Pagine di realtà - Nostalgia canaglia: il mito del passato

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Nostalgia canaglia: il mito del passato

O tempora, o mores, “o tempi, o costumi”, lamentavano i Romani, inclini quanto Dante a idealizzare il passato e a deprecare la (presunta) corruzione dell’epoca in cui vivevano. Nulla di nuovo sotto il sole, visto che la tendenza a considerare “ieri” molto meglio di “oggi” sembra connaturata al genere umano. A quanto pare, però, gli italiani sono specializzati nel rimpianto di ciò che non c’è più, e non importa che la società che viene nostalgicamente esaltata fosse poi tutt’altro che un paradiso. Su questo aspetto dell’animo umano, rafforzato dalle difficoltà di un incerto presente, ragiona in quest’articolo Samuele Maccolini, ponendo ai giovani, più ancora che agli adulti, interessanti spunti di riflessione.

“In un Paese come il nostro, martoriato da una crisi strutturale, viene istintivo volgere lo sguardo all’indietro verso un passato glorioso. La nostalgia, come appurato dal rapporto Censis-Conad, è un sentimento molto diffuso nel nostro Paese. È quel “si stava meglio quando si stava peggio”, che ritorna nei discorsi quotidiani per dare libero sfogo a un’immaginazione limitata dalle restrizioni del reale.

E in effetti di motivi per invidiare il passato ce ne sono tanti. Gli anni Sessanta, con il miracolo del boom economico, erano anni vitali in cui si costruiva il futuro di un nuovo Paese. I cicli espansivi erano accompagnati da miti positivi, vero motore di un nuovo ceto medio allargato: una progressione vitalistica fondata sulla forza di riscatto del lavoro, sulla spinta trasformatrice dei consumi, sulla leva securizzante della patrimonializzazione1. […] Ora il nostro immaginario è monopolizzato dall’ansia per il presente. Il lavoro precario, l’ascensore sociale bloccato, l’immigrazione ingestibile, la cinghia dell’austerità sono solo alcuni dei drammi della nostra epoca. Nostalgia canaglia, dunque. È facile rifugiarsi nel passato, rifugio verso un tempo che non si ama. La tentazione di crogiolarsi nel ricordo è forte, ma non è la soluzione per dipanare la matassa di un presente intricato.

Il 69% degli italiani è convinto che nel complesso la qualità della vita fosse meglio prima. Solo in Grecia si registra una quota più alta, pari addirittura al 92%. In Germania e nel Regno Unito le quote nostalgiche sono molto minoritarie. Anche in Francia e Spagna i nostalgici sono in quota inferiore rispetto al nostro Paese. La nostalgia tende a mitizzare il passato piuttosto che a scommettere sul futuro. Tranne Francia e Grecia, l’Italia è il Paese Ue in cui è più bassa la quota di persone convinte che rispetto a 30 anni fa le opportunità per avanzare nella vita siano diventate più eguali tra i cittadini. Ne è convinto il 38% degli italiani, contro il 46% della media Ue, al 48% della Spagna, il 54% della Germania, 55% dell’Inghilterra e 63% della Svezia.

L’immaginario della nostalgia è il precipitato2 di uno stallo sociodemografico, quello dell’Italia, dove è presente una maggioranza di classi di età avanzata. Gli adulti nel nostro Paese sono molti di più dei giovani, è quindi naturale che si continui a reclinare la testa all’indietro. Inoltre le classi giovani, oltre a essere in minoranza, possiedono anche minore potere economico e sociale, da vent’anni in perenne calo. Succede dunque che alla parte del Paese più giovane, quella che dovrebbe rappresentare la vitalità, l’innovazione, l’energia della nazione, viene più facilmente attribuita quella classe di esperienze negative quali il precariato, la disoccupazione, l’insicurezza economica. Ciò comporta anche la mancata emancipazione della gioventù, che non riesce a staccare le radici dal terreno di casa. Così la dinamicità della società viene colpita da un immaginario di indolenza giovanile. E proprio i giovani erano stati negli anni passati la vera forza propulsiva di una società in crescita. Erano loro i protagonisti della nuova era industriale, della corsa ai consumi, dell’esplosione della soggettività postmaterialistica, così come nell’ambito della contestazione e della scalata alle nuove libertà individuali. Ci troviamo a vivere quindi una nuova fase dove la digitalizzazione e le nuove tecnologie informatiche tradiscono le aspettative e vanno a costituire la cornice di una fragilità giovanile senza precedenti.”


(Samuele Maccolini, Nostalgia canaglia: il mito sbagliato del passato, “Linkiesta”, 17 dicembre 2018)

leggi e comprendi

1 Perché gli anni Sessanta determinarono, secondo l’autore, una notevole fiducia verso il futuro?


2 Esiste una correlazione tra il diffondersi della nostalgia e l’invecchiamento demografico della società?

Rifletti, scrivi, sostieni

3 Sulla base di dati oggettivi (il sentimento nostalgico verso il passato che alligna tra gli italiani), l’articolo presenta una tesi interessante ma discutibile, dipingendo la giovane generazione in una condizione di “indolenza”, incapace di tornare protagonista nella vita sociale ed economica della nazione, costretta dalle difficoltà del presente e dalle incertezze del futuro a volgersi con rimpianto al passato.

Partendo dal tuo personale stato d’animo, argomenta all’interno di un dibattito in classe il tuo punto di vista: cerca di usare un linguaggio appropriato servendoti di una sintassi incalzante che prediliga la paratassi per essere più efficace. Allo stesso tempo, per associarti o controbattere all’assunto del giornalista, cerca di stabilire simmetrie, contrapposizioni, concessioni con i connettivi adeguati allo scopo (mentre; da una parte… dall’altra; se… allora; certo… eppure).

Per fare ricerca

L’obiettivo 8 dell’Agenda 2030 mira a dare ai giovani maggiori e migliori opportunità di lavoro e ad agevolarli nel raggiungere indipendenza economica, realizzazione professionale e potere decisionale. In particolare:

• Obiettivo 8.6: Ridurre la percentuale di giovani disoccupati che non seguono un corso di studi o di formazione.

• Obiettivo 8b: Sviluppare e attuare una strategia globale per l’occupazione giovanile.

Il magnifico viaggio - volume 1
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Dalle origini al Trecento