Composta intorno al 1296, questa è la più celebre delle cosiddette rime “petrose”, dedicate a una donna refrattaria all’amore. Alla durezza della materia corrisponde quella della forma, violenta anch’essa e capace di rappresentare con grande efficacia lo scoppio di una passione profonda e irrazionale.
T11 - Così nel mio parlar voglio esser aspro
T11
Così nel mio parlar voglio esser aspro
Rime
Così nel mio parlar voglio esser aspro
com’è ne li atti questa bella petra,
la quale ognora impetra
maggior durezza e più natura cruda,
5 e veste sua persona d’un diaspro
tal che per lui, o perch’ella s’arretra,
non esce di faretra
saetta che già mai la colga ignuda;
ed ella ancide, e non val ch’om si chiuda
10 né si dilunghi da’ colpi mortali,
che, com’avesser ali,
giungono altrui e spezzan ciascun’arme:
sì ch’io non so da lei né posso atarme.
Non trovo scudo ch’ella non mi spezzi
15 né loco che dal suo viso m’asconda:
ché, come fior di fronda,
così de la mia mente tien la cima.
Cotanto del mio mal par che si prezzi
quanto legno di mar che non lieva onda;
20 e ’l peso che m’affonda
è tal che non potrebbe adequar rima.
Ahi angosciosa e dispietata lima
che sordamente la mia vita scemi,
perché non ti ritemi
25 sì di rodermi il core a scorza a scorza
com’io di dire altrui chi ti dà forza?
Che più mi triema il cor qualora io penso
di lei in parte ov’altri li occhi induca,
per tema non traluca
30 lo mio penser di fuor sì che si scopra,
ch’io non fo de la morte, che ogni senso
co li denti d’Amor già mi manduca:
ciò è che ’l pensier bruca
la lor vertù sì che n’allenta l’opra.
35 E’ m’ha percosso in terra, e stammi sopra
con quella spada ond’elli ancise Dido,
Amore, a cui io grido
merzé chiamando, e umilmente il priego:
ed el d’ogni merzé par messo al niego.
40 Egli alza ad ora ad or la mano, e sfida
la debole mia vita, esto ▶ perverso,
che disteso a riverso
mi tiene in terra d’ogni guizzo stanco:
allor mi surgon ne la mente strida;
45 e ’l sangue, ch’è per le vene disperso,
fuggendo corre verso
lo cor, che ’l chiama; ond’io rimango bianco.
Elli mi fiede sotto il braccio manco
sì forte che ’l dolor nel cor rimbalza:
50 allor dico: «S’elli alza
un’altra volta, Morte m’avrà chiuso
prima che ’l colpo sia disceso giuso».
Così vedess’io lui fender per mezzo
lo core a la crudele che ’l mio squatra;
55 poi non mi sarebb’atra
la morte, ov’io per sua bellezza corro:
ché tanto dà nel sol quanto nel rezzo
questa scherana micidiale e latra.
Omè, perché non latra
60 per me, com’io per lei, nel caldo borro?
ché tosto griderei: «Io vi soccorro»;
e fare’l volentier, sì come quelli
che nei biondi capelli
ch’Amor per consumarmi increspa e dora
65 metterei mano, e piacere’le allora.
S’io avessi le belle trecce prese,
che fatte son per me scudiscio e ferza,
pigliandole anzi terza,
con esse passerei vespero e squille:
70 e non sarei pietoso né cortese,
anzi farei com’orso quando scherza;
e se Amor me ne sferza,
io mi vendicherei di più di mille.
Ancor ne li occhi, ond’escon le faville
75 che m’infiammano il cor, ch’io porto anciso,
guarderei presso e fiso,
per vendicar lo fuggir che mi face;
e poi le renderei con amor pace.
Canzon, vattene dritto a quella donna
80 che m’ha ferito il core e che m’invola
quello ond’io ho più gola,
e dàlle per lo cor d’una saetta,
ché bell’onor s’acquista in far vendetta.
DENTRO IL TESTO
I contenuti tematici
Sin dalla prima strofa, la canzone mette in scena un vero e proprio conflitto: la donna è spietata e insensibile nei confronti dell’uomo, incapace di sfuggire alle sue frecce amorose. Mentre lei è invulnerabile perché protetta da uno scudo durissimo, lui è privo di difese, soggetto a una forza devastante che gli rode e consuma l’anima. Anche il rapporto con Amore, sviluppato nella terza e quarta strofa, è segnato dalla sofferenza: la divinità si accanisce sull’io lirico inerme, lo tiene a terra, lo ferisce a morte, colpendolo con la stessa spada con la quale si uccise Didone, la regina cartaginese sedotta e abbandonata da Enea (v. 36).
Le scelte stilistiche
In effetti, questa canzone, al pari delle altre rime “petrose”, costituisce «un passaggio cruciale nella costruzione del repertorio pluristilistico di Dante» (Ledda). Il registro stilistico, del tutto opposto a quello sperimentato nella Vita nuova, è manifestato esplicitamente sin dall’incipit, dove viene richiamato il parallelismo tra contenuto della rappresentazione e mezzo espressivo. Si tratta di una vera e propria dichiarazione di poetica, alla quale il componimento si attiene fedelmente, a partire dalle scelte foniche, con la forte concentrazione di consonanze dure, spesso doppie o associate tra loro (zz, rr, tr, spr ecc.), e con la frequenza di suoni aspri in rima (come accade, limitandoci alla prima strofa, con aspro-diaspro; petra-impietra; s’arretra-faretra).
VERSO LE COMPETENZE
COMPRENDERE
1 Assegna un titolo a ogni strofa e riassumine il contenuto in 3 righe.
2 L’inizio del componimento presenta due dichiarazioni di poetica: quali?
ANALIZZARE
3 Al v. 19 il vocabolo legno è usato come figura retorica. Quale?
4 Individua le espressioni che si riferiscono alla guerra, alla caccia e alla tortura presenti nel componimento.
5 Nel testo compaiono alcune rime ricche. Individuale.
interpretare
6 Perché la donna viene definita scherana micidiale e latra (v. 58)?
7 Nel componimento è presente molto odio, ma anche amore: in quali versi si coglie il riaffiorare del sentimento?
8 Quali aspetti della poetica di Cavalcanti è possibile rintracciare in questo componimento?
scrivere per...
ARGOMENTARE
9 L’asprezza del dettato è condannata da Dante nel De vulgari eloquentia (II, 13) tra le forme espressive da non usare nella poesia alta. Spiega questa apparente contraddizione in un testo argomentativo di circa 20 righe.
Il magnifico viaggio - volume 1
Dalle origini al Trecento