invocazione della grazia divina, l’ultima strofa prima del congedo invita a tener conto della brevità della vita (vv. 97-99) e dell’inutilità delle passioni destinate a essere travolte dallo scorrere del tempo e dall’appressarsi della morte.
Le scelte stilistiche
La tematica impegnata trova il proprio corrispettivo stilistico in scelte metriche, sintattiche, retoriche e lessicali impostate su un livello elevato, già a partire dalla scelta della canzone, forma poetica nobile. La sintassi, spesso concitata come a rendere l’urgenza emotiva dei concetti, è caratterizzata da riprese, parallelismi e antitesi. Queste ultime, in particolare, appaiono volte a evidenziare il contrasto tra il bene e il male (cfr. i vv. 29-30, 40, 93).
Il tono del componimento è reso solenne ed elevato attraverso diverse figure retoriche: metafore, interrogative retoriche, invocazioni e apostrofi. La prima strofa si apre con una prosopopea: la personificazione dell’Italia in una donna dal corpo martoriato (vv. 2-3).
Ancora, al v. 49 (Cesare taccio) si può notare una preterizione: dicendo di non voler parlare di Cesare, di fatto il poeta lo ricorda. L’usanza pessima et antica, / del ver sempre nemica (vv. 117-118), infine, è una perifrasi per indicare l’adulazione. Anche il lessico è solenne, come mostrano in particolare i latinismi che abbiamo evidenziato nelle note.
VERSO LE COMPETENZE
Comprendere
1 Qual è la soluzione prospettata dall’autore in merito alla situazione politica dell’Italia del suo tempo?
2 Quali sono le ipotesi formulate nella quarta strofa per spiegare il comportamento dei signori italiani?
3 In che cosa consiste l’inganno messo in atto dai tedeschi ai danni degli italiani (quinta strofa)?
4 Nella sesta strofa Petrarca afferma che, se gli italiani affronteranno i mercenari, il combattimento sarà breve. Perché? Chi risulterebbe vincitore?
Analizzare
5 Individua la personificazione nella terza strofa.
6 Individua, nella terza strofa, un chiasmo, spiegandone la funzione espressiva.
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interpretare
7 Come si concilia l’appello alla pace dell’ultimo verso con il precedente invito ai signori italiani a prendere le armi contro i mercenari stranieri?
SCRIVERE PER...
ESPORRE
8 Rintraccia nel profilo generale di Petrarca la sua concezione politica e scrivi un breve testo (circa 10 righe), citando esempi tratti dal componimento a supporto della tua trattazione.
Educazione CIVICA – Spunti di realtà
L’idea che Petrarca aveva dell’Italia ha un fondamento culturale pi che strettamente politico. Tuttavia questa canzone sarà molto popolare durante il Risorgimento e verrà letta come un invito a unire le forze contro il nemico invasore e a esaltare le radici dell’italianità, a partire da quelle romane. L’articolo 52 della nostra Costituzione afferma che «la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino», e tutto l’ordinamento voluto dai Padri Costituenti all’indomani della Seconda guerra mondiale presuppone la fedeltà a una comunità politica democratica e pluralista. Negli ultimi anni, però, si è radicato in molte persone un sentimento di anti-italianità, motivato – si dice – dai poco lusinghieri comportamenti diffusi nella classe politica nazionale ma non solo.
• Qual è il tuo personale rapporto con l’Italia? Al di là di ogni retorica, quali aspetti della sua cultura, della sua società, del suo costume rivendichi e quali eventualmente respingi? Scrivi su questo tema un testo argomentativo.
T14
Pace non trovo, et non ò da far guerra
Canzoniere, 134
In questo sonetto il poeta esprime la contraddittorietà della passione amorosa attraverso una serie di contrasti. Emerge, ancora una volta, la sostanza di dolore che caratterizza il suo tormentato sentimento per Laura.
Metro Sonetto con schema di rime ABAB ABAB CDE CDE. Asset ID: 96896 (let-audlet-pace-non-trovo-et-non-170.mp3)
Audiolettura
Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra;
4 et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio.
Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra,
8 né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.
Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et ▶bramo di perir, et cheggio aita;
11 et ò in odio me stesso, et amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
14 in questo stato son, donna, per voi.
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DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Emerge nel sonetto il ritratto di un uomo in preda a un grande contrasto interiore, che non sa ciò che davvero desidera, che non è in grado di decidere tra le sensazioni contrapposte che prova. Nella prima quartina le ragioni di tale condizione restano sospese e vengono chiarite nella seconda, dove al v. 7 si parla esplicitamente di Amore. Nella prima terzina proseguono i contrasti, per arrivare, al verso che conclude il sonetto, a sciogliere il nodo di tale insopportabile agitazione interiore e ad accusare l’amata (in questo stato son, donna, per voi).
Nella parafrasi abbiamo provato a offrire una plausibile interpretazione di tutti i contrasti presenti nel testo, ma va detto che probabilmente Petrarca voleva esprimere, attraverso di essi, la sostanziale irrazionalità della condizione dell’amante. Non solo: il sonetto, secondo lo studioso Stefano Carrai, rientra nel «microgenere lirico che i provenzalisti [gli studiosi di letteratura provenzale] chiamano devinalh (indovinello), ove una serie di antitesi apparentemente inspiegabili serve a tratteggiare una situazione enigmatica».
Le scelte stilistiche
Le figure retoriche adottate dal poeta per rappresentare le contraddizioni del proprio animo sono l’ossimoro e l’antitesi: potremmo dire che in ogni verso un’antitesi produce un ossimoro. Essi sono presenti in tutti i versi, tranne nell’ultimo, nel quale il poeta, come abbiamo visto, confessa la vera ragione del suo tormento.
L’amore come contrasto interiore e ragione di lacerazione morale è motivo da Petrarca intimamente sentito (e presente in diversi componimenti del Canzoniere, oltre che nel Secretum): possiamo parlare, in questo caso, di un perfetto utilizzo degli strumenti retorici per esprimere l’autentico dramma psicologico del poeta.
Del resto, la dicotomia costituisce la condizione peculiare della personalità e della produzione poetica di Petrarca. Non è un caso che, nel proemio del secondo libro del trattato De remediis utriusque fortunae, egli dichiari di esser stato colpito da una sentenza attribuita al filosofo greco Eraclito, secondo la quale omnia cum lite fieri: vale a dire, tutte le cose sono il prodotto di uno scontro tra opposti. >> pagina 489
VERSO LE COMPETENZE
Comprendere
1 Riassumi brevemente il contenuto del sonetto.
2 Trova un titolo per ciascuna quartina e terzina del sonetto.
3 Chi sono i due personaggi introdotti nel testo, oltre al poeta?
Analizzare
4 Completa la seguente tabella, individuando nelle due quartine il termine che si contrappone a quello presente nella prima colonna.
Termine contrapposto
Pace
spero
ardo
volo sopra ’l cielo
tutto ’l mondo abbraccio
apre
mi riten
mi sferra
mi trae d’impaccio
5 Individua una prosopopea presente nel testo e spiega quale concetto sottolinea.
6 Nel testo sono presenti enjambement? Se sì, dove?
7 Nella struttura dei periodi prevale la paratassi o l’ipotassi? L’asindeto o il polisindeto?
SVILUPPARE IL LESSICO
8 Il verbo “sferrare” è un derivato del sostantivo “ferro”; trova almeno altri 5 derivati da questa parola (almeno un sostantivo, un verbo e un aggettivo) e scrivi una frase per ciascuno di essi.
interpretare
9 Individua le rime legate da un rapporto semantico: spiega di che cosa si tratta e qual è la funzione.
scrivere per...
CONFRONTARE
10Piangendorido (v. 12): trova un libro, un film o una canzone che abbia suscitato in te una reazione analoga. Scrivi un testo di circa 20 righe.
RACCONTARE
11Racconta un’esperienza o parla di una persona che ha generato in te sentimenti discordanti. Scrivi un testo di circa 20 righe usando alcuni contrasti presenti nella poesia, o inventandone di nuovi.
T15
L’avara Babilonia à colmo il sacco
Canzoniere, 137
Come accennato nell’introduzione all’opera, Petrarca dedica tre sonetti (136-138) – chiamati “sonetti babilonesi” per la metafora biblica su cui si basano – alla polemica nei confronti della curia pontificia avignonese, che egli giudica empia e corrotta. I sonetti sono stati composti tra il 1346 e il 1347 (secondo altri tra il 1351 e il 1353).
Metro Sonetto con schema di rime ABBA ABBA CDC DCD.
L’avara Babilonia à colmo il sacco
d’ira di Dio, e di vitii empii et rei,
tanto che scoppia, ed à fatti suoi dèi
4 non Giove et Palla, ma Venere et Bacco.
Aspectando ragion mi struggo et fiacco;
ma pur novo soldan veggio per lei,
lo qual farà, non già quand’io vorrei,
8 sol una sede, et quella fia in Baldacco.
Gl’idoli suoi sarranno in terra sparsi,
et le torre superbe, al ciel nemiche,
11 e i suoi torrer’ di for come dentro arsi.
Anime belle et di virtute amiche
terranno il mondo; et poi vedrem lui farsi
14 aureo tutto, et pien de l’opre antiche.
>> pagina 490
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Il tema centrale della poesia è la forte indignazione morale dell’autore: Avignone è corrotta, i prelati della curia papale si dedicano solo ai propri interessi personali e Dio è pronto a intervenire, perché la sua pazienza è stata per troppo tempo messa alla prova (colmo il sacco / d’ira di Dio, vv. 1-2).
Dalla seconda quartina in poi è presente una profezia: presto verrà un uomo a riportare la sede del Papato a Roma, sottintendendo che il mondo conoscerà un profondo rinnovamento. Poiché l’espressione novo soldan (v. 6) è oscura, ha dato origine alle più diverse interpretazioni. Secondo la maggior parte dei commentatori si tratterebbe di un imperatore oppure di un pontefice a cui spetterà lo stesso compito di purificazione e redenzione (et poi vedrem lui farsi/aureo tutto, vv. 13-14) assegnato da Dante al «veltro» (Inferno, I, 100-111), il cane da caccia che ristabilirà l’ordine e la giustizia eliminando la cupidigia dal mondo. D’altra parte le profezie conservano sempre un certo margine di oscurità e di ambiguità, come accade con lo stesso Dante in quelle della DivinaCommedia. Tuttavia, mentre le profezie dantesche sono formulate generalmente dopo che gli eventi cui si riferiscono hanno avuto luogo, in questo caso possiamo invece intendere la profezia di Petrarca come l’espressione di un desiderio: che il papa torni a Roma e che così cessi la corruzione della curia pontificia, determinata in una certa misura, secondo il poeta, proprio dalla lontananza dalla sua sede originaria.Quando parla delle torresuperbe (v. 10), Petrarca allude alle torri del palazzo papale di Avignone, fatto costruire da Benedetto XII e continuato da Clemente VI. In una delle lettere Sine nomine (8), il papa viene definito «terrificante costruttore di torri». Queste torri sono dette al ciel nemiche (v. 10) perché agli occhi di Petrarca rappresentano quasi una sfida alla divinità. C’è un evidente riferimento al mito della torre di Babele, di cui si parla nella Bibbia: gli abitanti di Babele volevano costruire una torre altissima che potesse raggiungere il cielo; la loro superbia fu punita da Dio, che li costrinse a parlare lingue diverse e dunque a non comprendersi più l’un l’altro, e ciò impedì di ultimare la costruzione della torre. >> pagina 491
Le scelte stilistiche
L’indignazione morale di Petrarca si esprime attraverso un’invettiva, condotta con un tono aspro, caratterizzato da energia espressiva e da enfasi (per esempio, mi struggo et fiacco, v. 5), ma anche solenne nella terzina in cui il poeta profetizza la punizione divina della Chiesa corrotta (Gl’idoli suoi sarranno in terra sparsi,/ et le torre superbe,al ciel nemiche, /e i suoi torrer’ di for come dentro arsi, vv. 9-11).
Se i primi undici versi definiscono drammaticamente la corruzione della curia avignonese e la punizione imminente, nell’ultima terzina il tono si distende e l’atmosfera si illumina con la visione di un rinnovamento morale dell’umanità.
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE
1Quali sono i vizi che Petrarca rimprovera alla curia papale di Avignone? Indica i relativi versi.
2In che cosa consisterà la punizione dell’arroganza dei prelati avignonesi?
ANALIZZARE
3Individua la metafora presente nella prima quartina.
4 In quali versi troviamo in primo piano il poeta con i suoi sentimenti?
INTERPRETARE
5Per condannare il degrado avignonese Petrarca ricorre alla mitologia pagana (Babilonia, Giove, Bacco ecc.): perché secondo te?
SCRIVERE PER...
ESPORRE
6 Svolgi una breve ricerca sulla cosiddetta “cattività avignonese”, per rispondere alle seguenti domande.
Di che cosa si trattò?
Quanto durò?
Da quali ragioni fu motivata?
In che modo terminò?
Chi scrisse sull’argomento oltre a Petrarca?
ARGOMENTARE
7C’è una città che giudichi particolarmente degradata o pericolosa? perché? Spiegalo in un testo di circa 20 righe.