Francesco Petrarca

I GRANDI TEMI

1 Un intellettuale tra mondo antico e cristianesimo

È ormai quasi un luogo comune: per la maggior parte dei suoi lettori, Petrarca può essere considerato il primo intellettuale moderno, il primo a concepirsi e a esaltare sé stesso come tale, proponendosi come l’artefice del proprio mito, da trasmettere ai posteri. In effetti, l’elemento centrale non solo della sua opera, ma anche della sua stessa esistenza è costituito dall’analisi dell’io e dei suoi stati d’animo, sempre soggetti a contraddizioni, entusiasmi, dubbi e slanci emotivi. La sua ricerca della felicità è tutt’altro che serena e pacificata: al contrario, essa è messa sotto verifica, sottoposta a una dimensione morale ed esistenziale soggetta continuamente a forti tensioni interne.

Figlio di un’epoca di profonde inquietudini, Petrarca sembra riflettere la precarietà di un secolo, quale il Trecento, segnato da catastrofi e incertezze. L’unica certezza che non lo abbandona mai è l’amore per la classicità e per gli autori che ne hanno incarnato princìpi e ideali: la sapienza antica rappresenta ai suoi occhi un’eredità che non smetterà di appartenerci e che pertanto è necessario riacquistare, conoscere e ammirare. Non a caso il compito intellettuale che Petrarca assegna a sé stesso è quello della cosiddetta translatio, cioè il passaggio del sapere della civiltà greca e romana nel mondo moderno e in particolare in quello cristiano. Egli avverte infatti la necessità di conciliare i miti e le filosofie pagane con il cristianesimo, che appare ai suoi occhi come una religione universale, capace di rispondere alle aspirazioni umane sentite in tempi e contesti diversi. Per questa ragione l’operazione di recupero culturale delle dottrine antiche si sposa con la valorizzazione della morale cristiana: il patrimonio della sapienza classica viene sentito come un modello di umanità e come una cultura in dialogo con tutte le civiltà.

La conoscenza degli autori antichi non si riduce quindi a una semplice riscoperta storica: Petrarca si riconosce nelle domande, nei dubbi e nelle aspirazioni dei grandi poeti classici, nei quali può ritrovare, per così dire, uno specchio attraverso cui conoscere meglio la sua identità. Proprio in virtù di questa continuità dell’esperienza umana il presente «può e deve tornare al passato, e trasformarne il sapere in possesso per sempre» (Fenzi): da ciò si spiega quel sentimento di profonda intimità che può legare l’intellettuale umanista moderno a quello antico, all’interno di un colloquio fecondo e ininterrotto.

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Tuttavia, affinché ciò sia possibile, è necessario che le opere classiche siano lette nella forma il più possibile vicina a quella originale. Sappiamo che per tutto il Medioevo i testi letterari, filosofici e scientifici dell’antichità erano stati tramandati attraverso manoscritti più volte copiati e ricopiati. Riprodotti manualmente dai monaci da una copia all’altra, spesso i testi originari erano stati corrotti, cioè contenevano errori di trascrizione talvolta così importanti da stravolgere il significato originario. Petrarca si preoccupa proprio di ristabilire la precisione testuale, con rigore filologico. Il poeta lavora con questo intento alle Decadi di Tito Livio, e la sua può essere considerata una sorta di edizione critica ante litteram, cioè un tentativo di ricostruzione scientifica del testo originale di un’opera.
Inoltre, Petrarca è un instancabile “cercatore” di testi, poiché uno dei suoi scopi è ritrovare le opere della cui esistenza aveva notizia da altre fonti, ma che nel corso dei secoli, specialmente durante l’Alto Medioevo, erano andate perdute. Da qui i numerosi viaggi, favoriti dagli incarichi diplomatici, alla volta delle biblioteche conventuali di tutta Europa e la sua fitta corrispondenza con altri letterati suoi contemporanei, ai quali chiede aiuto in questa impresa ardua ma assai stimolante, come è testimoniato dalla lettera all’amico Giovanni dell’Incisa, cui chiede di cercare per lui opere negli scaffali dei monasteri ( T3, p. 434).

Petrarca aveva ricevuto il primo manoscritto in dono dal padre, quando era ragazzo; alla fine della sua vita, i volumi da lui collezionati costituiscono la biblioteca privata più ricca d’Europa. Molti codici li ha acquistati, altri li ha fatti copiare egli stesso, altri ancora gli sono stati donati. Tra i libri presenti in questa straordinaria collezione vi sono quelli di autori greci, che egli legge però in traduzione poiché non ne conosce la lingua, testi latini di epoca sia classica sia medievale, e volumi in volgare. Tra i nomi più rappresentati, Omero, Virgilio, Cicerone, Orazio, Livio, Seneca, Agostino.

La cultura classica è dunque vitale per Petrarca: egli considera i grandi autori quasi come degli amici autorevoli ai quali affidarsi, personaggi con cui confrontarsi per misurare le proprie scelte, imprescindibili punti di riferimento culturale.

Il magnifico viaggio - volume 1
Il magnifico viaggio - volume 1
Dalle origini al Trecento