INTRECCI LETTERATURE STRANIERE - Le visioni letterarie prima di Dante

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Le visioni letterarie prima di Dante

Una possibile fonte islamica

Dante inventa la cosmologia fantastica del suo aldilà sulla base di criteri il più possibile razionali, cercando di offrire al proprio disegno una sostanziale coerenza interna. Tuttavia il poeta non poteva ignorare gran parte dell’iconografia pagana e cristiana dell’oltretomba e si potrebbe rilevare che alcune opere precedenti avevano provato a rappresentare i regni dell’aldilà in termini che potrebbero sembrare molto simili a quelli danteschi.
Le gioie del Paradiso e le torture infernali

Tra queste opere ricordiamo il Libro delle tre scritture del milanese Bonvesin de la Riva (1240 ca - 1313/1315), un poemetto ultimato prima del 1274, De Ierusalem celesti (La Gerusalemme celeste) e De Babilonia civitate infernali (Babilonia, città infernale), due poemetti composti dal francescano Giacomino da Verona (seconda metà del XIII secolo). Nell’opera di Bonvesin sono descritte le pene infernali, la redenzione e le gioie del Paradiso: in particolare, colpisce la violenza espressiva con la quale vengono raccontate le torture subite dai dannati, atte a spaventare il lettore in una prospettiva didattica e morale.

È innegabile che nel capolavoro dantesco sia talora possibile rintracciare qualche elemento del mondo rappresentativo e ideologico di autori come questi, che però sarebbe sbagliato definire “precursori”. Dante opera certo una sintesi degli elementi formali, culturali e morali della tradizione retorico-letteraria a lui precedente, ma al tempo stesso segna da essa una notevolissima distanza.

Il Libro della Scala di Maometto

La curiosità intellettuale di Dante deve indurre a considerare un’altra opera che presenta chiare e interessanti analogie con la struttura letteraria e concettuale della Commedia: il Libro della Scala di Maometto. Si tratta di un testo escatologico arabo-spagnolo fatto tradurre poco prima del 1264 da re Alfonso X di Castiglia; da questa versione castigliana, ora perduta, l’italiano Bonaventura da Siena trasse due versioni in latino e in antico francese, giunte a noi.

L’opera originaria appartiene a quel filone della letteratura araba che, sviluppando un famoso versetto coranico su un miracoloso viaggio notturno del profeta a Gerusalemme (Corano, XVII, 1), narra la sua salita al cielo e la sua visita dei regni d’oltretomba. Nel Libro della Scala, Maometto è destato dall’angelo Gabriele, è fatto montare sul destriero alato Bura-q, condotto a Gerusalemme, e di qui fatto ascendere in cielo per la fulgida scala che dà il nome al libro. Egli visita quindi il Paradiso con le sue delizie di natura e d’amore, e riceve da Dio il Corano, con i precetti delle orazioni quotidiane e del digiuno. Passato poi all’Inferno, ne percorre le sette terre e ne contempla i diversi tormenti, ascoltando da Gabriele le spiegazioni sul giorno del giudizio. Tornato infine sulla Terra, tenta invano di convincere i suoi concittadini della Mecca sulla verità della sua visione.

La grande diffusione di tale testo consentì una divulgazione dei suoi contenuti dalla Spagna araba all’Occidente cristiano. Lo storico e arabista Miguel Asín Palacios (1871-1944) ha sostenuto la tesi che l’escatologia musulmana abbia influenzato la Divina Commedia proprio per il tramite del Libro della Scala, essendo tale testo giunto all’ambiente di Dante. Oggi la sua conoscenza da parte del poeta appare probabile; ma sulla misura e sul valore delle suggestioni che il Libro della Scala può avergli fornito per la sua visione d’oltretomba i pareri restano assai discordi.

Il magnifico viaggio - volume 1
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Dalle origini al Trecento