Specchi incantati - volume A

L incanto della narrativa 30 35 prestato più attenzione e tenerezza che alle persone della vita reale, qualche volta non osando neanche confessare no a che punto li amavamo, o anche chiudendo il libro con indifferenza affettata6 o noia simulata quando i genitori ci trovavano a leggere e sorridevano della nostra emozione; i personaggi per i quali avevamo sospirato e singhiozzato non li avremmo visti mai più, non avremmo saputo più niente di loro. [...] Avremmo tanto voluto che il libro continuasse e, se possibile, avere altre notizie di tutti quei personaggi, venire a sapere qualcosa della loro vita di ora. Marcel Proust, Del piacere di leggere, traduzione di Maria Cristina Marinelli, Passigli, Firenze 1998 6. affettata: ostentata. SPECCHI di CARTA Capita, leggendo, di perdere la nozione del tempo. Incantati, si palpita insieme ai personaggi, si cavalca con loro in un bosco, ci si imbarca per l Australia, o si compone dopo infinite esitazioni quel numero di telefono... Non ci importa più nulla delle solite occupazioni quotidiane. I compiti, la cena, gli amici, tutto finisce in una parentesi sino a quando chiudiamo il libro. Ma poi quei personaggi continuano a seguirci, ci tornano in mente nei momenti più imprevisti, vorremmo rivederli: anzi abbiamo l impressione a volte di intravederli, nei gesti e nelle parole delle persone che frequentiamo. La lettura, se coinvolge, diventa vita. E tuttavia, quando a distanza di tempo ci ritorna per le mani il libro che ci ha rapito, prima della storia ricordiamo i luoghi in cui l abbiamo letto, e il nostro stato d animo di allora. Come mai? Perché, ci spiega Proust, «Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di riconoscere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso . Uno specchio di carta. Mille specchi di carta. 25

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Narrativa