Specchi incantati - volume A

I generi UNIT 8 La narrativa di viaggio 15 rr. 15-22 La narratrice recupera alla memoria ambienti visitati molto tempo prima, che però descrive in modo dettagliato. es. 2 20 25 30 rr. 33-38 Lo spazio è rappresentato con vivacità anche grazie alla descrizione degli abitanti e delle loro occupazioni. 35 es. 3 40 45 50 Insieme affittammo una casa molto semplice, molto spartana e rustica, come era nei gusti di mio padre. Era una casupola sgangherata e spoglia, in cui si dormiva su delle brandine addossate ai muri e la cucina era fornita di un solo fornello che andava a carbone, il bagno si trovava in un casotto nel giardino, con un buco per terra e un lavandino minuscolo dal cui rubinetto usciva acqua solo fredda. In compenso l alloggio era dotato di una terrazza coperta che dava sui banani e sui limoni, di un giardino di grande bellezza. In realtà su quella terrazza ci si mangiava, ci si riposava, di giorno e di sera. Dal ballatoio, tra le frange dei banani si poteva scorgere in ogni momento la cima del vulcano, inquietante bocca di terra che si diceva spento ma, come tutti i vulcani, teneva in serbo per chissà quale futuro un ventre di lava bollente. Nell isola circolavano racconti terrificanti di corpi inghiottiti da quella bocca muta, di animali spariti, di serpenti di fuoco che di notte scivolavano a valle a distruggere le viti. Che fosse ancora vivo il vulcano lo capivamo quando facevamo il bagno in una certa ansa pietrosa dove correnti di liquido caldo salivano dalle sabbie grigie, mescolandosi piacevolmente con l acqua salata. Era come immergersi in un lago tiepido che emanava un forte odore di zolfo. I villeggianti allora si potevano contare sul palmo di una mano. L isola era abitata soprattutto dai vulcanesi, pastori e pescatori dalle facce severe, bruciate dal sole, i vestiti rattoppati, sempre intenti a qualche lavoro: il rammendo delle reti, la tintura delle barche, o la cura delle poche viti che attecchivano in quelle arsure, o la preparazione delle agavi4 da cui ricavare la corda per impagliare le sedie. La spesa si faceva nell unica piccola bottega in cui si vendeva il sapone, il vino, lo zucchero, i fagioli, le scarpe e gli ami per la pesca. La pasta la facevano le donne con la farina e la stendevano in fogli su dei legni come tovaglie, prima di tagliarla in sottili fettucce. Il pane pure veniva lavorato dalle madri di casa e messo a cuocere nel forno comune. Era un pane profumato e robusto che doveva durare una intera settimana. La nostra padrona di casa si chiamava Filomena e ci portava il latte fresco della sua vaccarella5 che qualche volta veniva a pascolare nel nostro giardino. Ma era discreta e gentile, non si mangiava né l alloro né il basilico con cui condivamo i pomodori appena colti nell orto. A volte, come fosse un cane, veniva a curiosare in cucina e se uno allungava una mano, tirava fuori una lunga lingua rasposa e la leccava. Filomena ci raccontava le storie più macabre dell isola: com era morto quel tale buttandosi nella bocca del vulcano, come era stato fatto a pezzi un bambino dai denti di un pescecane, come aveva perso le mani quella donna che 4. la preparazione delle agavi: l agave è un tipo di pianta grassa, di dimensioni variabili, con foglie carnose e disposte a roset- 496 ta, lunghe e appuntite, spesso con aculei. Fiorisce una sola volta nella vita, prima di morire. Da essa si ricavano resistenti fibre tessili, particolarmente adatte per intrecciare corde. 5. vaccarella: piccola vacca.

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Narrativa