T3 HARUKI MURAKAMI, In gara con se stessi (da L’arte di

Haruki Murakami nasce a Kyoto, in Giappone, nel 1949. Figlio di un monaco buddista insegnante di letteratura, dopo essersi laureato con una tesi sul cinema statunitense, esordisce come narratore nel 1979 con Ascolta la canzone del vento, ma si afferma soprattutto con il romanzo Norvegian Wood (1987), storia d amore e d amicizia tra studenti universitari ambientata alla fine degli anni Sessanta. Altri celebri titoli sono L uccello che girava le viti del mondo (1994), tra misteriose sparizioni e fantastici mondi paralleli, e la trilogia 1Q84 (2009), incentrata sul rapporto fra un assassina e uno sconosciuto scrittore. Murakami è anche saggista e docente, appassionato di jazz e di sport, in particolare di podismo. HARUKI MURAKAMI T3 In gara con se stessi TRATTO DA L arte di correre, 2007 (1ª ed. originale) LINGUA ORIGINALE giapponese saggio autobiografico Audio LETTURA All inizio degli anni Ottanta Murakami si dedica interamente alla scrittura e, per compensare la sedentarietà di tale lavoro, intraprende l attività sportiva, cominciando a correre regolarmente. Scoprirà, praticandola per anni, che la corsa non è solo un salutare esercizio fisico ma anche un valido allenamento dello spirito. 5 10 15 20 Sono quasi ventitré anni, da quando ho iniziato nell autunno del 1982, che mi alleno con regolarità. Faccio jogging quasi ogni giorno, ogni anno partecipo almeno una volta a una maratona completa (finora ne ho contate ventitré) e a un gran numero di gare più brevi in ogni parte del mondo. Coprire a passo di corsa lunghe distanze è semplicemente consono al mio carattere, mi fa sentire felice. Fra tutte le forme di esercizio fisico cui mi sono dedicato, correre è probabilmente la più piacevole, quella più ricca di significato per me. E tenermi in allenamento per più di vent anni, senza mai smettere, penso che abbia contribuito a formare e irrobustire sia il mio corpo che il mio spirito. Non sono una persona portata per le attività di gruppo. Sono fatto così, che sia un bene o un male. Ogni volta che ho partecipato a una partita di calcio o di baseball (quasi mai, se non durante la mia infanzia), mi sono sempre sentito fuori posto. Può anche darsi che dipenda dal fatto di non avere fratelli, ma non riesco ad appassionarmi ai giochi collettivi. Anche negli sport come il tennis, in cui due avversari si fronteggiano, non si può dire che io mi distingua. Giocare a squash mi piace, ma appena si decide di fare partita, qualunque sia il punteggio che sto ottenendo, stranamente comincio a sentirmi a disagio. Quanto alle varie forme di lotta, le detesto tutte. ovvio che in alcune cose anch io non sopporto la sconfitta, ma di perdere contro un rivale non mi è mai importato molto, fin da quando ero bambino. 545

Specchi incantati - volume A
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Narrativa